CIRO D’EMILIO
regista de “L’ora – Inchiostro contro piombo”:«Portiamo in tv la passione e il coraggio di un gruppo di giornalisti che per la prima volta ha sfidato un gigante apparentemente insormontabile»
L’Ora è stato il primo giornale che ha avuto il coraggio di mettere in prima pagina la parola “mafia”, un coraggio come pochi in quei difficili anni per la Sicilia e per l’Italia. “L’ora – Inchiostro contro piombo” è la fiction di Canale5 in onda da mercoledì 8 giugno che ha tenuto incollati al piccolo schermo molti spettatori.
Claudio Santamaria interpreta Antonio Nicastro chiamato a Palermo a dirigere il quotidiano L’ora che vive un momento di crisi. Nel cast anche Maurizio Lombardi, Daniela Marra e Francesco Colella. La serie tv, coprodotta da RTI e Indiana Production, è diretta da Piero Messina, Stefano Lorenzi e Ciro D’Emilio (Ph. Kimberly Ross e Floriana Di Carlo); noi siamo riusciti a sentire proprio quest’ultimo.
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Ciro, com’è nata l’idea di portare in scena questa fiction?
L’ idea nasce dopo un lungo percorso di ricerca svolto prima da Stefano Lorenzi, uno dei tre registi della serie, e dopo dagli autori Ezio Abbate, Claudio Fava e Riccardo Degni. Un percorso lungo, complesso e ambizioso.
Una volta trovati i fondi per essere realizzata (ci sono voluti svariati anni) la Società di produzione Indiana production company, insieme a RTI e a dei co-produttori internazionali, hanno assegnato a Piero Messina la supervisione artistica e la prima regia di tutto progetto.
In seguito poi sono stato contattato anche io, e insieme al team di regia ho collaborato alla creazione del mondo visivo e alla costruzione dei personaggi della serie Tv “L’Ora”. C’era la voglia di fare qualcosa di diverso, e provare a raccontare la Sicilia e la mafia in una maniera nuova, forse mai vista in precedenza.
Tutto questo non sarebbe stato possibile se non fosse stata data a Piero e di conseguenza a noi la libertà di sperimentare e di ricercare spunti, colori e toni per un prodotto televisivo che in passato pochi o forse nessuno aveva mai realizzato.
Tu conoscevi L’Ora di Palermo?
Ero a conoscenza dell’esistenza di un giornale siciliano che in passato aveva dato del filo da torcere alle organizzazioni mafiose, ma è stato questo progetto a farmi conoscere più da vicino e nello specifico l’epopea de L’ORA.
Un tuffo meraviglioso attraverso la conoscenza di quelle umanità e di una vocazione nobile come quella del giornalismo e dell’essere giornalisti.
Cosa significava in quegli anni fare il giornalista, secondo te?
Per chi lo faceva con passione e serietà significava sicuramente ricercare con ossessione e impegno civile la verità delle cose. Anche attraverso dei compromessi a volte, che inevitabilmente potevano mettere in repentaglio la propria vita. Significava osservare, studiare, informarsi, essere curiosi, e tantissimo altro.
Ed oggi?
Oggi mi piace pensare che c’è ancora qualcuno che prova a fare la stessa cosa. Dovremmo domandarci forse se questi sono una maggioranza oppure una minoranza.
Ma dopo aver lavorato a questo progetto credo che sarebbe giusto scegliere questo mestiere come vocazione e con una passione smisurata. Soprattutto se parliamo dell’ambito della cronaca e della ricerca della verità in tutti i campi.
L’arrivo del nuovo direttore interpretato da Claudio Santamaria porta molto scompiglio, perché?
L’arrivo del nuovo direttore porta scompiglio perché Antonio Nicastro (figura ispirata allo storico direttore de L’Ora, Vittorio Nisticò) cambia completamente paradigma. Mette in chiaro da subito la nuova linea e chi non è d’accordo può non farne parte. Ma chi resta sa benissimo che non può più tornare indietro.
