Giorgio Marchesi in “Un passo dal cielo 7”, dopo la tournée con “Il fu Mattia Pascal”: «Luciano Paron è piuttosto complesso e ambiguo»
“Un passo dal cielo” è tornato, questa volta si tratta della settima stagione. Sono tornate le splendide montagne del Cadore, la natura fragile e imponente e lo sguardo sempre rivolto al cielo.
In questa stagione però si fronteggeranno per imparare a convivere due punti di vista opposti e complementari: quello maschile e più tradizionale di Vincenzo e quello femminile e più empatico di Manuela.
Abbiamo lasciato Manuela Nappi come giovane agente di polizia e la ritroviamo all’inizio dell’amata serie tv come ispettrice.
Il suo ritorno non è casuale: un segreto l’ha spinta a tornare ed è proprio per quest’ultimo che scopriremo new entry: il misterioso Nathan, l’uomo degli orsi, e Gregorio Masiero, uno scultore solitario che nasconde profonde ferite.
Sono molte le conferme ma sono anche molte le novità, a cominciare dalla partecipazione di Giorgio Marchesi, un volto bene noto al pubblico televisivo e non solo.
L’attore vestirà i panni di Luciano Paron, un allevatore, l’uomo più ricco e potente della valle, proprietario di una delle più grandi mandrie di bovini del Veneto ma non solo.
Inoltre, è stato in tournée con “Il fu Mattia Pascal” che l’ha visto protagonista sul palco dividendo la regia con Simonetta Solder. Con lui abbiamo parlato proprio di questi due progetti.
***
Giorgio, cosa ti ha spinto ad accettare una settima stagione di una fiction così amata?
Ci tengo a precisare che in questa serie tv non sono un protagonista bensì una partecipazione speciale. Questo progetto televisivo “si incastrava” benissimo all’interno di impegni già presi, soprattutto a teatro.
Il mio è un personaggio diverso da quelli interpretati fino ad ora, è piuttosto complesso e ambiguo.
Perché lo definisci ambiguo?
E’ un uomo capace di grande affetto e fortemente empatico nei confronti delle persone alle quali tiene ma contemporaneamente è capace di grande durezza e forte distacco nei confronti di altre.
Non si comprende se sia colpevole di reali irregolarità oppure se le le accuse fatte siano frutto dell’immaginazione di alcuni poliziotti.
Come descriveresti Luciano Paron?
E’ un uomo di successo e sicuro di sè; proviene da una famiglia benestante ma ha ampliato la sua ricchezza. E’ tradizionale e tradizionalista con valori ben saldi; quando sente minacciato l’equilibrio tanto cercato, cerca di reagire.
E’ un padrone generoso e temibile, ha però un cruccio: non ha eredi. Per questo, decide di prendere sotto la sua ala Mirko, il figlio avuto con Adele da giovane e che non ha mai riconosciuto.
Paron dovrà fare i conti con Adele, che cerca di allontanare Mirko dal padre, e con Nathan, convinto che Paron stia avvelenando i suoi boschi. Non mostra quello che prova e ha paura di innamorarsi, è l’uomo che non deve chiedere mai.
La natura in questa fiction è un’altra protagonista?
Certamente. Mi è sempre piaciuta la montagna, vengo da Bergamo ma non questa non la conoscevo ed è stato meraviglioso conoscerla. I paesaggi sono incantevoli.
Sei da poco reduce da una tournée molto impegnativa con “Il fu Mattia Pascal”. Com’è stato?
Ne sono felicissimo, è uno spettacolo che amo molto e che mi ha portato non poche soddisfazioni, il pubblico ha risposto molto bene e la cosa non deve mai essere scontata. Inoltre è sempre bello poter lavorare portando con me persone speciali.
In cosa consiste la modernità de “Il fu Mattia Pascal”?
Insieme a Raffaele Toninelli, abbiamo cercato di dare vita a un’atmosfera non realistica; abbiamo trascinato il testo lungo il ‘900 per assecondarne la contemporaneità dei temi trattati: il rapporto con la propria identità prima di tutto, dato che i tanti “profili” di cui ormai ci serviamo quotidianamente per comunicare sui social ne sono l’estremizzazione.
I social network frammentano la nostra identità, un mix di identità che ci vengono cucite addosso volontariamente o meno.
Siamo un po’ tutti Mattia Pascal?
Assolutamente sì. Capita a tutti di voler essere altrove o in una vita diversa dalla propria. Ognuno di noi è alla ricerca della propria felicità, è umano voler sperare in qualcosa di migliore.