Carlo, un ragazzo viziato e sregolato, una notte provoca da ubriaco un grave incidente d’auto per il quale viene condannato a scontare un anno di lavori socialmente utili in una casa di riposo. Insieme a lui a Villa Bianca arriva anche Manuel, un giovane spacciatore colto in flagrante.

Luisa, infermiera che lavora da anni nella struttura, guiderà i due ragazzi in un mondo senza età dove condivisione, conforto e accoglienza cambieranno per sempre il loro sguardo sul mondo e sulla vita. Questo e molto altro è “Il punto di rugiada“, il nuovo film di Marco Risi in concorso al Torino Film Festival.

Nel ruolo di Luisa, troviamo Lucia Rossi che vestirà i panni di un personaggio importantissimo che cambierà per sempre lo sguardo sul mondo di Carlo e Manuel, due ragazzi che da un errore potranno risollevarsi anche grazie a lei.

Dopo i successi televisivi, l’attrice ha saputo aspettare un’occasione di cinema come questo film di Risi che ha sempre creduto in lei.

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Lucia, innanzitutto perché dire sì a “Il punto di rugiada”?

Per il regista che è colui che riesce ad afferrare infinite sfumature, oltre che un lavoro attento e puntuale con gli attori che riesce a trasformare nei personaggi che desidera.

E’ eclettico e camaleontico e riesce a trasportare ogni interprete nelle sue idee. Il mio ruolo era pazzesco. Stare su quel set sarebbe stato un sogno a livello umano. C’è tanta qualità.

Ci spieghi il titolo?

In un ristorante, Risi ha incontrato un uomo appassionato di tempo che gli ha detto che quel giorno alla 14,02 avrebbero toccato il punto di rugiada.

Inizialmente è stato complesso capire ma poi si è compreso che in quel preciso momento ci sarebbe stato l’incontro di due temperature, tra il freddo e il caldo, metafora dell’incontro anche tra due generazioni.

Tu sei Luisa, come la descriveresti?

E’ una donna piena di sfaccettature. Inizialmente fredda e distaccata. Protegge gli anziani e ama il suo lavoro. Non crede molto nelle seconde possibilità.

E’ un’infermiera, per lei cosa significa avere il camice bianco?

Prendersi cura di una struttura perché gestisce tutto il reparto. Ha un potere ma non utilizza la sua autorità, è solo una maschera.

E Carlo e Manuel in che modo entrano nel suo mondo?

Con grande difficoltà perché preferisce proteggersi perché di fatto la sua vita extra lavorativa è un disastro totale. Li guiderà in un mondo sconosciuto e, chissà, magari cambieranno ai suoi occhi.

Cosa significa essere diretta da Marco Risi?

Una grandissima soddisfazione. E’ sicuramente una crescita professionale perché lui viene dal vero cinema. Cura molto ogni attore sul set.

Cosa ti auguri arrivi al pubblico di questo film?

E’ importante capire quanto due generazioni diverse siano essenziali l’uno per l’altra. Spero che questo film apra la mente e che arrivi una ventata di cinema sociale.

Nuovi progetti?

Sarò a teatro con un progetto su Silvana Mangano e Alberto Sordi.

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