Il produttore Luca Severi: « Il cinema è la forma d’arte più completa»
Due ragazzi con un passato, un’educazione e due storie molto diverse tra loro, si ritrovano insieme, persi su una barca in mezzo al Mediterraneo. Ben presto si rendono conto che l’unico modo per sopravvivere è mettere da parte le differenze e lavorare insieme.
Questo e molto altro è “I Racconti del Mare”con Luka Zunic, Lidia Vitale, Khadim Faye, Geno Diana e Paola Sotgiu. Attualmente in post-produzione, è il nuovo film di Luca Severi in veste di produttore.
Dopo numerose esperienze in Italia con Rai, Sky, Mediaset, è Los Angeles il suo trampolino di lancio; è il luogo dove comincia a muovere i suoi primi passi come operatore e montatore fino all’incontro con Dino De Laurentiis che nella sua carriera sarà per lui la svolta.
E’ fondatore e produttore di LSPG (Luca Severi Production Group) che ha fondato nel 2010 a Los Angeles e che dal 2019 ha una sede anche in Italia, a Roma; oggi ha uno sguardo anche verso il mercato asiatico con l’idea di aprire una terza sede in quell’area. Ne abbiamo parlato con lui.
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Luca, partiamo dalla tua ultima fatica cinematografica. “I Racconti del Mare” è una storia piuttosto intensa. Com’è nato questo film e come descriveresti i tuoi due giovani protagonisti?
I miei film, almeno finora, sono sempre nati dall’osservazione della realtà ed erano diversi anni che mi interrogavo su come poter mettere in scena una storia che parlasse del dramma dei migranti osservandolo da un punto di vista differente.
Ho cosi’ immaginato di spogliare il tema, per quanto possibile, da tuti gli aspetti geopolitici e utilizzare due adolescenti come protagonisti di questa tematica.
Due ragazzi, mi sono detto, restano tali in qualunque circostanza e mi possono quindi aiutare ad affrontare questa storia solo ed esclusivamente dal punto di vista umano. Tonino (Luka Zunic) e’ un teenager anti eroe: un ragazzo studioso, che spera un giorno di poter studiare all’estero, uscire dalla sua dimensione di provincia, che non sa ancora bene chi e’ e quali siano le sue risorse personali, “schiacciato” da un padre vecchio stile che lo vorrebbe coraggioso e abile nei gesti pratici.
Ima (Khadim Faye), altrettanto, e’ un ragazzo che spera in un futuro accogliente, almeno quanto lo era il suo paese e la sua famiglia prima di confrontarsi con la dittatura e che ora deve affrontare un viaggio pericoloso da cui dipende la sua vita. Sono entrambi 2 ragazzi di questo tempo, che in mezzo al mare, dimenticate per un attimo le loro paure, si confrontano sui temi tipici della loro eta’.
Questo film ci parla di differenza e dell’unire le forze perché insieme possiamo farcela. Oggi nel 2024, la diversità e lo stare insieme che significato hanno (nel cinema e non solo)?
Io sono stato un immigrato negli stati uniti per più di 10 anni e la mia diversità di straniero e’ sempre stata accolta, dalle persone che ho incontrato, come un grande valore. Meno, dalle istituzioni.
Credo che l’evoluzione fondamentale di cui necessitiamo sul tema della diversità sia proprio questa: superare l’idea di diverso come qualcosa di cui avere paura.
E questo vale nella vita, nella politica, e certamente anche nel cinema. Oggi ci sono modelli artistici e produttivi completamente nuovi che molto spesso non vengono visti di buon occhio dall’industria tradizionale, proprio perchè “diversi”.
Ecco, io credo che soprattutto nel nostro settore, come in tutto il mondo dell’arte, cio’ che e’ nuovo anche se al momento magari parzialmente incomprensibile, dovrebbe essere guardato con grande curiosità. E poi messo in discussione, migliorato, perfezionato, ripensato.
Ma evitare un approccio competitivo, magari anche ricordandoci che tutto ciò che e’ status oggi, e’ stato nuovo e diverso un tempo.
Per te il cinema cosa rappresenta?
Per me il cinema rappresenta la forma d’arte piu completa per poter raccontare storie nel modo più potente possibile.
Il cinema, quando funziona, e’ un onda travolgente, che ti fa uscire dalla sala cinematografica (perchè solo li si presenta con tutta la sua forza) scosso e ricco di emozioni.
Qualunque esse siano, le approvo tutte. Odio invece i film insipidi, che lasciano lo spettatore completamente indifferente.
Il cinema e’ una grande passione, vederlo e farlo. Adoro tutti gli aspetti del fare cinema: lo sviluppo, la produzione, la regia, la costruzione dei personaggi, la distribuzione, la promozione ai festival. E’ un ambito che ho scoperto da adulto, seppur giovane, e me ne sono completamente innamorato.
Il cinema è il “come”, non il “cosa” sosteneva Alfred Hitchcock. E’ così anche per te?
