Ettore Nicoletti
un volto cesenate, sempre più apprezzato: «Dico ai miei allievi non giudicarsi»
E’ in scena a Milano al Teatro Elfo Puccini come coprotagonista in una data speciale della piece teatrale “The Boys in The Band” in occasione delle celebrazioni del Milano Pride 2022; sta raccogliendo il grande successo della serie “Arthur” in cui è l’assoluto protagonista: si tratta di una serie svizzera prodotta dalla RSI in cui interpreta un serial killer che decide di smettere di uccidere, è una black comedy di enorme successo che vince al Festival World Web Series Cup come migliore serie web del mondo e poi approda in tv.
A luglio sarà al Festival Cesenatico Noir, il festival di letteratura noir con la direzione di Stefano Tura, inviato Rai a Londra e da poco direttore Rai3 sezione Emilia Romagna, dove ogni anno realizza varie performance e letture di brani tratti dai libri degli scrittori invitati.
A Settembre uscirà il podcast DREAMSCAPES basato sul libro “TERROR IS OUR BUSINESS” di Joe & Kasey Lansdale, un radio dramma prodotto da Kasey Lansdale, la figlia del famoso scrittore Lansdale.
E’ inoltre in due film di prossima uscita, “Il Giardiniere” di Marco Santarelli, prodotto da Kavac Film e “999 l’altra anima del calcio” per Oblivion Film con la regia di Rizzo Federico.
Infine porta avanti la sua scuola e compagnia di improvvisazione teatrale “THEATRO”, di cui è preside, direttore artistico e parte del corpo insegnante.
Lui è Ettore Nicoletti, un bravo attore che si sta facendo largo tra i grandi, dividendosi tra cinema e teatro. Abbiamo un po’ chiacchierato con lui.
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Ettore, partiamo dalla tua ultima fatica, ovvero “The Boys in The Band”: per quali motivi hai accettato questo progetto teatrale e come descriveresti il tuo personaggio?
Non conoscevo il testo prima di incontrare il regista Giorgio Bozzo. Ricordo che lo lessi tutto d’un fiato una notte a Milano poi subito guardai la versione cinematografica di Friedkin dei primi anni Settanta.
Ho sentito subito la sua potenza, sia come lavoro attoriale che per i temi affrontati. Ho pensato che ancora oggi c’è il rischio di reprimere l’espressione delle proprie emozioni e della propria identità e che questo spettacolo sarebbe stato utile.
“The Boys In The Band” ha fatto il suo primo debutto a New York a fine anni sessanta, contando più di mille repliche e diventando il manifesto di un movimento necessario che ha portato all’affermazione di diritti umani fondamentali.
La libertà è qualcosa che dobbiamo difendere con tutte le nostre forze. Non ho avuto dubbi e il giorno dopo ero nello studio di Bozzo a leggere il copione insieme agli altri attori. In più mi affascinava interpretare un personaggio omosessuale, non conoscevo il suo modo di essere e mi incuriosiva tantissimo scoprirne la forza e le fragilità.
Hank il mio personaggio è un insegnante di matematica che sta divorziando dalla moglie con la quale ha due figli, e convive con il suo amante a New York. E’ una persona sensibile, molto formale, silenziosa e all’interno del gruppo di amici è forse quello più moderno e risolto, che ha accettato la sua identità.
Sta spesso in disparte, è bersaglio delle battute dei suoi amici, incassa bene ma rimane centrato, forte e sicuro del suo amore per il compagno per il quale vive una profonda gelosia e con il quale si scontra sulla visione di coppia.
Grande successo anche per “Arthur”, qual è il suo segreto?
Amo Arthur in tutte le sue sfaccettature, dettagli, movenze. Lo sento dentro di me costantemente. Sì, lo so, è un serial killer ma parlo della sua umanità, so benissimo dove sta e mi basta un click per farlo venire fuori.
Il segreto di Arthur, il suo fascino, sta nel perfetto equilibrio tra la parte oscura e la sua ironia. La commedia nera. Con un tocco di surreale. Un antieroe che ammalia il pubblico, che subito sta dalla sua parte, ne sente le emozioni nascoste e i pensieri, capisce come si sente ed empatizza.
Il pubblico fa il tifo per lui, vuole che riesca nel suo intento di smettere di uccidere e allo stesso tempo insieme a lui non riesce a resistere alla voglia di vederlo commettere l’ennesimo delitto. Per interpretare un personaggio così complesso la prima cosa da fare è sospendere il giudizio.
