Da alcuni dei più importanti palcoscenici musicali italiani, il gruppo Lo Stato Sociale arriva nelle migliori librerie in un’insolita veste, quella letteraria. Lodo Guenzi e compagni presenteranno infatti il libro “Sesso, droga e lavorare”, uscito nel settembre 2019 ed edito da Il Saggiatore. Quella che verrà raccontata è l’autobiografia del nostro tempo, un romanzo di formazione scritto dal gruppo che più ha saputo dare voce alle speranze e alle delusioni di un’intera generazione. Si tratta di un libro che racconta chi siamo stati, chi siamo e chi, forse, saremo e in cui i protagonisti, alla fine, siamo proprio noi. Ne abbiamo parlato con Alberto Cazzola, una delle menti dietro alle canzoni.
Cazzola, com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
“C’era l’idea di raccontare la storia di un personaggio inventato che però rappresentasse un insieme delle nostre esperienze, di un giovane che affronta il mondo del lavoro di oggi attraverso una serie di colloqui. Di fatto poi i colloqui sono stati cinquanta e non si trattava solo di lavoro, ma anche di affetti e di persone che si incontrano durante la vita”.
“Sesso, droga e lavorare”, perché nel titolo queste tre parole?
“Un giovane uomo che vuole navigare nella propria esistenza affronta sicuramente questi tre temi. Il sesso parla di affetti e di come questi si manifestino nella vita di ognuno; la droga rappresenta la sperimentazione, attraverso l’alterazione del sé e il lavorare rappresenta il dilemma di trovare il proprio posto nel mondo”.
Quella che raccontate è una sorta di biografia degli anni in cui viviamo, ma come sono questi anni?
“E’ un periodo in cui è necessario acquistare la consapevolezza di affrontare e inventarsi un futuro senza le basi solide che aveva per esempio la generazione precedente. Sono anni piuttosto sinusoidali dal punto di vista di esperienze e di aspettative. Il grande problema è quello della mancanza di capacità di immaginare quello che sarà”.
Quali sono le speranze che continuano a mantenere accesi i nostri animi e quali sono le delusioni invece che fatichiamo ad accettare?
“Le speranze derivano dalle delusioni; emerge la grande delusione del sistema che abbiamo costruito e che abitiamo e che sta portando alla distruzione di esso perché stiamo sfruttando troppo le risorse ambientali, oltre che quelle umane. Ci siamo resi così conto che la direzione intrapresa è pressoché sbagliata per il nostro domani. E’ proprio da qui che nascono le speranze di un futuro sostenibile, anche per una maggiore acquisizione di alcuni diritti dell’uomo”.
Cercate di narrarci il nostro passato e il nostro presente, ma come definirebbe entrambi? E invece il nostro futuro come andrebbe scritto?
“Dal passato dobbiamo prendere la conoscenza, avendo consapevolezza di ciò che è successo, e dal futuro dobbiamo prendere l’immaginazione e il lancio verso qualcosa di migliore. La congiunzione di questi due aspetti dovrebbe permetterci di vivere il presente in modo migliore”.
Com’è nato Lo Stato Sociale? Per quali motivi chiamarci proprio così?
“E’ nato un po’ per combattere la noia per trovare un metodo espressivo che ci permettesse di raccontare quello di cui di fatto ci raccontavamo al bar. Il nome è nato allo stesso modo, in quanto ci trovavamo nello stesso posto sfogliando il giornale parlando di stato sociale e della mancanza di questo”.
Nel 2018 avete partecipato al Festival di Sanremo classificandosi al secondo posto con la canzone “Una vita in vacanza”, qual è la forza di questo pezzo?
“E’ un pezzo che è stato in grado di intercettare vari sentimenti, agendo in maniera trasversale in tante età diverse con una chiave di lettura molto semplice, capace di arrivare a tutti”.
Vi immaginavate tutto questo successo?
“Assolutamente no. E’ stato tutto dettato in parte in maniera casuale e in parte dall’esigenza comunicativa di riempire un vuoto. Stiamo imparando a conoscere il successo e a gestirlo”.