Giusy Frallonardo ne “Il metodo Fenoglio”: «Raccontiamo di una Bari che sperimenta il dolore da cui poi si libererà»
Pietro è un piemontese che si trasferisce a Bari per amore e diventa carabiniere dopo la morte del padre. Anche se il suo vero sogno è diventare insegnante di lettere, rimane un uomo che ama la cultura al punto che non alza mai ‘le mani e le armi’.
La sua vera forza è infatti l’empatia che prova anche nei confronti dei criminali che cerca di capire per arrivare alla verità dei suoi casi. Nella città pugliese ha una storia con Serena Morandi che è una professoressa. Siamo nel ’91 e in città si susseguono agguati, omicidi e casi di lupara bianca.
La trilogia di Gianrico Carofiglio, “Il Maresciallo Fenoglio”, diventa una serie tv grazie alla coproduzione Rai Fiction – Clemart srl e con il contributo della Apulia Film Commission.“Il metodo Fenoglio” è in onda da lunedì 27 novembre in quattro prime serate per Rai 1.
Gianrico Carofiglio ne firma anche la sceneggiatura – insieme a Doriana Leondeff, Antonio Leotti e Oliviero Del Papa – mentre Alessandro Casale ne dirige il cast capitanato da Alessio Boni nei panni del protagonista.
Nel cast troviamo anche Giusy Frallonardo (ph: Marcello Norberth) nel ruolo di Liliana Fornelli; si tratta di un’attrice di grande talento ed esperienza che abbiamo recentemente visto nella serie tv “Elisa: Il Caso Claps” su Rai1 e stiamo vedendo in “Noi siamo leggenda” su Rai2.
Ha esordito al cinema con Marco Bellocchio ne “Il sogno della Farfalla”. Gli ultimi lavori per il grande schermo sono: “Una vita spericolata” di Marco Ponti e nel 2023 “Cattiva Coscienza” con la regia di Davide Minnella.
Negli ultimi anni l’abbiamo vista in “Buongiorno mamma”, “Viola come il mare” e “La porta rossa 3”. Con lei abbiamo parlato delle sue fatiche lavorative e non solo.
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Giusy, partiamo da “Il metodo Fenoglio”. Cosa ti ha portato a dire sì?
Conosco Gianrico Carofiglio, adoro la sua scrittura e la penna, e conosco bene i suoi libri. Conosco molto bene suo fratello Francesco, ho lavorato con lui che ha sempre saputo benissimo scandagliare l’animo umano.
Devo ringraziare la casting Chiara Agnello che mi ha dato la possibilità di avere un ruolo intrigante, non principale ma certamente quello che apre il filone principale della serie tv.
Perché Fenoglio è un commissario diverso da quelli che comunemente siamo abituati a vedere?
E’ un uomo che ama la musica classica, ha una grandissima sensibilità, è un melomane ed è molto tormentato. E’ un uomo molto attento a tutto che accade, a tal punto da percepire l’odore della paura con il suo fiuto speciale.
La Puglia non è mai stata una regione a vocazione mafiosa se non nel Foggiano e si tratta di una mafia legata alla transumanza. La criminalità organizzata nasce dietro alle sbarre dove i criminali si affiliano agli ‘ndranghetisti perché devono cercare di difendersi dai camorristi.
La mafia pugliese è stata debellata abbastanza velocemente.
Sei Liliana Fornelli. Come la descriveresti?
E’ una signora della Bari bene; è composta, pacata e mai sopra le righe. Non lavora e si occupa della sua bellissima casa. Quando entra la polizia, il suo primo pensiero è rivolto al figlio Paolo che viene ingiustamente coinvolto in un omicidio. E’ una donna molto curata nei modi e nell’abbigliamento.
Come racconta al pubblico la criminalità organizzata?
Viene debellata la mafia nascente attraverso la puntuale sensibilità del maresciallo. Non siamo in Sicilia ma in Puglia.
Cosa ti piacerebbe arrivasse della serie tv?
E’ uno spaccato di Bari. Si tratta di una città che è cambiata nel corso del tempo; se negli anni ’90 era pericolosa e abbandonata a se stessa, adesso è bella e vivibile, oltre che molto turistica. Raccontiamo di una Bari che sperimenta il dolore da cui poi si libererà.
Tu e la recitazione: come hai capito che questa doveva essere la tua strada?
Ho sempre voluto fare questo. H sempre amato il teatro. Da bambina, andavo al cinema la domenica mattina e nel pomeriggio partecipavo al cineforum con svariate attività: posso dire ce questa è stata la mia vera formazione.
Cosa significa essere attrice?
La necessità salvifica di raccontare perché le parole possono curare, oltre al privilegio di esplorare vite che non mi appartengono.
Recentemente di abbiamo visto nella serie tv “Elisa: Il Caso Claps” nel ruolo del pm che decide di riaprire il caso. Cosa ti ha lasciato questa storia?
Aver sviscerato la sua storia è stato doloroso ma necessario perchè la legge è uguale per tutti ma non tutti siamo uguali davanti alla legge.
La famiglia Restivo ha goduto di molti privilegi, al contrario della famiglia Claps. Grazie a Gildo, Elisa ha avuto giustizia perché lui non si è mai arreso ha reagito al quel dolore insopportabile della prematura morte della sorella.
Tanto cinema, tanta televisione e tanto teatro. Dove ti senti più a casa?
Il palcoscenico è casa vera perché mi sento un artigiano. E’ un vero scambio con il pubblico che, come l’attore, regala anima e corpo a chi è in scena. E’ l’anagramma del vero interprete. La macchina da presa invece mi ha dato più sicurezza.
Nuovi progetti?
Su Rai1 con “La luce nella masseria” di Tiziana Aristarco e Riccardo Donna.