Questa volta Giulia Fiume è Adriana Ferrante, idealista e impetuosa maestra elementare, conosciuta in paese per il suo impegno nel sociale a favore dei migranti; l’abbiamo vista affiancare Daniele Liotti nella quinta stagione di “Un passo dal cielo” con grande intensità e bravura,come ha sempre fatto sempre fatto in ogni ruolo affidatole.
Giulia, ti abbiamo vista su Rai1 in “Un passo dal cielo 5”, cos’ha voluto dire entrare a far parte di una squadra televisiva così collaudata?
‘Ha significato conoscere esseri umani grandiosi, alcuni dei quali sono ormai amici a tutti gli effetti’.
Perché hai detto di sì a questo progetto?
‘Superare i provini per un attore è la sfida di una vita intera. Affrontare un personaggio così complesso mi ha resa ancor più caparbia. L’aver raggiunto il traguardo è stata una grandissima soddisfazione. Dire no sarebbe stato da folli’.
Hai interpretato Adriana Ferrante, ci racconti un po’ di lei?
‘Giovane, madre, ex Deva, si occupa di sociale, nello specifico di integrazione in un contesto in cui la resistenza è fortissima. È affetta da un brutto male e nonostante la concomitanza di tutti questi fattori è una combattente’.
Viene anche affrontato anche con grande delicatezza il dolore; infatti Adriana si ritroverà ad essere malata di cancro. Come ti sei preparata ad affrontare Adriana?
‘Con “distacco”. Il solo pensiero mi faceva tremare. Si può solo osare di immaginare come si viva una condizione del genere. Ho provato e sentito al meglio che ho potuto’.
Come ti sei trovata a San Candido?
‘È un luogo catartico, rigenerante, d’altra parte sono al 90 per cento composta da acqua di mare, terra lavica e vento africano per cui “per brevi periodi”’.
Hai capito qual è la forza di questa fiction?
‘I luoghi, il cast, il racconto, il reparto tecnico: tutti partecipano alla buona riuscita di un prodotto televisivo’.
Tu hai sempre desiderato fare l’attrice?
‘Mi sono sempre detta che se il “raccolto” non mi avesse permesso di dirmi soddisfatta avrei cambiato rotta. Tutte le volte in cui pensavo che mollare sarebbe stata una buona idea, venivo “richiamata all’arte”’.
Cosa significa esserlo nel 2019?
‘È dura. Niente è scritto e rimanere in ascolto è il miglior regalo ci si possa fare perché non si perda tempo. Il periodo storico invita chiunque al tentativo e nonostante la scarsa formazione. Siamo troppi e troppi sono i prodotti che non soddisfano più aspettative all’altezza. Bisognerebbe regolamentare, creare regole che rendano “lavoro” una volta per tutte questo mestiere’.
I tuoi prossimi progetti?
‘Il mio anno prevede una scorpacciata di teatro lunga una stagione intera: ho cominciato al Ciak di Roma dal 3 ottobre con “Romeo l’ultra E Giulietta l’irriducibile” di Gianni clementi; debutterò a seguire con un monologo tratto da “Storia di una capinera” per la regia di Matteo Tarasco al Teatro Basilica (ex Sala Uno) di Roma, ed ancora “Otto donne e un mistero”, ed anche “Love’s kamikaze”, insomma agenda fitta fino a fine marzo’.