Vincenzo Ferrera in “Mare Fuori 3” e non solo: «Questa serie tv mi ha valorizzato, dopo i tanti sacrifici fatti»
Dal 2020 sta tenendo incollati alla tv milioni di telespettatori; lo scorso 1 febbraio su Raiplay ha superato ogni aspettativa con l’anteprima dei primi sei episodi della terza stagione. Dal 15 febbraio, invece, è possibile vederle “Mari Fuori 3” su Rai 2 in prima serata.
A fra parte di un cast incredibile, troviamo anche Vincenzo Ferrera (Ph. Alessandro Rabboni), palermitano, classe 1979, un attore poliedrico che da sempre ha spaziato dal piccolo al grande schermo, oltre nel teatro in cui ha lavorato con i più grandi maestri, da Carlo Cecchi a Mario Martone e Roberto Andò.
Nell’amatissima fiction è Beppe Romano, educatore dell’IPM, per il quale tutti i ragazzi hanno diritto a una seconda possibilità e devono essere protetti e guidati dagli adulti, costi quel che costi.
Con lui abbiamo parlato dell’enorme successo della serie tv, del suo personaggio, del suo percorso e della sua Sicilia.
***
Vincenzo, partiamo da “Mare Fuori”, un successo enorme. Te lo aspettavi?
Onestamente. La prima stagione non è andata benissimo ma dalla seconda c’è stato un enorme crescendo. C’è stato un passaparola fortissimo tra i più giovani e non solo. Ho cominciato a comprendere il grande successo quando ho visto tantissima gente fuori dalla caserma. Sono e siamo contentissimi.
I protagonisti della serie tv hanno le loro fragilità, commettono i loro errori e sperano in un possibile riscatto per un futuro migliore. Possiamo definire “Mare Fuori” una fiction in cui c’è la speranza alla base?
Assolutamente sì, rispetto a tante altre serie tv che trattano di argomenti simili. Abbiamo puntato le nostre aspettative sulla parte buona, quella di una seconda possibilità, quella che può ancora rifiorire.
Cosa ti ha portato ad accettare questa terza stagione?
C’è un’empatia enorme tra me e i ragazzi della fiction. Ricordo ancora che alcuni erano minorenni e poi sono cresciuti. Ci vogliamo molto bene. C’è una forte emozione negli occhi.
Come descriveresti Beppe Romano?
Ho molta stima per lui e sono fiero di vestire i suoi panni. E’ un uomo buono, ammirevole, pure e a volte forse troppo ingenuo.
Cosa hanno aggiunto questa serie tv e questo personaggio al tuo percorso artistico e umano?
Io provengo dal teatro e il cinema e la televisione sono stati degli intervalli ma “Mare Fuori” mi ha valorizzato, dopo i tanti sacrifici fatti. Oramai siamo un famiglia.
Tu non sei solo “Mare Fuori”, ma molto altro. Come ti descriveresti?
Sono luce e ombra. Sono solare e simpatico e credo di far star bene gli altri; ho tuttavia una vena molto malinconica e triste che appartiene alla mia persona.
Cosa ti ha spinto a dire sì a questo mestiere?
Tutto nasce da una voglia di esibizione, mi piaceva mettermi in mostra. Ho iniziato laboratori teatrali e da lì ho continuato. Quando ho cominciato ad essere indipendente economicamente ho compreso che la strada era quella giusta; ho quindi vinto io perché ho fatto della mia passione un mestiere.
Per te, cosa significa essere attore?
Vivere vite diverse dalla mia. Questo mestiere mi permette di vivere meglio con me stesso.
Vieni da Palermo. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto la città?
Non mi ha tolto nulla, anzi credo che mi abbia regalato solarità e positività.
Tanta televisione, tanto cinema ma anche tanto teatro lavorando con importanti maestri. Cosa ti ha insegnato stare sul palcoscenico?
Non tutti possono recitare in teatro, è molto complesso ed è come far parte di una riunione collettiva. La macchina da presa è affascinante ma non è come stare sul palco.
Hai ancora un sogno nel cassetto?
Il sogno di essere attore l’ho già realizzato, ora mi piacerebbe lavorare con Sorrentino e Tornatore.
Nuovi progetti?
Sto girando a Potenza “Sangue sull’altare. Il caso Claps” di Marco Pontecorvo per Rai1