Beh di fronte a un maestro assoluto come Alftred Hitchcock non si può che dargli ragione: il cinema e’ certamente forma. E la forma e’ importante tanto quanto (e a tratti più) che la sostanza.
Dopodichè ogni regista, in questo caso, trasmette il suo significato di cinema al pubblico e per me il cinema e’ soprattutto senso. Che si tratti della forma o del contenuto non riesco a tollerare che appaia nulla nello schermo che non sia li per un senso specifico e chiaramente funzionale al racconto.
Non mi piacciono i gesti di stile, le arruffianate, il tecnicismo fine a se stesso o la battuta ad effetto: credo invece che tutti questi elementi siano contro il cinema, magari a favore del mercato, del marketing.
Ma per me il cinema e’ inequivocabilmente senso, e anche da spettatore e’ questo che chiedo più di ogni altra cosa ai film che guardo.
Com’è nato l’amore per lui?
Ci sono alcuni cineasti che sono imprescindibili da chiunque si avvicini, per lavoro o per passione al cinema, e questo perchè hanno segnato in maniera talmente marcata tutto ciò che e’ venuto dopo di loro che non si può fare altro che amarli e rispettarli, a prescindere dal singolo film più o meno riuscito in cui giocano sempre una serie infinita di concause.
Hitchcock e’ stato, non solo ma principalmente, il re della suspance, che ha insegnato a tutti a far trattenere il respiro, e anche a riconoscere un certo orrore che ogni essere umano porta con se, anche il più mite di tutti.
Mi ricordo benissimo quando per la prima volta, una sera di halloween in cui pioveva, i miei genitori mi hanno permesso di vedere Psyco per la prima volta: l’effetto su me bambino degli anni ’90 fu del tutto inaspettato. Ridevo a crepapelle, un po’ per la paura che cercavo di nascondere un po’ percè molti effetti mi sembravano ridicoli (avevano già all’epoca più di 50 anni di tecnologia che li datava).
Ebbene, quel film ha turbato le mie notti in molti anni a venire fino a quando, ormai adulto, riguardandolo, ho colto tutto l’orrore e la tragedia di quella storia.
Ecco la potenzia di un film: ti colpisce per un aspetto, poi continua a vivere dentro di te, cambia la tua percezione, ti offre altri punti di vista e continua a trascinarti la’ dove l’autore ti ha voluto portare. Un altro esempio per me è Shining o Arancia Meccanica di Stailey Kubrick, un altro autore che adoro profondamente e che ho studiato molto a fondo.
Tutto è iniziato a Los Angeles. Perché proprio gli Stati Uniti?
Sono arrivato negli Stati Uniti completamente per caso. Lavoravo al tempo a Milano per una agenzia fotografica che stava cercando di aprirsi al mercato video creando le basi per quella che forse un giorno sarebbe diventata una casa di produzione.
Avendo io lavorato in televisione, ero stato assunto per provare a sviluppare i primi progetti e gettare le basi per questo percorso. Questa società aveva un piccolo ufficio a Los Angeles e siccome il progetto stentava a decollare in Italia, mi hanno proposto di fare un tentativo in usa.
In realtà non ha funzionato nemmeno li e dopo pochi mesi il rapporto si e’ interrotto, ma io ho voluto rimanere e provare a costruire per me stesso quello che avrei dovuto realizzare per loro.
A Hollywood, ne la mecca del cinema, questo sembrava molto più possibile che non dalla provincia di Treviso da cui ero partito e dove, ormai senza lavoro, sarei probabilmente dovuto ritornare, mentre tra l’altro era scoppiata la terribile crisi economica del 2008.
Ho quindi deciso di fermarmi e tentare finche’ me lo fossi potuto permettere, di fare quello che ormai era diventato il mio sogno: fare il regista. Per fortuna e’ andata bene…
Se dico Dino De Laurentiis, cosa ti viene in mente?
E’ stato per me l’ingresso nel mondo del cinema, e direi dalla porta principale. Poter lavorare con un produttore di quel livello che per qualche strana ragione mi ha accolto in casa sua davvero prendendomi “a “bottega” come si sarebbe detto un tempo e’ stata una esperienza unica.
Dino era già molto anziano e con delle semplici frasi dirette, taglienti mi ha spiegato molte più cose che non i libri di teoria cinematografica. E’ stato di grandissima ispirazione anche per quella sua indole “battagliera” che lo ha accompagnato fino all’ultimo e di cui io ho fatto tesoro quando ho deciso di iniziare la mia “battaglia” buttandomi nel cinema indie come produttore e regista e cercando quindi di contribuire allo sviluppo di modelli creativi e produttivi nuovi rispetto all’industria tradizionale.
