SARA CARDINALETTI in “Ghiaccio”
Diretta da Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis
1999, Roma. Giorgio, giovane promessa della boxe, vive con la madre nella periferia degradata della città. Il padre, assassinato anni prima, ha lasciato in eredità al figlio un debito con la malavita che non gli permette di essere un uomo libero.
Con l’aiuto di Massimo, che ha un passato nella boxe e vede nel ragazzo il grande campione che lui non è riuscito a diventare, Giorgio ha finalmente la possibilità di riscattarsi, entrando nel mondo del pugilato professionistico.
Ma la malavita di periferia non lascia mai scampo a chi non si piega alle sue regole. Vision Distribution ha annunciato l’uscita al cinema come evento il 7, 8 e 9 febbraio 2022 di “Ghiaccio“, il film che segna l’esordio alla regia cinematografica del cantautore Fabrizio Moro insieme ad Alessio De Leonardis.
I due registi affrontano il grande schermo da combattenti perché affrontare quello che è ormai un genere ampiamente codificato come il cinema che abbia al centro la boxe richiedeva già sulla carta uno spirito combattivo contro gli stereotipi narrativi che in esso si sono stratificati nel corso dei decenni.
La coppia Marchioni – Ferrara come confronto allievo-maestro hanno entrambi un passato rispetto al quale, seppur con ragioni profondamente diverse, cercare un nuovo futuro, funziona ed è credibile. A far parte di quest’opera prima, troviamo Sara Cardinaletti, volto già noto per bellezza e bravura.
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Sara, innanzitutto raccontaci perché hai detto sì a questo film?
In realtà è il film che ha scelto me, oltre ai due registi. C’è molta verità in questo film e in un certo senso una prospettiva che anch’io nella vita ho vissuto da vicino.
Perché chiamarlo proprio “Ghiaccio”?
Il ghiaccio come anestetico alle ferite del sacrificio.
Ci racconti un po’ chi sei nel film?
Sono una moglie innamoratissima di suo marito e dei suoi due figli. Casalinga, dolce e cazzuta quanto basta.
Giacomo Ferrara e Vinicio Marchioni sono due pugili, che uomini sono?
Giacomo Ferrara ( Giorgio) è un ragazzo che sta cercando di capire chi è realmente e di conseguenza quale strada intraprendere. Vinicio Marchioni ( Massimo) è la sua linea guida in un certo senso, un maestro per Giorgio. È la figura di padre, amico, fratello. Un uomo di grande sacrificio. Ognuno di noi dovrebbe avere un Massimo, accanto.
Tu e la boxe, come ti sei rapportata a questo sport?
Non ero molto vicina alla boxe, prima di questo film. Non ho mai guardato questo sport da “così vicino”. Ho scoperto la sua filosofia. Posso dire oggi di aver conosciuto dei grandi campioni e uomini dai grandi valori.
Tra i protagonisti del film, troviamo anche Roma e la sua periferia. Come le descriveresti?
Roma ha molte sfaccettature. La periferia, per chi ci è nato, spesso è una realtà dalla quale tu vorresti sempre un po’ evadere. Come se partissi da meno cento punti nella vita per poi accorgerti però, quando cresci, che il senso di condivisione e sacrificio sono le fondamenta invece. La vita non ti ha tolto, ma ti ha dato, regalandoti l’occasione di capire da subito la verità, senza troppe illusioni. Chi è nato in periferia, ha mille occhi. Come un sesto senso.
Sei stata diretta da Fabrizio Moro che esordisce alla regia. Com’è stato?
Fabrizio è una di quelle persone che non parla molto, ma quando lo fa arriva dritto al punto. È un grande osservatore, curioso e rispettoso. Si è affacciato al cinema con grandissima umiltà. Non è da tutti. Alessio De Leonardis, provenendo da molti anni di set importanti ha abbracciato la parte tecnica (fondamentale), Fabrizio invece, ci ha diretti emotivamente.
Hanno trovato un equilibrio vincente, secondo me e il set è stato a tratti magico. Mi sono sentita parte di un branco. Ognuno ha fatto il suo, portando tanto di se stesso.
Seguivi Fabrizio come cantautore? C’è una sua canzone che più di altre ti rappresenta?
Conoscevo Fabrizio per la sua musica ma non personalmente. Otto anni fa circa, i miei amici (impazziscono per lui), mi portarono a vedere un suo concerto. Rimasi colpita dalla verità che trasmette: semplice, diretta, profonda. Mi rispecchio in molti dei testi che ha scritto. “Ognuno ha quel che si merita” , per citarne uno.
Possiamo dire che “Ghiaccio” è un invito a non mollare mai? Perché?
Ghiaccio è decisamente un invito a non mollare. Perché se molli, hai già perso.
Cosa ti auguri arrivi al pubblico di questo film?
Mi auguro possa spronare le persone a migliorarsi sempre nella vita, a non arrendersi. Se prendi tanti pugni, non devi piangerti addosso, ma rialzarti e trasformare quel dolore in un punto di grande forza. Come fa un alchimista. Come fa un pugile. A volte le sofferenze sono delle grandi opportunità di crescita. E quindi delle benedizioni.