ADELMO TOGLIANI
ADELMO TOGLIANI

ADELMO TOGLIANI

volto noto e tantissimi progetti che lo vedono coinvolto

ADELMO TOGLIANI

Dopo vari sold out, “MARIA STUART” (in scena al Castello Brancaccio di San Gregorio da Sassola il 27, 28 e 29 maggio) di Friedrich Schiller – la nuova creazione di teatro itinerante di Carlo Fineschi – continua ad essere in tournée nel Lazio.

Si tratta di una produzione L’Albatro in collaborazione con Nutrimenti Terrestri e con il contributo di NUOVO IMAIE, è un’esperienza immersiva che conduce il pubblico nell’Inghilterra del 1587, alla corte della regina Elisabetta I.

La tragedia di Schiller, qui riadattata dal regista, ruota intorno alla fondamentale antitesi amore/politica: da un lato il mondo di Maria, che è amore bellezza moralità e morte, dall’altro il mondo di Elisabetta I, che è politica necessità, ipocrisia e trionfo apparente.

Nel cast troviamo anche il bravissimo Adelmo Togliani, volto che il pubblico già conosce, qui nelle vesti di Lord Leicester.

Ha appena terminato la regia – a quattro mani con Daniele Di Biasio – del documentario biografico “Parlami d’Amore“, in co – produzione con Rai, sulla vita di suo padre Achille Togliani; si tratta di un documentario che ripercorre, attraverso materiali di repertorio di natura privata dell’archivio Togliani e materiale proveniente dalle teche Rai, la vita professionale e privata di Achille Togliani.

Inoltre fa parte del corto “L’estate di Virna” con Anna Safroncik, film di genere dramedy girato a febbraio 2022 a Lecce.

Ne abbiamo parlato con lui.

 

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Adelmo, in queste settimane sei in tournée con lo spettacolo “MARIA STUART”. Cosa ti ha spinto a dire di sì?

Ritengo Carlo Fineschi un regista innovativo e mai banale. Le sue messe in scene non sono mai scontate e l’idea di tornare a lavorare con lui e la Compagnia Albatro mi ha subito allettato. Se mi chiedesse di recitare la lista della spesa accetterei ugualmente perché so per certo che saprebbe inventarsi qualcosa di originale anche lì.

Che tipo di lavoro è stato fatto per mettere in scena il riadattamento dell’opera di Schiller?

Normalissime prove a tavolino e in piedi. Il bello viene dopo…quando prendi possesso degli spazi dove si terrà la messa in scena.

La caratteristica principale di questo di tipo di spettacoli immersivi è che le location non sono mai le stesse. Cambiano di volta in volta. Adattiamo lo spettacolo a situazioni diverse. Anche il numero del pubblico pagante cambia, così come la loro posizione.

Questo è uno stimolo incredibile per un attore, può concedersi qualche variazione sul tema e riproporre ogni volta qualcosa di veramente nuovo.

Tu sei Lord Leicester. Come lo descriveresti?

Il personaggio è un doppiogiochista. Tenta di conquistare la regina Elisabetta ma, quando vede che la cosa non può accadere, cerca di salvare Maria Stuart per ottenerne la mano. Il suo obiettivo è solo la scalata sociale, un vero arrampicatore.

Non è la prima volta che sei diretto da Carlo Fineschi, com’è stato ritrovarlo?

Fineschi è dotato di una calma ‘zen’. Ti mette a tuo agio ma sa benissimo ciò che vuole e alla fine lo ottiene sempre.

Personalmente mi lascia molta libertà, sono un istintivo e anche se vengo dal teatro i dogmi per me vengono dopo. Con lui ho un rapporto speciale. So che ha bisogno che un attore porti la storia e con essa il pubblico, da un punto A a un punto B.

Con lui il percorso può subire delle variazioni sul tema, anche se è necessario e indispensabile arrivare comunque al punto B. Quindi il bello è il ‘come’ ci arrivi. Per rendersene conto bisogna vedere lo spettacolo.

Una tua ultima fatica è stato il cortometraggio “L’estate di Virna”. Cosa ci puoi anticipare?

 Il cortometraggio per la regia di Alessandro Zizzo, che abbiamo prodotto con Laura Beretta e il contributo di Apulia Film Commission e Argos Energia, parla delle stagioni dei sentimenti.

Virna, interpretata da Anna Safroncik, non ha intenzione di scendere a compromessi nella sua relazione con Giulio, non accetta che nella loro relazioni possano esserci dei momenti di stanca.

Per lei è sempre estate e quindi vorrebbe che fosse così anche per il suo partner ma, come sappiamo, nella vita non si possono avere le ‘farfalle nello stomaco’ sempre.

I momenti bui vanno affrontati accettando compromessi di ogni sorta. Virna è disposta a farlo? E se sì, fino a quando?

Un altro lavoro molto importante è il documentario “Parlami d’Amore” di cui firmi regia e sceneggiatura, come nasce l’idea di questo progetto?

Una sera ero a cena con il documentarista Daniele di Biasio che mi ha detto: “Tutto il lavoro di tuo papà, del suo archivio filmico, fotografico e sonoro, tenuto così meticolosamente da lui stesso in vita, merita un omaggio.

Rendiamogli onore altrimenti sarà stato tutto vano”. Era il momento giusto, ormai avevo la maturità per affrontarlo. Prima non ne sarei stato capace.

Lo scorso anno Rai Documentari è entrata in co-produzione con la mia società e questo oltre a darmi una grande gioia, ha offerto al documentario la possibilità di approdare ad un grande palcoscenico.

Papà ha iniziato a lavorare in Rai alla fine degli anni ’40, il rapporto è stato indissolubile. Si può dire che come cantante, insieme ai suoi colleghi, ha contribuito alla sua affermazione e viceversa.

Che tipo di padre è stato Achille Togliani?

Mio padre, come ho detto tante volte, è stato una persona severa, ma anche un goliardo, uno che amava la vita. Conosceva profondamente il mondo, bastava ascoltarlo nei suoi racconti per capire come funzionavano le cose.

Eravamo molto legati. È stato capace di trasmettermi una passione che non mi abbandonerà mai: il cinema. Questo amore ci univa indissolubilmente. Ancora oggi adoro vedere i film di notte, come facevo una volta con lui.

Cosa porti di lui sempre con te?

L’etica del lavoro. Spesso, mio malgrado, porto il lavoro dentro le mura di casa, non è un bene lo so, ma in questo ho preso proprio da lui.

Sei attore e regista, ma quali fini hanno queste due professioni nei confronti del pubblico?

Il fine è il gradimento del pubblico e della critica, ovvio. Anche se per un artista, attore o regista che sia, il proprio ego ha bisogno di soddisfazione e questa non sempre passa dall’apprezzamento di questi due soggetti.

Il regista ha sicuramente maggiori responsabilità e offre sul piatto una sua visione delle cose e del mondo. L’attore invece è più spesso al servizio di una storia, di un punto di vista che può essere del regista come dello sceneggiatore; ha meno libertà e per questo vive un enorme paradosso: viene illuso che sia l’anello più importante della catena, quando invece ne è più la vittima.

Passo da un ruolo all’altro proprio per riequilibrare questi due stati di vittima e carnefice, un po’ regista e un po’ attore quindi.

I tuoi prossimi progetti?

Sto preparando una serie di fantascienza in sei episodi scritta insieme a Gianni Quinto. Non posso dire ancora molto, solo che dopo il successo di alcune mie opere di cortometraggio come La Macchina Umana e Néo Kósmo, ho capito che c’è bisogno di parlare di certi temi di forte attualità e che ci riguardano sempre più da vicino.