Piemonte, in una valle ai confini con la Francia: in una notte d’autunno affiora dalle acque di un torrente il cadavere di un uomo fulminato da due colpi di fucile. A ritrovarlo è Cesare, detto il Francese, passeur che da anni ha lasciato il mestiere di contrabbandiere e vive con la sua lupa chiuso nella solitudine di una baita. Il maresciallo Boerio (Leonardo Nigro) è incaricato di investigare la morte del giovane Fausto, ma il suo legame con la mafia locale verrà presto messo in discussione dalla commissaria Sonia Di Meo (Ursina Lardi). I diversi destini si intrecciano quando Sergio, un giovane del paese (Vincenzo Crea), scopre un gruppo di rifugiati in una capanna abbandonata. E’ al cinema “Il Mangiatore di Pietre”, l’incisivo noir diretto da Nicola Bellucci tratto dall’omonimo romanzo best-seller di Davide Longo. Girato in Piemonte e in Ticino, è una storia cupa ma piena di speranza che ha come protagonista nel ruolo di Cesare Luigi Lo Cascio, straordinario come sempre.
Nel film emerge un tema molto delicato, ovvero quelli del confine, ovvero del territorio di mezzo, indeterminato e ambiguo. Il confine da proteggere e da oltrepassare diventa la linea demarcatrice delle scelte morali, dei rapporti interpersonali e del destino dei suoi protagonisti, moltiplicando gli interrogativi di partenza all’infinito. Lungo il filo conduttore di questa dialettica fra interno ed esterno si snoda la trama della pellicola: un “noir” duro, amaro, da nodo alla gola. Con un duplice punto di vista: quello di Cesare, trafficante d’uomini, e quello del giovane Sergio, ragazzo che si sta facendo uomo. A fare da cornice perfetta è la desolazione di un mondo alpino ormai finito nel dimenticatoio, con i suoi abitanti e il loro modo di vivere sobrio e solitario.
Il noir è un pretesto per portare alla luce rapporti conflittuali e durissimi tra padri e figli – mai presenti reciprocamente –, in cui valori e affetti si tramandano in modo più trasversale fra amici. Il film racconta della fine di un mondo, di un’epoca, di uno stile di vita, di un uomo, Cesare, che sembra aver rinunciato a vivere. Intorno a lui tutto sembra soffocare, il dolore stesso non ha voce, il sangue non ha odore, è una macchia rosso scura sul pavimento. Anche l’amore non dà quel calore necessario. Tutto sembra essere già stato detto, o forse non serve più parlare dove l’Uomo sembra condannato alla solitudine e al silenzio. Lungo il confine, Cesare sceglie di compiere il passo più difficile della sua vita, ovvero varcare una soglia fatale.