David Cerquetti e la musica: «E’ la mia vita»
Anna è un’attrice emergente, sposata con Giulio, imprenditore erede di un’importante famiglia che gestisce un’industria farmaceutica. Anna Ha un amante, Fabio, il fotografo di scena del film, prodotto dal marito e poi c’è Daniela, l’ex fidanzata di Giuio, ancora innamorata di lui, che si finge amica della protagonista. Questo è “Buio Come il Cuore“, il film di Marco De Luca Luca e scritto insieme a Claudio Masenza con una produzione Blue Film Srl. 21 brani in totale, il primo, “Buio”, è interpretato da Lorenzo Licitra. Si tratta di una storia di passione criminale e di ambizione, una moderna versione dei grandi film Noir della Hollywood classica raccontate con il ritmo e la tensione di un moderno thriller e dalle ambientazioni misteriose del Sud Italia. Un menage a quatre, costruito sui quattro personaggi dai tratti psicologici ben definiti. Il finale è inaspettato. La colonna sonora è firmata da David Cerquetti, giovane musicista aostano trasferitosi a Los Angeles.
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David, partiamo dall’ultima tua fatica artistica: “Buio Come il Cuore” in cui firmi la colonna sonora. Com’è nato questo progetto?
Nasce in un periodo della mia vita molto curioso. Dal 2019 mi occupo professionalmente di musica, nonostante stessi ancora studiando. Fin da quando mi era chiaro che avrei voluto diventare un compositore di professione, ho iniziato a seminare e creare legami d’amicizia con artisti che stimavo.
Continuo a farlo ancora oggi e in effetti la maggior parte dei miei lavori mi arriva grazie a connessioni o amicizie legate anni fa. Ogni singolo lavoro che mi arriva riesco a ricollegarlo ad un avvenimento, un incontro, un festival che mi hanno dato l’opportunità di conoscere o entrare in contatto con qualcuno.
Ecco, per “Buio Come il Cuore” però non è stato così. Ero a Los Angeles e stavo lavorando ad un documentario di National Geographic quando ricevetti una mail da Marco De Luca, il regista.
Non avevo mai incontrato Marco, ma avevo scritto le musiche per un cortometraggio intitolato “Chocolate Tronchetto”, diretto da Nicole Favarelli e Marco in qualche modo ha visto quel cortometraggio e si è innamorato delle mie musiche. Ricevetti questa mail, ci collegammo via Zoom, e poi mi chiese di leggere la sceneggiatura ed era fatta.
Mi sono bastate poche pagine per realizzare che questo sarebbe stato un grande film. Ho chiuso National Geographic il più in fretta possibile per lanciarmi e dedicarmi a pieno a “Buio” (come lo chiamiamo tra di noi).
E da qui è nato tutto, “Buio” mi ha aperto un mondo, mi ha aperto un portone a cui stavo bussando da quasi 5 anni, ovvero quello del cinema italiano. Paradossalmente mi è venuto più facile lavorare in America che in Italia, ma finalmente “Buio” mi ha aperto questo portone. Poi il sentiero è ancora da battere, ma almeno la porta ora è aperta.
E a questo devo essere grato non solo a Marco, ma anche a Claudio Masenza, che ha scritto il film insieme a lui.
Con un titolo e una trama come sappiamo, che tipo di colore e di sfumature hai preferito dare alla musica del film?
È stata una scelta molto ardua in realtà, e non avevo molto tempo a disposizione. Data la mia collaborazione con l’Accademia Chigiana di Siena, sapevo che avrei avuto una finestra di possibilità per registrare a Firenze con l’Orchestra della Toscana il 1 giugno 2023.
E ho ricevuto il montaggio del film i primi di maggio. Ho avuto letteralmente due settimane di tempo per comporre un’ora e venti di musica e poi due settimane per orchestrare.
Per fortuna avevo già scritto una suite (che è stata recentemente eseguita in concerto qui a Los Angeles ai “The Village Studios” tra l’altro), prima ancora delle riprese del film.
Questo quindi mi ha aiutato. Mentre Marco stava sul set, era Marzo 2023, mi mandava foto o piccoli premontati, così che io potessi rendermi conto dei colori e l’atmosfera.
“Buio Come il Cuore” non è un classico thriller, né un classico noir. Per la prima metà il film presenta i personaggi, con tonalità molto scure, quasi gotiche, ma allo stesso tempo romantiche per via dell’ambientazione marittima.
La trama poi si infittisce, ci sono omicidi, scandali, colpi di scena, il film diventa un thriller psicologico, ma abbiamo anche l’aspetto investigativo dei personaggi, quasi come fosse un poliziesco, e avvolte tocca delle sfumature leggermente horror, anche se non sfocia mai sul genere.
Insomma è un prodotto artistico estremamente raffinato, non semplice da musicare. Credo che la soluzione sia stata quella di settare fin da subito una una palette di suoni distintivi per il film, di cui sono molto orgoglioso. Flauto contralto e basso, clavicembalo, arpa, pianoforte e elettronica.
