Tiziana Aristarco, regista de “La Rosa dell’Istria”: « Vorrei che avessimo tutti braccia e cuori aperti verso il prossimo, senza distinzioni»
Dopo l’armistizio, l’esercito italiano resta senza direttive, la popolazione istriana è priva di ogni difesa, mentre il generale Tito avanza con le mire di pulizia etnica per ammettere il territorio istriano alla Jugoslavia e i tedeschi si riorganizzano insieme alle truppe della Repubblica sociale.
La situazione diventa sempre più drammatica e Maddalena Braico con la sua famiglia è costretta ad abbandonare per sempre la sua terra e la sua casa. Suo padre Antonio cerca riparo presso suo fratello che da anni vive in una piccola cittadina del Friuli.
Per raggiungerlo i Braico sono costretti ad una fuga rocambolesca in cui si perdono le tracce di Niccolò, l’adorato fratello di Maddalena.
Nella nuova scuola in Friuli, Maddalena viene additata come una straniera, suo padre non riesce a trovare un lavoro, l’intera famiglia vive la triste condizione degli esuli, sradicati dalla loro terra e dalle loro abitudini e da tutto ciò che prima era la loro vita in una patria che avrebbe dovuto accoglierli e che invece li respinge.
Maddalena, nonostante le avversità, coltiva la sua grande passione per la pittura e insieme a Leo, incontrato per caso, scoprirà il suo grande talento e riuscirà a costruire con lui il suo futuro di donna e di pittrice.
Questa sera in prima serata su Rai1 vedremo il film “La Rosa dell’Istria“, la storia di una giovane donna che dopo l’armistizio del 1943 è costretta ad abbandonare l’Istria, la sua terra, per cercare la sua voce altrove, tra scoperta della propria identità e auto realizzazione.
Coprodotto da Rai Fiction, Publispei, Venice Film e diretto da Tiziana Aristarco – regista sempre molto apprezzata da pubblico e critica -, il film narra la straziante e disumana tragedia degli esuli italiani dai territori dell’Istria e della Dalmazia durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Ne abbiamo parlato con la regista.
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Tiziana, com’è nata l’idea di fare questo film e perché trasmetterlo proprio su Rai1?
E’ tratto dal libro “Chi ha paura dell’uomo nero?” di Graziella Fiorentin. Un ruolo chiave è stato dato dai produttore della Venice Film e da Verdiana Bixio di Publispei che hanno deciso di girare un film ambientato in quel difficile periodo storico.
Rai1 è stato fondamentale perché è e rimarrà sempre la televisione che racconta la nostra storia, una storia rivolta a tutti, una storia che non ci fa dimenticare il nostro passato.
Cosa significava nascere (o vivere) nel 1943 in territorio istriano?
Per la famiglia Braico, e per molte altre, è stata durissima. Ci si rende conto che le persone non esistono più, spariscono, si perde la loro traccia, senza alcuna spiegazione logica.
L’unica possibilità di sopravvivere è quella di fuggire, lasciando la propria amata terra perché restare significherebbe mettere in pericolo la propria vita e quella della persone amate.
Chi è Maddalena Braico?
E’ una giovane ragazza che si ostina a tenere nel suo cuore la propria terra; rappresenta il lato positivo di una tragedia gigantesca, la voglia di cambiare e di riscattarsi. Grazie alla sua arte, riesce a fermare la storia del suo popolo. La pittura riesce a salvarla.
La potremmo definire una ragazza moderna? Perché?
Assolutamente sì. Ama, si fida di chi ama e non ha pregiudizi. Insegue i suoi desideri e li canalizza nella giusta direzione. Va oltre. “Brindiamo alle cose belle che possono capitare nella guerra, come l’arte e l’amicizia”.
Credo che in questa frase sia racchiusa tutta Maddalena e tutti coloro che ce l’hanno fatta, nonostante tutto.
Essere etichettati stranieri e sentirsi stranieri. Qual è la differenza, secondo te?
Gli esuli istriani e dalmati si sono sentiti stranieri pur essendo italiani perché non si sono sentiti accettati, non si sono sentiti parte integrante di quella terra che avrebbe invece dovuto accoglierli.
Ancora oggi?
Purtroppo sì; gli esuli continuano ad esserci, sempre di più. Il problema è che dimentichiamo di esserlo stati anche noi in passato.
E rinascere e reinventarsi?
L’integrazione è un concetto molto difficile. Quello che raccontiamo è un capitolo molto doloroso della nostra storia, una pagina dimenticata troppo a lungo.
I protagonisti sono l’esordiente Grace Kicaj, Andrea Pennacchi, Costantino Seghi, Clodilde Sabatino ed Eugenio Franceschini. Perché hai scelto proprio loro?
Cercavo proprio una ragazza come Grace Kicaj e quando l’ho vista è stato un colpo al cuore; cercavo una giovane con gli occhi parlanti, con un viso antico, vulnerabile, esile e nello stesso tempo grintosa.
Lei non aveva mai fatto l’attrice e credo che sia stata una scommessa vinta. Andrea Pennacchi è stato perfetto nel vestire i panni di un uomo autorevole ma con una dolcezza dentro, di mezza età e del Nord. Conseguentemente è arrivato Costantino Seghi, un giovane molto promettente.
Eugenio Franceschini era perfetto nel ruolo che avevo in mente e ha dato il massimo. Clodilde Sabatino aveva la giusta scala di sfumature per la donna che sarebbe dovuta essere la madre di Maddalena.
Cosa ti piacerebbe arrivasse al pubblico?
Mi piacerebbe molto che avessimo tutti braccia e cuori aperti verso il prossimo, senza distinzioni. Vorrei che comprendessimo che i bambini di oggi sono gli adulti di domani, ecco perché la scuola gioca un ruolo fondamentale per la loro formazione.
Questa pagina di storia non va dimenticata, anzi ci dovrebbe essere sempre più conoscenza del nostro passato.
Nuovi progetti?
A breve inizierò le riprese per “Mina Settembre 3”.