Gianluca Zaccaria ne “Il Nostro Generale” su Rai1: « Roberto Peci purtroppo si è trovato in una serie di circostanze avverse che l’hanno portato ad essere il capro espiatorio di una situazione più grande di lui»
La voce narrante è quella di Nicola, il carabiniere arrivato dalla Puglia a Torino per entrare nel gruppo di uomini formato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per combattere le Brigate rosse.
La nuova serie tv di Lucio Pellegrini e interpretata da Sergio Castellitto sceglie un periodo storico cruciale dal 1973 al 1982 (il generale fu ucciso a Palermo il 3 settembre del 1982 in via Carini con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo).
Stratega, molto paterno, legatissimo ai “suoi carabinieri”, il generale inventa un metodo investigativo formidabile: fa infiltrare i carabinieri, che lasciano la vita borghese, si scelgono un nome di battaglia e si mimetizzano, per stanare i brigatisti.
“Il Nostro Generale” vede un cast di interpreti di prim’ordine a cominciare dal suo protagonista assoluto che è Sergio Castellitto.
A far parte di questa squadra troviamo anche Gianluca Zaccaria (Ph. Gioele Vettraino) , giovane ma altrettanto bravo nel ruolo di Roberto Peci. Realmente esistito negli anni ’80, è fratello di Patrizio Peci, il primo brigatista che collaborò con la giustizia e con il generale Dalla Chiesa mandando in carcere uomini chiave delle BR.
Roberto verrà rapito e tenuto in ostaggio per 55 giorni, diventando poi il fulcro di un processo farsa creato per non far passare la legge sui pentiti. Ne abbiamo parlato con lui.
***
Gianluca, cosa ti ha portato a dire sì a questa serie tv?
E’ stato molto interessante lavorare su un uomo realmente esistito. Gli anni di piombo io non li ho vissuti direttamente ma grazie ai racconti di altri; questa fiction mi ha permesso di approfondire.
Tu conoscevi la storia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa? Per te cosa rappresenta?
I libri che ci fanno studiare a scuola si fermano molto prima. Approfondire la sua figura mi ha arricchito e mi ha portato ad un’ulteriore crescita personale.
Come ti sei preparato per essere Roberto Peci?
Mi hanno aiutato molto diversi video in rete, documentari e video di repertorio. Ho imparato il marchigiano e ho cercato di capire al meglio quale fosse la sua reale condizione psicofisica.
Come lo descriveresti?
E’ stato molto leale nei confronti di suo fratello, nonostante venga poi tradito da lui stesso sul finale della storia. Non è stato un brigatista ma purtroppo si è trovato in una serie di circostanze avevrse che l’hanno portato ad essere il capro espiatorio di una situazione più grande di lui. Ha sempre cercato una via di fuga e una sua strada. Prima che accadesse quello che poi è successo, aveva fatto domanda per diventare carabiniere, respinto per le scelte del fratello già noto alle forze dell’ordine.
Per lui le Brigate Rosse erano sinonimo di?
Le azioni che compiva il fratello. In ogni momento, la famiglia era in ansia per lui; temeva di avere la notizia della sua morte. Viene fatto passare per traditore dalle BR ma non è stato così.
E lo Stato?
E’ stato fondamentale per restituirgli ciò che gli era stato tolto. L’arresto di Patrizio è stato un sollievo per la famiglia.
Com’è stato far parte di una serie tv di una serie tv dal messaggio così forte?
Motivo di grande orgoglio. E’ stato bellissimo interfacciarsi con un prodotto televisivo così forte e con una squadra di lavoro così alta.
Tu sei piuttosto giovane ma sei un vero talento. Perchè scegliere proprio questo mestiere?
Non avrei pensato di fare questo, i piani erano diversi. E’ tutta “colpa” di alcuni corsi di teatro che mi hanno portato sul palcoscenico provando poi emozioni fortissime. Da lì, ho cominciato.
Cosa significa essere attore?
Sono ancora alla ricerca, sono mosso da tanta curiosità e ancora per il momento è meglio non rispondere perchè sono solo all’inizio del mio percorso.
Nuovi progetti?
A marzo sarò ne Il patriarca di Claudio Amendola su canale 5.