Venerdì 20 settembre alle 21 – anticipato da un aperitivo alle 20,30 – il regista Luca Ragazzi sarà ospite al Fulgor di Rimini per presentare sul palco della Sala Federico il suo ultimo documentario, girato insieme a Gustav Hofer, “Dicktatorship – Fallo e basta!” – inserito all’interno della rassegna della Fice Emilia Romagna “Riusciranno i nostri eroi” -. Quello che viene raccontato è un viaggio tra il maschilismo e la virilità per scoprire il sessismo in Italia. Per quest’occasione, è nata una collaborazione con l’associazione “DireUomo”, uno spazio di ascolto per uomini maltrattati, che nasce nell’ambito del contrasto alla violenza di genere e con la quale si sta progettando di proseguire un percorso nel tempo. Ne abbiamo parlato proprio con il regista.
Ragazzi, com’è nata l’idea di fare questo documentario?
“Quando decidiamo di fare un film partiamo sempre dal nostro vissuto. Con “Improvvisamente l’Inverno scorso” c’era la volontà di testimoniare l’importanza di una legge sulle unioni civili in Italia, con “Italy Love it or Leave It” raccontavamo il dilemma tipico della nostra generazione, ovvero restare in Italia o partire, mentre con “What is Left?” abbiamo messo in scena l’indecisione, da elettori di sinistra, se votare per Renzi o Bersani. Questa volta abbiamo voluto raccontare questa violenza crescente nei social, ma anche nel linguaggio politico, verso le donne, che sfocia in vera e propria misoginia”.
Perché intitolarlo proprio così?
“Dicktatorship è un gioco di parole. C’è una K di troppo e così la parola inglese “dittatura” diventa la dittatura del pene. Significa che siamo dominati da una società fallocentrica fatta ad immagine e somiglianza dell’uomo che la governa”.
Com’è la società in cui viviamo secondo te?
“Una società malata, violenta, frustrata, abitata da persone che mancano di empatia, concentrati come sono sul loro ombelico (o sul loro smartphone, che è la stessa cosa)”.
Quale significato attribuisci alla parola maschilismo?
“La mentalità imperante che da secoli domina questo pianeta. Anche se ci fanno credere che da qualche parte siano esistite o esistano ancora società matriarcali, stento a crederlo, perché alla fine, il potere e i soldi, sono sempre gestiti dall’uomo che la fa da padrone forte della sua supremazia fisica. E’ un sistema, quello patriarcale, che si protegge e si alimenta da solo”.
In questi ultimi anni si parla molto di violenza contro le donne e verso gli uomini?
“Violenza verso uomini? Sicuri? da parte di chi? delle donne? A me risulta che in Italia ogni secondo giorno una donna venga uccisa dal suo compagno, bruciata viva, sfigurata con l’acido, tagliata a pezzi. Non il contrario”.
Nel 2019 è più difficile essere uomo o essere donna secondo lei?
“Gli uomini bianchi eterosessuali e cristiani hanno comandato dalla notte dei tempi e continuano a farlo. Chiunque non appartenga a queste categorie, quindi donne, gay, neri, musulmani etc… viene da loro definito “minoranza”. Essere una minoranza significa che ogni giorno devi fare i conti con il fatto che la regola è stata stabilita da altri per altri e a te non resta che doverti adeguare. Credo che appartenere alla categoria dominante sarà sempre più facile del contrario”.
E’ nata una collaborazione con “DireUomo”, quale valore ha per lei questo cammino iniziato insieme?
“Nel nostro documentario siamo andati a incontrare la Dottoressa Nicoletta Malesa che in Sardegna è presidente di un’associazione analoga, per aiutare gli uomini che si sono macchiati del reato di violenza domestica, ad affrontare la cosa attraverso una terapia. Lei spiega molto bene che non si tratta ne’ di raptus, ne’ di troppo amore, ne’ di patologia. La violenza dell’uomo verso la donna è una questione squisitamente culturale. Lo fanno perché sanno che gli è consentito farlo. Non dimentichiamo che in Italia fino al 1981 c’era ancora la legge sul delitto d’onore. Ben vengano quindi associazioni che affrontino il problema dalla parte degli uomini”.
Cosa si augura arrivi al pubblico del documentario?
“Io e Gustav siamo ben consapevoli del fatto che i film non possono cambiare il mondo. Ci accontentiamo del fatto che possano sollevare un dibattito e lasciare qualche domanda e qualche risposta nella mente dello spettatore”.