E portare con te il pubblico a fare la stessa cosa. Sono uscite le prime due stagioni della serie e il successo è stato strepitoso. La serie, nata come web series e approdata poi nelle Tv Svizzera RSI e su Playsuisse, ha addirittura vinto la World Web Series Cup di Berlino come miglior serie del mondo!
Mi fa ancora effetto dirlo. In tutti noi c’è un po’ Arthur, ne sono sicuro. La sua ironia, il suo fascino, le sue fobie lo rendono irresistibile. In Italia la produzione sta prendendo contatti con le grandi piattaforme web e spero che presto vada in onda anche nel nostro Paese.
Intanto ci sono ancora le prime due stagioni disponibili su YouTube se volete dare un occhiata. Non ne potrete fare più a meno vi ho avvertito. Stanno scrivendo la terza stagione…… ma non posso dire nulla!
Tu e la recitazione: quando è scoccata la scintilla e perché?
La prima volta che ho messo un piede sul palcoscenico è stata a 8 anni, nell’operetta parrocchiale “Bianca neve e i 7 nani”. Io ero il secondo nano. E mi sentivo figo, perché insomma non ero il primo ma comunque stavo sul podio!
Ero il nano che si innamora di Biancaneve e per me è scoccato l’amore per il Teatro. Ho sentito che quel posto mi apparteneva, che mi sentivo libero e felice su quelle ali, davanti ad un pubblico a cui potevo regalare delle emozioni.
Devo essere sincero, mi innamorai anche della ragazza, molto più grande di me, che interpretava Biancaneve. Passai una estate intera a cantarle serenate sotto la sua finestra. Ma questa è un’altra storia, senza il finale “e vissero felici e contenti” ovviamente. Avevo otto anni.
Hai sempre voluto far questo nella vita oppure era il piano b?
Io nella vita non ho mai avuto un piano. Nè A nè B. Ho sempre vissuto il presente con voracità. Sono stato un musicista, ho studiato Fisica a Bologna, ho gestito dei locali e me ne sono aperto uno tutto mio, il Legö, locale di riferimento per la musica dal vivo a Cesena, la mia città natale, e ho fatto radio.
Poi quell’amore nato mentre cantavo la bellezza di Biancaneve, è tornato, forse come un semino è cresciuto piano piano e mi sono ritrovato a studiare recitazione e teatro a Berlino in una scuola russa con un grandissimo maestro che mi diceva “Theatre is like looking for a black cat in a black room” e altre frasi surreali, criptiche ed ermetiche.
Mi ricordo quanto mi divertivano e affascinavano al tempo stesso. Ecco, da quel momento mi sono messo alla ricerca del gattino nero. Lo sento miagolare e ogni tanto riesco ad accarezzarlo, sempre più spesso.
Ed è ogni volta un evento emozionante. Come i gatti il teatro è indipendente, libero, se vogliamo anche ruffiano, in senso buono, ma quando ti da amore è un momento magico.
Cosa significa essere attore per te?
Essere libero e vivo. Mi da la possibilità di conoscermi meglio, di scavare nelle mie parti più nascoste, affrontarle ed esprimerle. Mi permette di sognare, ho sempre avuto un mondo fantastico e immaginario dove rifugiarmi da piccolo ed essere un attore tiene in vita quel bambino e mi da la possibilità di continuare a giocare.
Posso giocare con il tempo, con le forme, con i personaggi, senza giudizio con la sana follia di chi crede che il teatro possa cambiare la vita. Recitare mi porta ad esplorare il mondo umano, a osservare con curiosità, a capire, a empatizzare.
E’ una forte scuola di empatia. Insomma, recitare è un gioco fantastico e cosa c’è di più bello di giocare tutta la vita, in maniera seria s’intende, ma è così che fanno i bambini. Sento forte anche una sorta di responsabilità artistica verso la comunità, il pubblico, il mondo.
Sei nato a Cesena. L’Emilia Romagna può offrire e dare un futuro alle nuove leve?
Si. Io vivo ancora a Cesena, anche se spesso sono fuori casa, sui set o nei teatri. Ma l’Emilia Romagna è una regione molto vivace e florida, con una forte attenzione all’attività culturale, teatrale e di intrattenimento.
