In queste settimane stiamo vedendo su Rai1 una crime story che abbraccia anche il racconto generazionale, il dramma sociale e il giallo. In “Pezzi unici” l’accumulo e l’incastro dei flashback puntata dopo puntata porteranno Vanni – interpretato da un magistrale Sergio Castellitto – , il padre del ragazzo morto, a scoprire il mistero che si cela dietro quell’omicidio. Alla sua bottega andranno cinque ragazzi problematici – in bilico fra speranza e dannazione – , ciascuno ha alle spalle un dramma personale (chi ha commesso un reato, chi è tossico, chi non ha una famiglia) e ciascuno ha un sogno: sono Pezzi Unici. Dietro alla macchina da presa troviamo ancora una volta Cinzia TH Torrini – che gentilmente ha risposto ad alcune nostre domande – , una firma bene nota al grande pubblico, capace di raccontare le sfumature delle emozioni che ognuno di noi, chi più chi meno, attraversa.
Cinzia, in queste settimane stiamo vedendo “Pezzi unici”, com’è nata l’idea?
“E’ stata una mia necessità, essendo fiorentina, di accendere i riflettori sugli artigiani nella città del Rinascimento per eccellenza. Quello che compiono è quello di esercitare con le mani e con il cuore il mestiere d’arte nelle loro botteghe ma purtroppo è un mondo che rischia piano piano di scomparire. Sono spesso stata lontana dalla mia Firenze ma ricordo benissimo gli odori che la popolano quando attraversavo il centro cittadino, soffermandomi nei vicoli ad osservare gli artigiani che spesso lavoravano sulla strada. Accadeva molto spesso di passare davanti ad una cantina e dall’alto vedevo un uomo con un grembiule di pelle marrone, capelli e barba lunghi, che intagliava e intrecciava strisce di pelle per cinture e braccialetti. Mi fermavo ad osservarlo e ho iniziato anche a parlarci. Dopo 40 anni casualmente ci siamo rincontrati. In questi anni con i suoi lavori, fatti di cuoio, è riuscito a costruire un impero. Si chiama Wanny di Filippo. Ci tenevo a dar luce a questo mondo che si è tramandato di padre in figlio. Volevo attirare l’attenzione ad una realtà, che è sotto la minaccia di scomparire. Infine, volevo presentare ad un pubblico più giovane che c’è anche un’alternativa, sotto certi aspetti più valida e più soddisfacente di certi lavori frustranti e ripetitivi e soprattutto il lavoro c’è”.
Protagonista indiscusso sarà Vanni, interpretato da Sergio Castelitto, perché hai scelto proprio lui?
“Posso dirti che lui ha mai fatto una serie tv così lunga. E’ un ruolo che gli calza a pennello: è perfetto nel ruolo del burbero, dello scontroso ma dal cuore buono. Sergio aveva anche realizzato “Don Milani”, motivo per cui ci tenevo che il sapore toscano venisse fuori”.
Chi sono, nella fiction, i “Pezzi unici”?
“Sono cinque ragazzi che vivono in una casa – famiglia, ognuno con una storia molto particolare ed intensa. La direttrice decide così, per far sì che ci possa essere la possibilità di un futuro migliore, di far fare loro un corso di artigianato. C’è un mistero che unisce questi giovani, la cui vita va ad intrecciarsi con il personaggio interpretato da Sergio”.
Questa serie tv abbraccia il sogno ma anche la realtà, sei d’accordo?
“Assolutamente sì. Dopo un’intensa giornata di lavoro, penso che uno spettatore abbia voglia di rilassarsi davanti alla tv con una storia di vita, una crime story che possa tenerlo incollato al piccolo schermo”.
Come definiresti il sogno?
“E’ quella parte emozionale dove ci permette di vivere. Cerco di emozionarmi, emozionando con le mie storie; cerco sempre di far emergere la mia passione per quello che vado a raccontare”.
La fiction è ambientata a Firenze, la sua Firenze. Cosa rappresenta per te questa città?
E’ la mia radice più profonda. Sono nata nella bellezza, dove regna l’armonia nelle linee e nei colori. E’ un museo vivente.
Hai sempre voluto stare dietro la macchina da presa?
“Tutto è nato in maniera molto graduale, nel corso del tempo sono riuscita a diventare quella che di fatto sono oggi. Quando ero piccolina mi piaceva raccontare storie drammatiche; è stata poi la volta della pittura ma i miei genitori non mi hanno mandato in una scuola specifica, così ho studiato lingue. Mi è stata poi regalata una macchina fotografica e da lì posso dire che mi sono sempre di più avvicinata a svolgere quello che poi sarebbe diventato il mio mestiere”.
Cosa significa nel 2019 essere una regista?
“Ogni volta che finisco un lavoro – come “Pezzi unici”- mi sento finalmente libera, perché il mio mestiere è anche la mia passione. Non mi sento arrivata, ma ogni volta è una nuova sfida”.
Il suo nome torna molto spesso per firmato la regia di una fiction che è da sempre nel cuore degli spettatori, qual è “Elisa di Rivombrosa. Qual è stata la sua forza, secondo te?
“L’amore, che non è qualcosa di superficiale, ma bensì ritengo che mandi avanti il mondo. Anche se in questa fiction siamo nel Settecento, le emozioni che si provano sono sempre le stesse, per fortuna”.
Ha firmato anche la regia per “Donna detective” con Lucrezia Lante Della Rovere, ma oggi la donna ritieni che sia riuscita a essere quasi totalmente indipendente rispetto a qualche anno fa?
“Quel personaggio è stato molto innovativo per la fiction Rai, in quanto l’attrice vestiva panni che solitamente sono maschili, oltre che essere una madre. La parità tra i sessi ci sarà quando saremo come le donne del nord Europa, indipendenti ma legate profondamente alla famiglia”.
Abbiamo visto non troppo tempo fa “Sorelle” e anche quella volta ha raccontato la vita, in che modo riesci così bene a raccontarla?
“Cerco sempre di capire le leve che possono toccare le sfumature dell’animo umano, osservo moltissimo; inoltre ogni attore che è protagonista delle mie storie cerca di tirare fuori al meglio una parte di sé, coinvolgendo la propria persona con il personaggio che va a interpretare”.