The Old Oak dal 16 novembre al cinema


Dopo la tappa in concorso (Selezione Ufficiale) al Festival di Cannes 2023 arriverà nei cinema italiani dal 16 novembre con Lucky Red “The Old Oak“, nuovo film di Ken Loach.
A 86 anni, il regista continua a denunciare il cinismo infernale dell’amministrazione britannica, insieme a Paul Laverty, suo sceneggiatore storico. Dopo aver conquistato due volte la Palma d’Oro (Il vento che accarezza l’erba e Io, Daniel Blake) e tre volte il Premio della Giuria, Loach torna con ostinata coerenza all’attivismo cinematografico.
Forse il mondo non è un posto poi così pessimo dove vivere. Tutto sembra andare storto in una cittadina mineraria del Nord dell’Inghilterra pieno di barriere neanche troppo invisibili e porte chiuse come quelle delle case dei residenti che hanno paura che cambi qualcosa ogni volta che si affacciano fuori di casa o quella del pub gestito di TJ dove c’è una zona che non si può usare.
C’è già una netta separazione tra il dentro e il fuori già all’inizio del film con il vetro del pullman che divide un gruppo di persone immigrate in fuga dalla guerra in Siria e i residenti che non ne vogliono sapere di accoglierli.
Ken Loach e il fedele sceneggiatore Paul Laverty ripartono proprio da lì. Il luogo dove si svolge la vicenda, ambientata nel 2016, è un altro posto di conflitti. La k dell’insegna del pub che deve essere aggiustata mostra già lo stato di abbandono.
Gli abitanti cercano di dare un senso alla loro vita oppure si rinchiudono ancora più in se stessi. TJ è il proprietario del pub The Old Oak frequentato spesso dagli stessi, pochi clienti, da anni. L’arrivo dei profughi siriani crea subito tensione nel posto.
Tra loro c’è anche Yara, una ragazza che parla benissimo inglese ed è appassionata di fotografia e lega subito con TJ. Insieme, tra mille difficoltà, cercheranno di rilanciare la comunità locale organizzando una mensa per i più poveri.
Ma gli ostacoli sulla loro strada saranno molti. “Sentivamo di dover fare un film che riflettesse il coraggio e la determinazione del Nord-Est dell’Inghilterra malgrado i tempi duri.
Poi abbiamo saputo dell’arrivo dei rifugiati siriani e abbiamo capito che era quella la storia da raccontare” ha dichiarato il regista. Loach sin dalle prime immagini ci fa riflettere sul ruolo del documento che si fa memoria.
Yara scatta foto al suo arrivo, prima che la macchina fotografica, le venga fatta cadere a terra rompendosi. Nella sala ormai chiusa da tempo che si trova dietro il bancone del pub ci sono, appese alle pareti, foto degli scioperi degli anni Ottanta.
L’arrivo di Yara ridà vita e senso non solo a quelle immagini ma anche a quel locale. La solidarietà che nasce dal basso per Loach è sempre stata la chiave di volta sia di storie individuali che collettive.