Angelica Cinquantini in “Califano”: «Era un galantuomo dal sorriso irresistibile»
Roma, 1984. Teatro Parioli, mille spettatori attendono che salga sul palco il Maestro, il Poeta, il saltimbanco, il Califfo. Franco è nel camerino in attesa di quella che sarà la serata più importante della sua vita: d’ora in avanti basta follie.
Di lì a poco sei uomini in divisa faranno irruzione nel camerino, gli metteranno le manette ai polsi e lo faranno sfilare davanti al suo pubblico esterrefatto. Andiamo indietro negli anni: Roma, 1961. Franco ha 22 anni, vive a Roma con la madre e il fratello, è orfano di padre, scrive poesie e sogna la Dolce Vita.
Conosce Antonello Mazzeo, amico che gli resterà fedele per tutta la vita, e Rita, suo primo amore, con la quale si sposerà e darà alla luce la sua unica figlia.
A Franco tuttavia la quotidianità ordinaria diventerà sin da subito troppo stretta e nel 1963 abbandonerà tutto e tutti trasferendosi a Milano, ospite di Edoardo Vianello.
Inizierà a scrivere canzoni, frequentare molte donne, a consumare droga e a fare amicizie importanti.
Inizierà ad avere successo come autore e scout, senza mai abbandonare alcune sue fragilità che nel 1968, al culmine di una depressione, lo porteranno a trascorrere qualche mese in una clinica per disintossicarsi dalla cocaina.
Ricomincia da zero: e torna a scrivere successi tra i quali “Minuetto” interpretato da Mia Martini e con Edoardo Vianello fonda la Apollo Records, scommette sui Ricchi e Poveri, li porta a Sanremo e nello stesso periodo si innamora di Mita Medici.
Eppure, anche questo momento aureo non è destinato a durare. Ben presto comincia di nuovo a sentirsi in gabbia, si allontana dalla Medici, fino alla svolta negativa: l’arresto per
droga. Il carcere è un colpo di grazia, ma anche un’occasione di rinascita. Franco riesce ad ottenere i domiciliari e grazie all’aiuto del grande amico Mazzeo riesce a scrivere ed incidere l’album “Impronte Digitali”, la sua più grande eredità, il suo grande riscatto.
L’11 febbraio in prima serata su Rai1 andrà in onda “Califano“, tratto dall’opera “Senza manette” di Franco Califano con Pierluigi Diaco con la regia di Alessandro Angelini.
Nel cast troviamo Angelica Cinquantini nel ruolo di Mita Medici.
Ne abbiamo parlato con lei.
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Angelica, partiamo dall’inizio. Tu conoscevi Franco Califano come artista? Cosa pensi di lui?
Lo conoscevo di fama. Sono una grande appassionata del cantautorato del passato e ammiravo le sue canzoni del passato. Per me, è sempre stata una figura piuttosto complessa. Grazie al film, ho appreso le sfumature più vulnerabili.
Qual è la sua grandezza ancora oggi, secondo te?
Ha origine dal suo continuare nonostante tutto, i momenti neri, la droga e il carcere. Le sue canzoni saranno sempre immortali.
Cosa ti ha portato ad accettare questo progetto per la tv?
Ho letto il profilo del personaggio che di fatto conoscevo solo di nome. Quando ho avuto modo di scoprirla dal vero, mi ha colpito la sua voglia di vivere, la sua luce e la sua libertà.
Nel film, tu sei Mita Medici. Come la descriveresti?
E’ una donna fuori dal tempo nella quale ognuno di noi può identificarsi. Ha rispetto ed è fiera di sè, cammina a testa alta. La stimo molto.
Per lei, Califano chi era? E l’amore cosa rappresentava?
Quando l’ha incontrato, non era pienamente consapevole di chi fosse. L’ha descritto come un galantuomo dal sorriso irresistibile. L’ha fatta sentire a casa, come una principessa. Per lei, l’amore è il sole, qualcosa di bello e sano.
Cosa ti piacerebbe arrivasse di questo film?
La delicatezza del racconto fatto, senza stereotipi.
Nuovi progetti?
Sarò in “Viola come il mare 2” su Canale 5.