“La strada di casa” è tra le fiction che impreziosiranno il palinsesto di Rai1, da poco iniziato. La seconda stagione è stata chiesta a gran voce dai telespettatori che hanno seguito con entusiasmo le vicende interpretate da Alessio Boni e Lucrezia Lante della Rovere. Ora quest’attesa è giusta al termine perché a partire da questa sera staremo con il fiato sospeso per seguire le vicenda della famiglia Morra. A dirigere un cast eccezionale è un regista molto amato dal pubblico, la cui firma televisiva non rimane di certo inosservata. Si stratta di Riccardo Donna, con l’umanità che lo contraddistingue, ha risposto ad alcune nostre domande su “La strada di casa 2” e non solo.
Riccardo, vedremo a partire da questa sera la seconda stagione de “La strada di casa”, perché hai deciso per un continuo?
“Innanzitutto non sono così importante da averlo deciso io. La Rai e la produttrice della serie tv, in accordo con la casa di produzione esecutiva, hanno visto la possibilità di andare avanti, coinvolgendomi; ecco che gli sceneggiatori si sono messi d’impegno per proseguire la storia della famiglia Morra. Sembrava difficile, invece c’erano già i margini per una nuova storia”.
Avevamo lasciato la famiglia Morra tra detti e non detti, nonostante esistesse un profondo legame tra tutti i membri della famiglia, ma per questa famiglia cosa rappresenta la verità?
“Hai centrato esattamente il punto. E’ un qualcosa che aleggia intorno a noi ma non sempre riusciamo a coglierla, non solo in questa famiglia piemontese ma anche in quella di ciascuno di noi. I personaggi della nostra storia a volte sono sinceri e a volte no. La famiglia Morra è lo specchio della nostra quotidianità”.
Come ritroviamo Fausto Morra e la sua famiglia?
“Se nella prima ci siamo soffermati sui sentimenti che legano i vari personaggi, in questa stagione ci siamo focalizzati sul giallo che si scatena. Abbiamo lasciato Fausto ferito e poi in coma, ma nell’ultimo fotogramma della precedente stagione si risveglia. Ripartiamo proprio dal suo risveglio; viene curato e messo in carcere per tre anni”.
Nel ruolo dei protagonisti indiscussi troviamo ancora una volta Alessio Boni e Lucrezia Lante della Rovere. Perché hai scelto proprio loro?
“Posso dirti che la fiction è nata quasi contemporaneamente alla scelta di Alessio, in quanto avevamo bisogno di un protagonista dal forte appeal. Lucrezia è stata scelta in un secondo momento ma è risultata vincente, perché, essendo una donna non convenzionale, allontanava un po’ dalla figura della classica madre a cui siamo abituati nella prima rete; è una donna con il suo personale tocco di spregiudicatezza”.
Qual è la vera strada di casa, secondo te?
“Per me è sicuramente mia moglie e credo che per Fausto sia esattamente la stessa cosa, ovvero la sua metà”.
Cosa ti auguri arrivi al pubblico di Rai1?
“Mi auguro che la gente segua questa storia che andiamo raccontare, diversa dalla precedente, con la speranza che la Rai comprenda che si possono fare prodotti televisivi di qualità, anche se un po’ più spregiudicati”.
Sei un regista che ha diretto alcune delle serie tv più emozionanti, tra queste “Io sono Mia”. Cos’ha significato per te raccontare per la Rai, per il cinema e per il pubblico Mia Martini?
“In realtà non avevo idea della potenza che potesse scatenare un film sulla Martini. La nostra Mimì aveva lasciato un’impronta molto più forte di quanto io mi aspettassi”.
Cosa vuol dire per te raccontare l’animo umano?
“Non saprei a dire il vero. Cerco sempre di portare sul piccolo schermo storie verosimili, non completamente lontane da noi, storie che si calino alla perfezione nel nostro quotidiano”.
Perché hai scelto proprio questo mestiere?
“Ho scoperto che poteva essere il mio mestiere da giovanissimo; facevo l’università e sapevo suonare la chitarra. Ho cercato una tv privata, mi hanno preso e da lì è iniziato tutto. Erano più semplici quegli anni rispetto a quelli attuali. Ho avuto fortuna con una piccola dose di spregiudicatezza”.
E’ difficile essere regista nel 2019?
“Non lo consiglio a nessuno; può andare bene ma anche molto male. Ancor peggio è essere attore, mestiere in cui si può essere giudicati anche per il viso che si ha”.
Il cinema e la fiction come li definiresti?
“Ritengo che l’approccio sia esattamente lo stesso. In Italia molto spesso si usa la parola “fiction” in senso dispregiativo ma non deve essere così. La qualità può esserci per entrambe”.