Ci sono ottime scuole e tanti bravissimi talenti e rappresentanze. La Film Commission è attiva e attenta. Credo che non sia più così necessario trasferirsi per fare questo mestiere. Anzi, diamo valore alle nostre origini, creiamo in casa! Poi oggi è veramente tutto a portata di mano, con le call e Skype si può fare di tutto.
Tante audizioni vengono fatte con i self tape o le videocall.
Non solo tanto studio in Italia, ma anche all’estero. Com’è il modo di approcciarsi alla recitazione negli altri paesi rispetto al nostro?
Ho avuto la fortuna (e me la sono cercata tutta eh!) di studiare a Berlino e a Parigi. Ho seguito una scuola russa, una americana e studiato con gli insegnanti del London Drama Centre. Non credo che ci sia tanta differenza, nell’approccio.
Noi in Italia abbiamo delle scuole davvero importanti e ottimi insegnanti. Prendiamo la recitazione con lo stesso rispetto e con la stessa professionalità di quanto fanno all’estero. Sta ad ogni attore trovare il proprio metodo di lavoro.
Certo, abbiamo energie diverse, culture diverse e modi di esprimerci molto differenti, ma questo ci distingue e ci rende unici. Quello che ho notato all’estero è una considerazione maggiore dell’artista, un rispetto, una tutela verso il suo lavoro che in Italia spesso manca.
Hai una scuola di improvvisazione teatrale, com’è nata?
E’ nata nel 2009, dopo che ho frequentato dei corsi di Improvvisazione a Bologna. Ho sentito subito la potenza di questa arte, l’atto creativo sul momento e davanti ad un pubblico, un teatro senza testo, senza premeditazione e che apre le porte a qualsiasi possibilità. Il brivido del lasciarsi andare all’istinto.
Ho sentito il bisogno di esplorare questo territorio in profondità e insieme a dei colleghi abbiamo aperto la scuola, prima per diventarne proprio i primi allievi, scegliendoci gli insegnati che ritenevamo più interessanti, e poi diventando noi stessi insegnanti. Ora la scuola è cresciuta tantissimo, abbiamo quasi un centinaio di allievi e abbiamo anche costituito la compagnia e il centro di produzione.
Cosa cerchi di trasmettere ai tuoi allievi?
Di non giudicarsi, lasciando alle spalle la logica del “giusto e sbagliato”. Di stare nel proprio corpo con sincerità, accettando e abbandonandosi al proprio istinto, la propria emotività. Di vivere il presente.
Di giocare con gioia e divertirsi. Di accettare le proprie fragilità, mostrando le vulnerabilità, rendendo tutto questo un punto di forza. Ma anche la responsabilità del messaggio che stanno portando come artisti. Cerco di trovare insieme a loro, perché io imparo da loro tanto quanto loro imparano da me, uno sguardo “straordinario” sulla vita.
I tuoi prossimi progetti?
Sarò a Roma per girare una puntata di “Amore Criminale”. Sono legato da tanto tempo a questa produzione e credo che svolgano un lavoro prezioso e molto utile. A fine giugno, il 29, sarò a Milano Al Teatro Elfo Puccini con “The Boys In The Band”.
A luglio a Cesenatico sul palco del Cesenatico Noir Festival a dare voce, immagine, e forma ai libri dei più importanti scrittori di noir italiani ed esteri. Sto scrivendo una sceneggiatura per un film e un monologo teatrale molto intimo.
Mi ricongiungo inoltre con il mio collettivo internazionale “gli Eredi” insieme al regista parigino Benoït Felix Lombard e al londinese Henry Paul Miller per riprendere la nostra collaborazione in campo teatrale e attendo l’uscita dei due film che ho appena finito di girare.
Porterò a termine un importante progetto teatrale con ragazzi disabili e…. Ah le vacanze! Si andrò in vacanza, ancora non so dove, ma sulla sella della mia Royal Enfield. Sto cambiando casa e vi assicuro che è super stressante, pensavo “che bello, seguo un po’ i lavori, imposto il mood della casa ed è fatta!”.
Ragazzi è un disastro! Ahahahahah rido… ridiamoci su che è meglio. E poi chissà. Intanto cerco di vivere al meglio il presente. Credo che la felicità stia nel godersi ogni singolo attimo presente con onestà e occhi curiosi. Sì lo so, è difficilissimo ma bisogna provarci, allenarsi a farlo costantemente.