“Nel cuore dell’Italia, una città ridotta in macerie: è l’Aquila dopo il terremoto che l’ha colpita nel 2009. Un anno più tardi i suoi abitanti provano a riprendere in mano i fili delle loro vite spezzate, ognuno a modo suo…”.

L’Aquila viene sconvolta da quella scossa terribile che azzera un’intera città, sconquassa tantissime vite in una notte. Passa un anno e mezzo e le vite lentamente ricominciano a battere forte. “L’Aquila – Grandi Speranze”, co-prodotta da Rai Fiction e IdeaCinema, è una fiction che racconta la ricostruzione della città abruzzese in seguito al terribile terremoto avvenuto il 6 aprile 2009, quel tragico evento che 10 anni fa ha sconvolto non solo l’Abruzzo ma l’Italia intera. Diretta da Marco Risi e creata da Stefano Grasso, la serie tv racconta di adulti che vivono ricordando e di ragazzi che vogliono vivere il presente e ricominciare. Tra i protagonisti di questo racconto televisivo troviamo Carlotta Natoli, volto noto del piccolo e del grande schermo, amatissima per la forte carica emotiva che mette nel suo mestiere.

Questa sera ti vedremo ne  “L’Aquila – Grandi speranze”. Perché hai detto sì a questo progetto?
“Avevo il desiderio di lavorare con Marco Risi da diverso tempo e per me lui rappresenta la generazione legata a mio padre con il quale tra l’altro aveva anche lavorato. Avevo il bisogno di risentire quella sensazione di cinema di vent’anni fa. Ho poi chiesto all’agenzia se c’era modo di entrare a far parte di questo progetto e mi è stata data la possibilità di fare la sorella di Donatella Finocchiaro. Inoltre, questa fiction ha un importante sfondo sociale. Riporta infatti l’attenzione sulla triste vicenda che ha colpito 10 anni fa la terra d’Abruzzo dove le situazioni burocratiche sono rimaste bloccate, esattamente come i fondi, per non parlare della situazione politica che sembra voltarsi dall’altra parte”.

In questa fiction cosa viene rappresentato?
Partiamo un anno dopo i terremoto, affrontando il tema del “dopo”, ovvero il momento in cui si elabora il trauma. I personaggi stanno tentando di ricostruire la propria identità. Vengono mostrati due aspetti: quello dei bambini, che leggono la tragedia che li ha colpiti con la propria visione, ovvero quella di riuscire a sviluppare le proprie relazioni e di avere energie propositive. E quello degli adulti, che invece rimangono impigliati nel dolore di quanto accaduto”.

Di quel 6 aprile, tu cosa ricordi?
“E’ stato un fatto molto drammatico. Dopo qualche mese sono andata nelle tendopoli per dimostrare la mia vicinanza alla popolazione, tentando di portare un aiuto e un po’ di sorrisi. Avevo appena finito con “Tutti pazzi per amore”, motivo per cui le persone si ricordavano di noi per la spensieratezza che avevamo cercato di trasmettere dalla tv”.

A distanza da 10 anni, oggi c’è speranza o c’è ancora molto dolore?
“Il dolore non si può purtroppo cancellare, ma la speranza è l’unica arma che gli aquilani hanno per riuscire ad attraversarlo e continuare a vivere. Mentre giravamo, le persone erano felici e accoglienti con tutti noi perché hanno capito che non sono state dimenticate e abbiamo cercato di ridar loro voce”.

Secondo te, per questa terra è stato fatto tutto il possibile?
“Per quanto io non sia propriamente dentro a quanto stia accadendo nel post terremoto, direi proprio di no. Troppa burocrazia, fondi che di fatto non sono arrivati e una politica che più di tanto non ha fatto il suo dovere. Vorrei ricordare che attualmente anche Amatrice e dintorni si trovano in condizioni davvero disperate. Noi italiani siamo un popolo che facilmente dimentica. Ecco che questa fiction tenta di riaccendere i riflettori”.

Oltre alle macerie materiali e a quelle emotive, cos’è rimasto all’Aquila?
“Tantissimo. Quel poco che si riesce a costruire, viene fatto con grande energia e tanto cuore. Le persone si aggrappano alla speranza e al non arrendersi. Spetta solo allo Stato far sì che il tutto si concretizzi nel migliore dei modi”.

Per un’attrice brava come te, quale significato assume la parola emozione in un progetto televisivo come questo?
“Il mio mestiere consiste nel vibrare insieme all’emozione di qualcun altro. Avere fiducia e combattere: questi sono i sentimenti degli aquilani”.

Cosa speri arrivi al pubblico de “L’Aquila – grandi speranze”?
“Mi auguro che sia seguita dal maggior numero di persone. Mi piacerebbe che questa fiction avesse una risonanza politica forte, per far capire che nel nostro Paese esistono delle priorità. E i territori terremotati sono una di queste. Spero che il nostro lavoro abbia restituito dignità alle storie di coloro che rischiano di essere dimenticati”.