Modella, attrice e regista: questo e molto altro è Lana Vlady (foto di Alessandro Pensini). Nata a San Pietroburgo e trasferitasi in Italia in tenera età, trascorrere gran parte della sua adolescenza a Pisa. Ben presto inizia la carriera da modella fino alle passerelle di Milano e Parigi. Muove i primi passi nel mondo della recitazione in cortometraggi e videoclip fino ad arrivare nel piccolo schermo con fiction quali “I Bastardi di Pizzofalcone”, “Non uccidere”, “E’ arrivata la felicità”, “Un Passo dal Cielo”, “Il commissario Montalbano” e “1992”. Il grande schermo arriva nel 2015 con il film “Assolo” di Laura Morante per poi continuare. Ha scritto e diretto il cortometraggio “Lepre” che ha anche interpretato insieme a Lidia Carew e Magdalena Grochowska. Distribuito da Premiere film il cortometraggio sta partecipando a molti festival cinematografici. Il corto racconta di Aisha e Maria: due atlete e amiche. Ne abbiamo parlato proprio con lei.
Chi è Lana Vlady?
“Uno, nessuno, centomila”.
Sei cresciuta a Pisa, ma nel tuo sangue scorre la Russia. Cosa rappresenta per te San Pietroburgo?
“Ad un livello semplice è la città dove sono nata, dove vive ancora parte della mia famiglia e dei miei amici ed è ovviamente lì che nascono le mie radici. Allo stesso tempo è la città dei romanzi, dei grandi personaggi storici: San Pietroburgo per me è la luce dorata che avvolge la città durante le notti bianche, l’aria che mi fa sentire a casa, sono i racconti dei miei genitori durante il periodo dell’URSS, i romanzi di Dostojevskij e le poesie di Pushkin. È sogno, mistero e semplice eleganza”.
E Pisa?
“L’adolescenza e i tempi del liceo, con tutto quello che vi si associa. È il posto che mi ha accolto in Italia e che l’ha fatta diventare veramente ‘casa’. La Toscana in generale è la regione a cui sento di appartenere e che mi accoglie sempre a braccia aperte”.
Hai iniziato da giovanissima a fare sfilate ma cos’è per te la moda?
“La moda in senso ampio è il desiderio di auto espressione, è un modo per differenziarsi ed enfatizzare degli aspetti di se stessi. È così che nasce e, anche se troppo spesso diventa un’omologazione che porta al risultato opposto, rimane comunque una chiara descrizione della società in cui prende vita. Studiando qualsiasi periodo storico attraverso la moda se ne comprendono le particolarità”.
Ben presto inizi anche a muovere i primi passi da attrice. Com’è nata questa passione?
“Dalla curiosità, dal desiderio di arrivare alla verità che si cela dentro ogni persona. È un modo per poter esprimere quello che il quotidiano spesso non permette. È la strada che ho trovato per esplorare quell’infinito universo che tutti ci portiamo dentro nella maniera più onesta possibile. È il coraggio di celebrare la “vita” in ogni sua forma”.
Cosa significa essere attrice nel 2018?
“Essenzialmente non credo che sia molto diverso da quello che significava essere un’attrice prima. Le circostanze del mondo in cui ci troviamo a lavorare sono cambiate. Le regole del gioco, le possibilità e le battaglie da combattere sono diverse. Forse, rispetto a prima, la collaborazione artistica tra attori è sempre più rara, e questo crea un senso di solitudine. Bisogna ritrovare la condivisione dell’arte. Ogni qualvolta ci si riesce nascono cose bellissime”.
Stai entrando anche nel mondo del cinema. Quale definizione gli daresti?
“Una lente di ingrandimento sulla vita, con tutti i momenti noiosi tagliati fuori”.
Il tuo primo ruolo è stato per “Assolo” di Laura Morante. Ci racconti che tipo di esperienza è stata?
“Veder lavorare Laura Morante è stata una grande fonte di ispirazione. La sua precisione nel seguire entrambi i ruoli (era sia regista che attrice protagonista), la dolcezza, accompagnata allo stesso tempo dalla fermezza con cui gestiva il set, mi hanno colpito molto. Continuavo ad osservarla cercando di assorbire il più possibile”.
Hai scritto e diretto il cortometraggio “Lepre”. Com’è nata l’idea di questo progetto?
“Prende spunto dalla mia esperienza personale, quella di crescere in un Paese avendo le radici in un altro. Capita spesso di trovarsi divisi tra due poli o di voler rinnegare quello che è distante dal mondo che ti circonda, dimenticandosi del fatto che fa parte di te. Allo stesso tempo non si può neanche vivere nel passato”.
Di cosa narra?
“La giovane velocista Maria arriva sempre seconda nelle gare di atletica, per il grande disappunto di sua madre, estremamente esigente quando si tratta dei risultati della figlia. Rinnegando le proprie origini russe, ma non trovando comunque il suo posto nel mondo, l’unica persona con cui si sente serena è la sua amica e campionessa di atletica dalle origini nigeriane – Aisha. Ma Aisha deve scontrarsi con un’altra corsa, quella burocratica, per la possibilità di restare qui e, quando la ragazza sparisce, Maria si ritrova da sola a dover affrontare tutte le proprie debolezze per trovare la propria identità”.
Perché proprio questo titolo?
“‘La Lepre’ è un termine tecnico usato in atletica leggera nel mezzofondo per definire quell’atleta che corre davanti agli altri, al massimo delle sue forze, per far performare al meglio gli altri corridori. Molto spesso si usa per stabilire nuovi record e abbattere i limiti psicologici che si auto impongono gli atleti. In questo senso Aisha diventa involontariamente una sorta di “lepre”, portando Maria e sua madre ad abbattere i limiti che le due si sono imposte.
Tu hai ancora sogni nel cassetto?
“Ma certo! Quel cassetto non ha fondo, e spero non ne abbia mai, perché sono i sogni che abbiamo a spingerci a dare il meglio di noi”.