PAOLA LAVINI
“La ballata dei gusci infranti”: «Gli scossoni non sono ancora finiti visto il periodo storico che stiamo vivendo, i sentimenti e la vita continuano ad essere molto movimentati»
È il 2016 e nella cornice dei Monti Sibillini vivono quattro famiglie. Al centro del racconto c’è Jacopo, che gira per boschi citando Dante e omaggiando ogni giorno la bellezza della natura.
Figlio di Alba e Dante, un’attrice e un drammaturgo che vivono in una casa sull’Appennino Marchigiano, amandosi come fosse il primo giorno. A pochi chilometri di distanza vive Lucia, che appena abbandonata dal marito, si ritrova a gestire una fattoria da sola; mentre a iniziare un nuovo capitolo del loro amore ci sono David ed Elisabetta, in attesa del primogenito.
L’ultimo arrivato è invece Don Ghali, giovane parroco africano, giunto a gestire una piccola parrocchia. Accomunati dall’appartenenza a quei luoghi, questi personaggi lo saranno presto anche da un evento tragico che scuoterà la terra.
Il 31 marzo è uscito nelle sale cinematografiche italiane “La ballata dei gusci infranti” di Federica Biondi, un film che restituisce la bellezza dei monti ed il senso di rinascita dopo l’urto.
Tra gli interpreti troviamo la sempre brava PAOLA LAVINI che ancora una volta eccelle per la sua bravura.
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Paola, cosa ti portato a dire sì a questo film?
Mi piaceva molto l’idea di lavorare con una produzione nuova, giovane ed energica. Inoltre con il ruolo di Lucia sono tornata alla mia essenza, ovvero alla campagna e agli animali come facevo con mio nonno da bambina.
Ci spieghi il titolo del film?
Nato dall’idea di una regista donna. Raccontiamo del terremoto del 2016 nelle Marche. I gusci infranti sono i rifugi non più sicuri come prima e la ballata è di fatto la terra che si muove. In un certo gli scossoni non sono ancora finiti visto il periodo storico che stiamo vivendo, i sentimenti e la vita continuano ad essere molto movimentati.
Tu sei Lucia, come la descriveresti?
Lei è indipendente sotto ogni punto di vista; è stata lasciata dal marito ma ciò nonostante prende in mano l’azienda e il caseificio. E’ una donna molto forte, a tal punto che lavora lei stessa i campi. E’ fatta di silenzi, parla con gli animali e si esprime in dialetto marchigiano. E’ sola, l’unico che le darà una mano sarà Jacopo.
Possiamo dire che questo è un vero e proprio film corale che racchiude tante storie, ma cosa accomuna tutti i personaggi?
Tutto si svolge nello stesso territorio. Ogni personaggio ama profondamente la propria terra che decide di non lasciare.
Permea per tutto il film la poesia che sembra unire ogni singola storia che viene raccontata, è così?
Certamente, a partire dal titolo del movie. Si parla con i versi di Dante; si racconta un paesaggio prima e post terremoto, un paesaggio che deve essere visto piuttosto che raccontato.
Potremmo dire che vediamo un film sull’amore ma anche sulla rinascita?
Assolutamente sì. Gli abitanti devono ricominciare dall’inizio; tutti hanno perso qualcosa ma non mollano, anzi resistono ricostruendo.
A fare da cornice perfetta è sicuramente la natura che diventa quasi un’altra protagonista della pellicola, giusto?
Sì. I paesaggi sono un incanto. Lucia ad un certo punto nel film abbraccia un albero acquisendo un aspetto meditativo. Quei luoghi infatti sono un salto nell’infanzia e un salto nella famiglia che non c’è più.
Cosa ti piacerebbe arrivasse del film al pubblico?
A questo film ho dato tutta me stessa. Vorrei che questi luoghi non fossero dimenticati, stanno resistendo e devono essere ricostruiti.
Nuovi progetti?
Il 28 aprile esce al cinema “Anima bella” di Dario Albertini. Girerò “Mangia!” di Anna Piscopo.