Till – Il coraggio di una madre al cinema
Arriva nel grande schermo la storia vera di un barbaro omicidio anestetizzato dalla fiacchezza di uno stile che parla a tutti e non colpisce nessuno.
Nell’agosto del 1955, il quattordicenne afroamericano Emmett Till lascia Chicago per fare visita al resto della famiglia nel Mississippi.
Qui, dopo aver incautamente parlato con una ragazza bianca, viene prelevato in piena notte da un gruppo di persone sia bianche sia nere e barbaramente linciato.
Giorni dopo la sparizione, il suo cadavere viene ritrovato nelle acque di un fiume: il film segue la storia della battaglia legale della madre del ragazzo, Mamie Till, che pretenderà di essere fotografata accanto al volto orribilmente deformato del figlio e di comparire sulla copertina di una rivista per sensibilizzare la popolazione di fronte alla violenza razziale nel sud.
Gli assassini bianchi di Emmett saranno assolti, ma la battaglia di Mamie sarà alla base dell’affermazione del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.
Cosa ne sarebbe stato delle lotte degli afroamericani senza il sacrificio di Emmett Till?
Il film si concentra sul ruolo della madre per far conoscere a un intero paese la vergogna di cui implicitamente si era macchiato, fingendo di non vedere o di non sentirsi responsabile.
Till è un film giusto, corretto, dalle ottime e insindacabili intenzioni; eppure è anche un film profondamente sbagliato.