Un personaggio, il suo, che è notevolmente cambiato rispetto a quello della prima stagione. Dopo il successo della prima stagione, seguita in media da oltre 3 milioni di telespettatori, dal 13 febbraio su Rai 2 è tornata “La porta rossa”, la fiction che vede protagonisti Lino Guanciale e Gabriella Pession, ideata da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi. La bravissima Cecilia Dazzi torna a vestire i panni di Eleonora Pavesi, medium e madre di Vanessa. Abbiamo parlato con lei del suo personaggio, del difficile filo che lega la vita alla morte e di Trieste.
Cecilia, ti stiamo vedendo nella seconda stagione de “La porta rossa”, cosa ti ha spinto a dire sì?
“Beh, il gruppo di lavoro è veramente straordinario e non potevo far altro che dire sì. Eravamo tutti molti fiduciosi che tutto andasse come per la prima stagione e invece è andato ancora meglio”.
Interpreti Eleonora, come ti sei preparata per vestire i suoi panni? Com’è cambiato il tuo personaggio rispetto alla prima stagione?
“Il regista Carmine Elia mi ha detto di cancellare completamente quanto accaduto nella prima stagione. Eleonora è una donna completamente diversa diversa rispetto a prima. Ha ancora addosso qualche livido del suo passato, non vuole avere più paura e decide di vestirsi di coraggio. Esteticamente è rimasta la donna mascolina di sempre, ma a livello caratteriale qualcosa è cambiato. Ha tolto tutte le maschere possibili, mostrandosi per quello che è: con le sue fragilità e i suoi dolori. Se prima preferiva tenersi tutto dentro, ora non più. E questa è la decisione più saggia che potesse prendere”.
Quali sono le difficoltà che hai sentito nell’interpretare questo ruolo, anche emotivamente parlando?
“La difficoltà maggiore è stata quella di far emergere la chiusura del rapporto con il suo aguzzino, colui che l’ha tormentata per tanti anni. In una scena, doveva uscire tutto il dolore, l’accettazione e il perdono che provava e non è stato semplice”.
La fiction affronta la coraggiosa tematica del legame tra la vita e la morte, tu che idea ti sei fatta?
“Mi piacerebbe sapere che alcune anime rimangono o meno. Se penso a entità sulla terra me le immagino buone, non vedo la proiezione della cattiveria, ma in fondo non ho mai creduto in questo legame tra la vita e la morte”.
Trieste e un cast eccezionale, come definiresti entrambi?
“Non sono molto brava a dire il vero a dare definizioni precise, ma posso dire che i miei collegi sono stati eccezionali. Ancora oggi che la fiction è in corso scopro qualità dei miei compagni di viaggio. Trieste ci ha accolto bene a tal punto che ci siamo sentiti parte integrante di questa città”.
Qual è la vera forza di questa serie tv?
“Oltre a portare sul piccolo schermo temi coraggiosi, nessuno prova a fare quello che non è. Tutti i personaggi hanno qualcosa di brutto che li rende belli, però. Sono perfetti nelle loro infinite imperfezioni. Sono esseri umani, ma sono veri”.
Cosa ti auguri arrivi al grande pubblico?
“Quella speranza che ognuno di noi dovrebbe avere e che molto spesso perde, la speranza che di fatto una possibilità ce l’abbiamo tutti. Nonostante le difficoltà della nostra vita, la fine non arriva mai perché l’amore vince, sempre”.