Andrea Lattanzi in “Grazie Ragazzi”, dal 12 giugno su Sky: «Il mio Damiano è fragile ma molto umano»


Di fronte alla mancanza di offerte di lavoro, Antonio, attore appassionato ma spesso disoccupato, accetta un lavoro offertogli da un vecchio amico e collega, assai più smaliziato di lui, come insegnante di un laboratorio teatrale all’interno di un istituto penitenziario.
All’inizio titubante, scopre del talento nell’ improbabile compagnia di detenuti e questo riaccende in lui la passione e la voglia di fare teatro, al punto da convincere la severa direttrice del carcere a valicare le mura della prigione e mettere in scena la famosa commedia di Samuel Beckett “Aspettando Godot” su un vero palcoscenico teatrale.
Giorno dopo giorno, i detenuti si arrendono alla risolutezza di Antonio e si lasciano andare scoprendo il potere liberatorio dell’arte e la sua capacità di dare uno scopo e una speranza oltre l’attesa. Così quando arriva il definitivo via libera, inizia un tour trionfale.
Di questo racconta “Grazie Ragazzi” di Riccardo Milano che, dopo il debutto al cinema nella scorsa stagione, dal 12 giugno arriva anche su Sky; si tratta di un film che racconta la capacità del teatro di dare un’opportunità, di scavare nell’animo umano di chi assiste, ma anche, e in questo caso soprattutto, di chi si mette in gioco recitando su un palcoscenico.
In un ottimo cast, spicca Andrea Lattanzi (ph. bianco e nero Daniele Cruciani) nel ruolo di Damiano; è un giovane attore che sta spiccando il volo dopo Roma, Londra e New York.
Ne abbiamo parlato con lui.
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Andrea, partiamo dal fatto che “Grazie Ragazzi” ha ottenuto due candidature ai Nastri d’Argento. Che effetto fa?
Quando ho letto la notizia ne sono stato felicissimo. Ora c’è tanta attesa e speriamo davvero di vincere.
Cosa ti ha portato a dire sì a questo film?
Sicuramente il mio personaggio che ho amato sin dalla prima lettura del copione, l’incontro con l’anima bellissima del regista e un cast eccezionale. Che squadra meravigliosa.
Tu sei Damiano. Come lo descriveresti?
E’ molto fragile e non con un’accezione positiva purtroppo, è balbuziente e molto timido nel relazionarsi con l’altro. Non è un ragazzo debole, eppure ha diverse fragilità; è piuttosto chiuso ma ha una forte umanità.
Lui e Antonio, come definiresti il loro rapporto?
Per lui, è come un padre, il padre e la famiglia che non ha mai avuto. Antonio lo sprona ad andare avanti, a non mollare e lo aiuta costantemente.
Sono tante le tematiche affrontate nel film, innanzitutto il mestiere dell’attore. Come viene visto?
Dagli occhi dei ragazzi, è una speranza per evadere, una fuga mentale e fisica, un andarsene; è un mondo lontano e strano per loro che ne sono increduli e sbalorditi.
Per te cosa rappresenta?
Amo ciò che faccio e non ne potrei fare a meno. per me è libertà.
La rinascita e la libertà sono due elementi fondamentali nel film. Sei d’accordo?
Certamente. La rinascita consiste nello scoprirsi e nel riconoscersi, è l’acquistare consapevolezza; prima di Antonio, Damiano non era a conoscenza della sua forza interiore. La libertà è una conseguenza della rinascita, ovvero l’essere se stessi.
Cinque detenuti, fino a quel momento lontanissimi dalla cultura e da qualsiasi forma espressiva, alle
prese con il teatro fanno inaspettatamente propri gli interrogativi sull’esistenza che pone Samuel
Beckett in “Aspettando Godot”: “Cosa stiamo a fare qui?”. Cos’è l’attesa?
Punti interrogativi senza risposta. E’ anche legata alla sofferenza per il non poter afferrare il proprio futuro, è l’ansia di non sapere.
Il tuo rapporto con il sogno?
Ho tantissimi sogni ma sono un sognatore con i piedi ben piantati a terra. Preferisco non dire quali sono perché le cose belle, una volta dette, non si avverano.
Essere diretti da Riccardo Milani?
E’ un regista bravo e forte, un maestro vero. E’ stato tutto bellissimo.
I tuoi prossimi progetti?
Usciranno al cinema “Io e il secco” di Gianluca Santoni e “Animali randagi” di Maria Tilli.