Tutto contornato poi da orchestra d’archi. Ma il concetto era quello di creare una ragnatela contrappuntistica tra pianoforte, arpa, clavicembalo e celesta e districare tra questi un tema trovando un giusto spazio nelle frequenze per inserire il flauto contralto.
L’armonia è minore, e per minore non intendo che è prevalentemente minore, intendo dire proprio che in tutto il film non c’è un accordo maggiore. Il centro tonale anche non esiste, e lo stesso vale per la simmetria ritmica o melodica.
Il tema principale non è un classico 4+4. Non c’è simmetria e non c’è centro. Il film è così instabile, nelle sue relazioni amorose tra i personaggi, nel suo raccontarsi. Mi piaceva trasmettere questa costante instabilità anche in musica.
Sei molto giovane. Cosa ti ha spinto a trasferirti a Los Angeles e a non rimanere in Italia?
Sì, ho ventisei anni. Mi considero giovane, ma non così giovane. Anche se mi chiedono ancora il passaporto quando voglio comprare una birra.
L’Italia è ferma dal punto di vista musicale cinematografico, non c’è la volontà di ricerca, non c’è la consapevolezza da parte delle case di produzione dell’importanza che ha la musica nei film.
E di conseguenza, in mancanza di budget, il compositore si deve piegare alle volontà dettate dal portafoglio delle produzioni, e la qualità ne risente.
La musica per il cinema non è solo composizione, ma è anche produzione. Può essere la musica più bella di sempre, ma senza una adeguata produzione, e cioè, registrazione, musicisti, studio, ingegneri, mix, etc..
non può elevarsi agli standard richiesti dal mercato internazionale. Non riesco a capire come i produttori non comprendano l’importanza di permettere al compositore di lavorare con i musicisti. I musicisti, quelli con cui perlomeno lavoro io, non eseguono la mia musica, sono interpreti, sono artisti che rispondono in modo ricettivo agli input che gli do.
Quando un musicista si appassiona al progetto inizia a esserne ispirato e non solo a eseguire ciò che ho scritto, ma a interpretare, variare, proporre idee.
È come con gli attori. Il punto è che spesso ai produttori in Italia non importa del successo del film, ricevono i soldi dal ministero, fanno il film, e pensano al prossimo bando.
Non esiste il concetto di “faccio fare successo al film così con gli incassi ne produco uno ancora migliore”. Questo è un meccanismo che mi ha fatto scappare dall’Italia principalmente.
Ora ci sto tornando con cautela e devo dire che sono stato fortunato, sinora i progetti su cui ho lavorato erano gestiti da grandi artisti sensibili all’aspetto musicale, Marco De Luca in primis.
Sei della Valle d’Aosta, com’era il tuo mondo musicale e di vita in quei luoghi?
Ho avuto un’infanzia che penso ogni bambino sognerebbe. Sono nato e cresciuto in mezzo alla natura, imparando a connettermi con le sue leggi e meraviglie.
Ho vissuto con le mucche e le pecore davanti casa, giocando con spade e archi di legno, poi più avanti ci siamo evoluti e con gli amici abbiamo iniziato a giocare a softair in montagna, in case diroccate e sperdute tra le valli.
Forse è il motivo per cui sia io che mio fratello siamo rimasti in qualche modo bambini dentro, nonostante la nostra età.
Quella magia è ancora parte di noi. Mio fratello è un grande appassionato di giochi in scatola, io sono uno che non è in grado di stare fermo.
Se vado in spiaggia devo giocare a qualcosa, se vado a visitare devo giocare. La scorsa estate sono stato a Venezia con la mia ex ragazza, e abbiamo giocato ad acchiapparella tra le vie della città per una buona mezz’ora.
Sono sempre stato un grande amante della natura, anche quando i miei genitori mi buttavano giù dal letto la domenica alle 6 del mattino per andare in montagna.
Tenevo il broncio, faceva freddo ed era faticoso, ma poi quando arrivavo in cima e mangiavo un panino sul lago, ero grato. Sono un pigrone, mi piace dormire, la mattina è molto faticosa per me.
Mi lamentavo, ma in realtà è come se sperassi che andassimo in montagna, perché in fondo sapevo che mi sarei divertito da morire.
Tutto questo mi manca, ho una nostalgia incredibile di quei giorni e momenti della mia vita. Ho scelto purtroppo una carriera che mi porterà ad affacciarmi ad un mondo completamente diverso, in città, pieno di falsità e ricchezze spropositate.
Cose che non fanno molto parte di me, però purtroppo ormai ci sono dentro, ed è come se fosse una missione di vita, sento una voce, come se fossi spinto o richiamato da qualcosa che non comprendo, ma so che è la mia strada.
È un viaggio difficile, non solo per ciò che devo affrontare, ma soprattutto per ciò che devo perdere e lasciare indietro.
Se non erro avevi circa dieci anni quando hai scritto la tua prima composizione. La tua è stata una vera vocazione direi, sbaglio?
Sì avevo circa dieci o undici anni. Stavo studiando pianoforte e solfeggio da poco e un giorno, non ricordo perché, mi sedetti sul tavolo della cucina con un pezzo di pentagramma e iniziai a scrivere.