Dino e’ stato l’esempio che qualunque giovane emergente dovrebbe avere: un uomo di grandissima esperienza e carattere che ti sprona a fare meglio e di più, con forza e schiettezza ma dandoti sinceramente fiducia. Il tutto accompagnato dal meraviglioso sorriso di sua moglie Martha, che purtroppo ci ha lasciato anch’essa, e rendeva i miei arrivi nella villa di beverly hills ricchi di pranzi buonissimi.
LSPG è la tua casa di produzione. Cosa ti ha spinto a darle vita?
E’ nata per una reazione in un momento in cui il mondo del cinema stava vivendo un decennio di stasi totale. Era tutto fermo: poco lavoro, zero rischi, poche prospettive, diffidenza verso i cambiamenti teconologici in atto.
Io ero negli stati uniti e vedevo un sottobosco di nuovi autori che smarcandosi da tutti i temi che tradizionalmente facevano parte del mondo del cinema (problemi di budget, attori irraggiungibili, mezzi tecnici poco disponibili, costi proibitivi…) creavano nuove storie e nuovi film, in completa autonomia, senza troppo calcolare il percorso commerciale di quei film.
Ma facendoli davano vita a un nuovo genere, che intercettava un nuovo pubblico, lo riportava a guardare film e sfruttava un pezzo alla volta i nuovi strumenti che ci si presentavano davanti:
prima le macchine da presa digitali, poi i nuovi sistemi di montaggio, la distribuzione digitale in streaming e tutto ciò che poi e’ diventata una realtà acquisita. L’Italia questo percorso lo ha iniziato molto più tardi e io ho deciso di cavalcare quell’onda cercando di portarla anche in europa, in particolare dal pese da dove venivo.
E’ una strada lunga, ci stiamo ancora lavorando, ma lspg e’ nata fondamentalmente per questo: proporre un nuovo modo di fare cinema, cominciando dai miei film per coinvolgere poi altri autori
Di cosa si occupa nel dettaglio?
Al momento abbiamo 2 sedi, una a Los Angeles e l’altra a roma, anche se proprio in questi mesi abbiamo iniziato una fase di scouting in Asia per aprire un terzo ufficio in quella parte del mondo.
La società e’ strutturata in 4 divisioni: produzione, che produce e co-produce i nostri film e documentari (5 film negli ultimi 18 mesi, tra produzioni 100% nostre e co-produzioni), production service, che si dedica alla produzione esecutiva di progetti per terzi (tra gli ultimi: the book of clarence per legendary pictures, e ora the diplomat per la società ufa del gruppo freemantle), backstage.
Film che crea contenuti di publicity per grosse produzioni e film commerciali (il gattopardo, la serie, vita da Carlo, cold storage, dampyr e molti altri), e dcp for all, il nostro lavoratorio di post produzione focalizzato nella creazione dei materiali di distribuzione.
Questa struttura con 3 divisioni che chiamiamo “commerciali” e una iu creativa punta ad essere autosostenibile e ci consente di produrre film con un nostro primario investimento. E quindi con una grande libertà.
Il suo sguardo volge verso dove?
Lo sguardo di lspg volge interamente verso il cinema indie, questa nuova onda autoriale e produttiva nata in America tra il 2006 e il 2008 e che ora sta finalmente prendendo piede nel mercato internazionale (sean baker che ha appena vinto la palma d’oro a Cannes con “Anora” ne e’ uno dei principali esponenti).
Vogliamo tornare a raccontare storie che siano al centro non solo dello sguardo dei registi e rappresentate quindi come il sincero gesto artistico di un autore, ma che propongano anche un nuovo modello produttivo che scardina in qualche modo i limiti dei modelli tradizionali.
Troppo spesso il cinema e’ diventato il mezzo e non il fine, come invece dovrebbe essere. Ecco il nostro sguardo volge verso il cinema, vero, sincero, che trova sempre delle soluzioni per nascere e raggiungere il pubblico (che mai come ora desidera storie forti, autentiche) superando i vincoli, quasi sempre finanziari che hanno portato il settore troppe volte verso risultati abbastanza poco soddisfacenti.
Naturalmente e’ una scelta di campo che costa molto, ma sono convinto riusciremo a trascinare il settore dalla nostra parte. Anche chi si e’ “distratto”, sono convinto, alla fine ami il cinema e voglio credere che l’onda del cinema indie lo travolgerà.
Nuovi progetti?
Molti. Stiamo completando una sere tv per il mercato estero e facendo scouting per nuove produzioni. Il festival di Cannes appena concluso mi ha fatto conoscere dei progetti molto entusiasmanti da territori con cui non abbiamo ancora collaborato:
Estonia, Lituania, Filippine, Vietnam. Stiamo lavorando proprio in questi giorni per concludere gli accordi di prossime co-produzioni.
Abbiamo 2 nuovi film in sviluppo come nostra produzione al 100% e poi siamo sempre alla ricerca di nuovi talenti e nuove storie: spero di poter trovare presto anche autori italiani in linea con il nostro filone per poterli aiutare a dare vita ai loro progetti