
Un vero e proprio talento e una profondità interpretativa come pochi, nonostante la giovane età: si tratta di Nicolas Maupas, l’attore italo – francese che stiamo vedendo in queste settimane protagonista indiscusso di “Un professore” di Alessandro D’Alatri su Rai1 ogni giovedì sera e di “Mare fuori 2” di Milena Cocozza e Ivan Silvestrini ogni mercoledì in prima serata.
Nel primo caso interpreta Simone Balestra, il figlio del protagonista Dante (Alessandro Gassmann), innamorato di Manuel, suo compagno di classe; nel secondo caso veste i panni di Filippo Ferrari, amico di Carmine – e Pino – e innamorato di Naditza.
Nonostante la giovanissima età, non è nuovo al piccolo schermo: ha iniziato nel 2019, quando ha recitato nella prima stagione di “Mare fuori”; è stata poi la volta di Nudes, una produzione sempre targata Rai in cui veste i panni di Vittorio e affronta il delicato tema del revenge porn.
Noi di Showinair ne abbiamo parlato con lui del suo percorso, dei suoi inizi e dei suoi personaggi.
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Nicolas, sei protagonista di “Mare fuori 2” e di “Un professore”, come ti senti?
Ho avuto una grande fortuna, ma altrettanta responsabilità nel rispettare i personaggi e il lavoro di ciascuno.
Posso dirti che queste sono fiction corali con validissimi colleghi con i quali si è anche instaurata una sana amicizia.
Ho la testa sulle spalle, motivo per cui sono ben consapevole che queste due serie tv mi permetteranno, spero, di continuare a svolgere questo mestiere.
Partiamo da “Un professore”, cos’ha significato essere diretti da Alessandro D’Alatri?
E’ un vero maestro, è stato il nostro Dante. Ci ha donato la sua visione di cinema, rendendoci sempre partecipi.
Ci ha portato la sua verità e i suoi valori professionali ma anche umani. Abbiamo tutti trascorso con lui momenti indimenticabili.
Nella fiction sei Simone Balestra, come lo descriveresti?
E’ molto giovane e ha tanto da imparare, ogni volta che viene stuzzicato reagisce immediatamente.
E’ dolce, gentile, buono ma anche molto fragile e instabile; cerca cioè il suo equilibrio interiore, vista anche la nuova presenza del padre.
E’ oramai un mio grande amico, ho sempre cercato di non ferire i suoi sentimenti.
Quale è stata per te la sfida più difficile nell’approcciarti a questo ruolo?
Ha un gomitolo nero nello stomaco che procura tanta rabbia, una rabbia radicata per aspetti della sua vita che non conosceva e che non gli aggradano.
Sta imparando a crescere.
La fragilità, per te, è un valore oppure ai giorni nostri risulta essere un fardello difficile da sopportare?
Entrambe le cose. La società di oggi ci insegna ad essere forti, a non piangere mai e a riuscire a convivere in un mondo dove la cattiveria il più delle volte regna sovrana attraverso la corazza della serietà e della gentilezza.
Oggi si giudica troppo e si punta il dito troppo velocemente senza conoscere attaccando l’altro nelle sue debolezze.
Qual è secondo te la forza di questa fiction?
Riesce a raggiungere un raggio vastissimo di persone, dai più grandi ai più piccini.
Le storie che vengono raccontate sono quelle di tutti; questo crea un magnetismo di fondo che porta a stare incollati al piccolo schermo fino alla fine.
Parliamo di sentimenti e sono quelli che ci tengono in vita.
Ogni mercoledì ti vediamo anche nella seconda stagione di “Mare fuori”, per quali motivi hai deciso di continuare quest’avventura?
Devo molto a questa serie tv, al regista della prima stagione Carmine Elia perché mi ha aperto per la prima volta le porte di un set di un mondo magico.
Il gruppo lavorativo è ottimo e ormai siamo una grande famiglia. Non ero pronto a lasciare Filippo e ancora tanto aveva da raccontare.
Filippo Ferrari, il tuo personaggio, come lo ritroviamo in questa seconda stagione?
Molto adulto, è stato troppo spesso picchiato dalla vita e ora è cresciuto. Ha capito qual è la gerarchia nel carcere e sa come muoverne i fili.
E’ un ragazzo completamente cambiato rispetto alla prima stagione, ha un cuore.
Per lui, amore e amicizia quale valore hanno e cosa rappresentano?
Indici di libertà. Possono dare tanto perché permettono di fare scelte non di poco conto.
Ed il senso di colpa?
Lo mette alla prova e in confronto con la realtà. E’ il giudice di quello che farà.
Quale può essere la salvezza di questi giovani rinchiusi in carcere?
Il carcere non è solo sinonimo di detenzione ma anche di riabilitazione alla vita, una rinascita da un passato non così facile.
Il riscatto può esserci anche con la bellezza e l’arte.
Tu e la recitazione: com’è nato questo legame?
Sono sempre stato attratto dal cinema, i miei venerdì erano sempre lì. I miei genitori mi hanno sempre fatto guardare molti film.
E’ sempre stato un amore platonico che ho compreso sarebbe dovuto crescere ulteriormente. Sentivo il bisogno di esternare la mia passione.
Cosa significa essere attore?
La responsabilità di portare avanti un mestiere, di rispettare la vita dei personaggi che si vanno ad interpretare ed emozionare e lasciarsi emozionare; non dobbiamo infatti di dimenticare che siamo esseri umani.
I tuoi prossimi progetti?
In pentola bollono due progetti per le piattaforme digitali e uno per il cinema.