Mio padre stava cucinando, me lo ricordo perfettamente. Mi ricordo che avevo dubbi sul ritmo e la metrica e qualche giorno dopo chiesi al mio docente di pianoforte di darmi un suggerimento su come scrivere quel ritmo.
Quando la finissi la feci vedere alla mia docente di solfeggio e fu lei a dirmi “tu devi studiare composizione”. Quel pezzo di pentagramma ce l’ho ancora, lo chiamai “Minuetto in Sol Maggiore”, ad oggi mi stupisce ancora la struttura, le progressioni armoniche, le modulazioni e gli elementi melodici.
Sono molto critico sul mio lavoro, ma ogni volta che prendo in mano quel pezzo di carta, è come se ricordassi a me stesso che sono nato per fare questo.
Los Angeles e gli Stati Uniti cosa hanno rappresentato?
Un punto di partenza. L’anno scorso sono stato ammesso alla USC (University of Southern Caligornia), il master di musica da film più prestigioso al mondo con una percentuale d’ammissione del circa 10/12% su centinaia di richieste l’anno.
Era un grande sogno per me, mi sono preparato per due anni a quell’obiettivo. Però i sogni devono scontrarsi con la realtà e non avevo i soldi per andare a studiare.
Questo mi ha motivato però a non mollare il sogno dell’America. Ho fatto domanda per ottenere il visto O1 (“visto per individui con abilità straordinarie nel campo delle scienze, arti o sport”) e mi è stato approvato. Ora posso lavorare e vivere a Los Angeles per tre anni, poi si vedrà.
E da quel giorno è partita la mia carriera. National Geographic prima, poi The Master and Margarita e lo spin-off di John Wick (come orchestratore) e adesso il mio primo film americano.
Sto vivendo il mio sogno, ma c’è ancora tanto da lavorare.
Se ti dico Christopher Young cosa ti viene in mente?
Un amico. Ho frequentato un corso di perfezionamento a Madrid e Chris (che ha scritto le musiche per Spiderman 3 e la maggior parte dei film horror più famosi), mi ha invitato a Los Angeles.
Mi ha ospitato a casa sua per un bel po’ sapendo della mia situazione economica difficile. Mi ha presentato al suo agente e ad altre realtà, è stato il mio primo passo verso l’America.
Il 2023 per te credo sia stato un anno molto importante, giusto? E’ stato l’anno più bello della mia vita. Il 2024 si sta aprendo con delle belle opportunità, ma onestamente sarà dura battere il 2023. Tutto è stato così perfetto.
Mi è stato approvato il visto, sono stato ammesso alla USC, anche se poi non ci sono andato, ho firmato le musiche per due lungometraggi italiani, ho registrato con un orchestra un’intera colonna sonora, ho orchestrato per una serie Tv Rai, mi sono trasferito a vivere a Los Angeles, mi sono innamorato per la prima volta in vita mia, anche se la storia è poi finita.
Però tutto questo mi ha fatto vivere in uno stato di euforia per un anno intero, nonostante alti e bassi. Il 2023 mi ha ricordato quanto è bella la vita. Ho scoperto tante cose su di me, sono cresciuto e maturato come mai prima.
Lasciare l’Italia e arrivare negli USA è stato semplice?
Non è stato semplice, ma non è stato neanche così difficile sinceramente. Come accennavo è dal 2019 che lavoro professionalmente nell’ambito musicale, quindi da quando avevo 20/21 anni.
Nel frattempo vivevo ancora con i miei genitori quindi ho avuto ben 4/5 anni a disposizione per potermi mettere da parte soldi per affrontare questa avventura. Quando ho ricevuto l’invito da Christopher Young, ho preso la palla al balzo e non me lo sono fatto ripetere due volte.
Da lì poi è seguita la domanda per il visto, ed eccomi qua. Ora la parte difficile è riuscire a crearsi un nome e una reputazione nell’ambiente, per questo ci vogliono anni.
La musica è la tua casa ma cosa cerchi di raccontare attraverso lei?
La vita. Non che sappia quale sia il significato della vita, ma credo che l’arte tutta serva a raccontare, o meglio a vivere, la vita. Abbiamo già la matematica e le scienze per descrivere come funzionano le leggi della natura, ma l’arte ci spiega qual è il senso di tutto questo. S
ono anche un grande appassionato di filosofia, ho tutte le mie teorie, parlerei per ore, ma magari per un’altra intervista.
I tuoi prossimi progetti?
Al momento sto scrivendo due canzoni originali per il film “L’Arca”, opera prima del regista Giorgio Caporali, candidato l’anno scorso ai David di Donatello per il migliore cortometraggio. Quest’anno dovrà uscire nelle sale anche il film “La Volpe e l’Uva” diretto da Piermaria Cecchini a cui ho lavorato lo scorso inverno.
Sono stato inoltre confermato per un film horror diretto da Andrea Dalfino, un film ambientato in Trentino Alto Adige, quindi un ritorno alle Alpi per me. Interessante perché mi permetterà di lavorare con cori alpini e artisti locali.
Infine, e forse la cosa più grossa, ho ottenuto il mio primo film Americano. Però purtroppo non posso ancora svelare molto.