Flavia Triggiani, regista di “Ghost Detainee – Il caso Abu Omar”: «E’ stato un caso straordinario che porta a molti spunti di riflessione»
Terrorismo, spionaggio e segreti di Stato. Questi gli elementi principali di una vicenda controversa e dibattuta che non lascia indifferenti e che pone ancora tantissimi dubbi.
Un mistero rimasto irrisolto, venti lunghi anni di zone d’ombra che ancora non sono state completamente portate alla luce.
E sarà proprio Abu Omar, imam della moschea milanese di via Quaranta rapito dalla CIA a Milano nel 2003, a raccontare in esclusiva per la prima volta la sua versione contrapposta ai tanti protagonisti della vicenda, come il generale Nicolò Pollari, capo all’epoca dei servizi segreti militare e il pm Armando Spataro.
Anche loro per la prima volta esporranno la loro versione dei fatti. Da chi venne deciso di rapire Abu Omar, realizzando in nome della lotta al terrorismo una operazione illegale sul territorio italiano? Perché l’imam doveva sparire dalla circolazione?
I servizi segreti italiani erano stati informati dalla CIA di quanto stava per accadere? Il governo italiano era al corrente?
Quali aiuti ottennero a Milano i servizi segreti americani? A distanza di vent’anni dalla campagna di “rendition”, i sequestri dei presunti terroristi da parte degli 007 americani, il rapimento di Abu Omar rimane un caso che solleva interrogativi ancora attuali.
Dal 5 febbraio arriva nelle sale “Ghost Detainee – Il caso Abu Omar“, documentario scritto e diretto da Flavia Triggiani e Marina Loi con la collaborazione del giornalista Luca Fazzo che porta sul grande schermo la vicenda giudiziaria relativa al rapimento nel 2003 dell’imam milanese Abu Omar, primo caso al mondo in cui un sequestro di Stato operato dalla CIA finisce al centro di un’indagine della magistratura di un Paese alleato.
Distribuito da ILBE, che lo ha anche prodotto in collaborazione con In Bloom, Flair Media Production e La 7, il documentario ripercorre il rapimento attraverso interviste esclusive, collezionate tra Italia, Stati Uniti ed Egitto.
Ne abbiamo parlato con la regista Flavia Triggiani.
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Com’è nata l’idea di fare questo docufilm?
Conoscevo già questa storia, tra le più note. Ricordo molto bene il clamore che fece la scomparsa dell’imam milanese vent’anni fa. Marina Loi ed io abbiamo studiato gli atti, cercando di conoscere a fondo la vicenda e ogni sua tappa.
Grazie anche ad Andrea Purgatori, scomparso troppo presto, ci siamo appassionate a questa vicenda e abbiamo dedicato a lui questo docufilm.
Chi è Abu Omar?
Era un uomo egiziano della moschea di Milano, una figura piuttosto controversa perché predicava discorsi piuttosto seri contro l’Occidente.
E’ stato pedinato, intercettato e attenzionato dalla Digos perché considerato un soggetto pericoloso, in quanto aveva legami con i terroristi. Esattamente era sospettato di reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale.
Oggi è un uomo che vive ad Alessandria d’Egitto e lavora nel suo negozio di saponi. Non è un uomo libero. Abbiamo cercato di basarci esclusivamente sui fatti.
Il suo nome a cosa è legato?
L’accusa era quella di propaganda e raccolta di militanti per finanziare organizzazioni legate ad al–Qaida e all’Isis. Durante le indagini è stato rapito e tanti misteri sono emersi.
Nel documentario intervengono Abu Omar, sua moglie Nabila Ghali, il pm Armando Spataro che ha seguito l’intera inchiesta, i giornalisti Mattew Cole della NBC News e Sebastian Rotella del Los Angeles Time. Quale definizione daresti ad ognuno?
Abu Omar è un uomo anziano e provato, vittima di un sequestro ed è stato protagonista non innocente di questa storia perchè dichiarato colpevole di terrorismo. La moglie è una donna molto emotiva, sofferente e provata.
Spataro è un magistrato molto preparato che ha deciso di mettere in piedi un’inchiesta senza precedenti. I due giornalisti hanno seguito il caso sin dall’inizio, sono due professionisti autorevoli e molto attenti.
Cosa c’è di surreale e di straordinario in questa vicenda?
Quella che raccontiamo al cinema è una storia pazzesca che forse molti hanno dimenticato, una guerra di spie, di prigioni segrete, una commistione di generi che tocca molti temi. Fino a dove si può spingere una guerra contro un nemico?
Cosa speri arrivi al pubblico?
E’ stato un caso straordinario, una storia italiana e internazionale che porta a molti spunti di riflessione.