E’ un’attrice tra le più sensibili e complete della scena italiana, dalla forte personalità in un panorama sempre più omologante. Federica Fracassi, incorniciata dai suoi bellissimi capelli rossi, ha già ottenuto i più prestigiosi premi teatrali: dal Premio Ristori, Premio Olimpici del Teatro al Premio della Critica, dal Menzione d’onore, Premio Eleonora Duse al Premio Ubu. Nata a Cornaredo in provincia di Milano, in una famiglia che non frequentava abitualmente il teatro, ha fatto della sua passione la sua vita e l’ha fatto in maniera magistrale. Ne abbiamo parlato con lei.
Il 22 ottobre sarai in concorso ad “Alice nella città” – sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma – con “ Mi chiedo quando ti mancherò”. Ci racconti per quali motivi hai detto di sì a questo progetto?
“In primis per Francesco Fei, regista che stimo molto e che mi segue da diverso tempo in teatro. Mi aveva già in mente per questo piccolo ruolo e quando me l’ha chiesto ufficialmente ne ero felicissima”.
Ci spieghi il titolo?
“Il film è tratto dal romanzo di Amanda Davis. Secondo me, il significato sta nel cercare di attirare attenzione per trovare il proprio posto nel mondo”.
Ci racconti un po’ del tuo personaggio?
“Sono una madre. Il mio personaggio è stato tratteggiato da me e dal regista piano piano. E’ amorevole, apprensiva, cerca sempre di fare del suo meglio ma non sempre ci riesce. E’ molto umana”.
Tu e la recitazione, com’è nato quest’amore?
“Inizialmente non sapevo nulla di teatro e non provengo da una famiglia che fa parte di questo ambiente. Per molti anni ho fatto danza classica; mi piaceva molto leggere e salire sul palco per il saggio finale. Ecco che poi ho pensato che il teatro potesse racchiudere molti mondi in sé. Mi sono diplomata al teatro Paolo Grassi e da lì ho cominciato, facendo laboratori, lavorando in compagnie teatrali e lavorando con Renzo Martinelli – insieme abbiamo fondato il Teatro I”.
Quale ritieni sia il compito dell’attore nei confronti dello spettatore?
“Sicuramente suscitare domande, coltivando più punti di vista e fare da ponte emotivo con il pubblico, facendo in modo che quest’ultimo possa identificarsi nei personaggi”.
Tu lavori moltissimo in teatro ma il palcoscenico per te cosa rappresenta?
“Non mi sento una persona che porta con sé sempre il teatro, ma sul palco porto molta vita. Il teatro è parte del mio modo di vivere, è parte della mia essenza”.
Sei stata in scena dal 22 al 27 ottobre con “Eva (1912-1945)” di Massimo Sgorbani regia di Renzo Martinelli nella stagione di MTM presso Cavallerizza del Teatro Litta, Milano. Come ritroviamo Eva Braun?
“E’ la seconda parte della trilogia “Innamorate dello spavento”. E’ descritta come una donna innamorata verso un certo tipo di uomo, un certo tipo di potere e del male. Eva sa quello che sta accadendo ma gioca a fare la moglie di Hitler, fa finta di essere felice. Si crede Rossella Hoara. E’ ipnotizzata dal suo uomo ma a tratti ha squarci di consapevolezza”.
Come ti sei preparata?
“Dalle foto che sono riuscita a vedere, ho cercato di riproporre quelle posture e quegli sguardi che aveva. Ho cercato di fare un’analisi sulla fascinazione del mare e del potere perché di fatto moltissime donne e subiscono il fascino dell’uomo sbagliato”.
Dal 30 ottobre al 11 novembre sarai in scena con “Blondi” di Massimo Sgorbani regia di Renzo Martinelli. Questo è lo spettacolo sulla cagna di Hitler che morì avvelenata dal cianuro nel bunker. Cosa ti auguri arrivi al grande pubblico?
““Blondi” è la prima parte della trilogia. E’ il cane di Hitler che lo ama di amore puro, incondizionato, puro e inconsapevole. E’ stata la prima ad essere sacrificata nel bunker. Spero di far meditare sui meccanismi del potere e sulla fascinazione che il male ha sulle persone”.
I tuoi prossimi progetti?
“Riprenderò in teatro “La monaca di Monza” e tra gennaio e febbraio andrà in onda su Netflix “Luna Nera” in cui interpreto Janara, una strega del 1600”.