Lui è sicuramente un uomo con una grande ambizione e con un grande coraggio. Una forte personalità che diventa fonte di ispirazione soprattutto dei giovani giornalisti de L’Ora. Non è un caso che decida di creare una separazione netta con quelle che lui definisce “le veline del partito” e le notizie che invece intende cercare anche “a costo di spaccarsi la testa”.
La parola MAFIA in quel preciso periodo storico cosa significava?
Come spesso abbiamo sentito dire anche da personaggi appartenenti storicamente alle organizzazioni a stampo mafioso, la parola mafia nel gergo popolare antico addirittura era affidata a sinonimo di bellezza.
In seguito è divenuta innominabile perché utilizzata per individuare quei gruppi minoritari che con violenza e atteggiamenti di ritorsione soggiogavano un numero sempre più vasto di persone, quasi sempre vittime di un sistema fatto anche di connessioni e collusioni con gli organi dello Stato.
Ecco perché quello che fece L’Ora, piccolo giornale del pomeriggio palermitano, fu una vera e propria rivoluzione. E mise le basi per quello che oggi conosciamo come giornalismo di inchiesta.
Coraggio e dignità accomuna la redazione de L’Ora che portate in tv, sei d’accordo?
Assolutamente. Ma significa anche tanto altro. Significa amore per la libertà, per la verità. Significa sacrificio, significa vita e purtroppo ha significato nella storia che conosciamo anche morte.
Tu e gli altri due registi avete unito un cast eccezionale per questa fiction. Per quali motivi avete scelto proprio loro?
La fase dei casting è durata tantissimi mesi. La stessa libertà creativa che prima citavo è stata il nostro punto di partenza. Abbiamo provato tantissimi attori e tantissime attrici. E questo ci ha aiutato tantissimo anche a conoscere fino in fondo i personaggi che avremmo dovuto mettere scena.
Ogni attore ed ogni attrice che abbiamo scelto non solo ha stupito noi per le proprie specificità, ma ci ha aiutato tantissimo per la costruzione di carne e anima dei personaggi che avrebbero dovuto interpretare.
Partendo dal grande lavoro di precisione e generosità svolto da Claudio Santamaria, passando poi per il grande calibro portato da attori come Maurizio Lombardi, Francesco Colella, Fabrizio Ferracane, Lino Musella, Josafat Vagni, Marcello Mazzarella e Orlando Cinque.
Lo stesso vale per le attrici che con piglio, forza e determinazione hanno fatto proprie le caratteristiche storiche e umane del femminile de L’Ora. E mi riferisco a Daniela Marra, Silvia D’Amico, Tiziana Lodato, Selene Caramazza.
E infine le piacevoli e non scontate scoperte o conferme di giovani talentuosi come Giampiero De Concilio, Giorgia Spinelli, Daniela Scattolin, Bruno Di Chiara, Giovanni Alfieri e Samuele Segreto.
L’elemento della qualità credo valga anche per tutti gli altri attori e tutte le altre attrici che hanno interpretato gli altri personaggi della serie.
Cosa ti piacerebbe arrivasse al pubblico di questa serie tv?
La passione e il coraggio di questo gruppo di giornalisti che per la prima volta ha sfidato un gigante apparentemente insormontabile. L’umanità e le emozioni vissute in prima persona da uomini e donne che hanno scritto una pagina storica del nostro paese.
Tu perché hai scelto proprio questo mestiere?
In realtà ancora non l’ho capito davvero. Sicuramente per provare a lasciare un segno, costringendomi quindi alla scelta di un punto di vista. E poi forse per la passione e per l’interesse che ho per gli esseri umani e per il grande potere della loro diversità.
Cosa significa essere regista per te?
Scavare dietro il superficiale, rivelare un conflitto e trasmettere emozioni universali, che qualsiasi essere umano di ogni parte del mondo e ceto sociale possa comprendere e provare.
I tuoi prossimi progetti?
In autunno uscirà il mio secondo film dal titolo “Per niente al mondo” con protagonista Guido Caprino. E poi inizierò presto le riprese per una serie televisiva, un progetto molto ambizioso e importante.