LEONARDO MARINI
Sceneggiatore di “Màkari”:
«La parola Emozione è tutto»
Lo avevamo lasciato deciso a cullarsi nei sogni di gloria letteraria sotto il sole della sua Sicilia, accanto al fido Piccionello e in attesa di ricongiungersi all’amata Suleima, volata a Milano per realizzare i propri sogni.
Ancora una volta ritroveremo gli immancabili protagonisti di quest’amatissima serie tv campione d’incassi capitanata da Claudio Gioè.
A firmarne la sceneggiatura è Leonardo Marini, firma di successo.
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Leonardo, innanzitutto perché continuare quest’avventura televisiva?
Io e gli altri sceneggiatori della serie (voglio ed è doveroso citarli: anzitutto Francesco Bruni, head writer della prima stagione e supervisor della seconda, e poi Attilio Caselli, Salvatore De Mola, Ottavia Madeddu, Carlotta Massimi), leggendo i romanzi e i racconti di Gaetano Savatteri, ci siamo subito innamorati di Saverio Lamanna e del suo mondo, ed eravamo quindi prontissimi a ingobbirci sui nostri computer già un secondo dopo aver vergato l’ultima parola della prima stagione.
Ma per andare avanti è stata ovviamente essenziale la risposta del pubblico. Saverio è un personaggio complesso e inconsueto per la media della serialità italiana. Come pure piuttosto insolito è il tipo di commedia che anima i libri di Savatteri e quindi la nostra serie, una commedia squisitamente di parola.
Il calore e l’apprezzamento degli spettatori, quindi, sono stati la migliore conferma.
Perché, secondo te, la prima stagione ha avuto il boom di ascolti?
Immagino che le ragioni siano varie, pensiamo allo straordinario cast di attori, la splendida regia di Michele Soavi, la brillantezza e la verve dell’umorismo e dei personaggi di Gaetano Savatteri!
Mi piace pensare che la ragione principale dell’amore del pubblico sia soprattutto una, cioè il fatto che Makari è in fondo una storia di rinascita: Saverio torna in Sicilia nella più totale disperazione, ha letteralmente perso tutto, non vuole passare neppure da Palermo a vedere suo padre, ma va direttamente a Makari, nella vecchia casa di vacanza, per stare solo, nascondersi da tutti, leccarsi le ferite, e rannicchiarsi nel ricordo della madre, che è morta appunto là qualche anno prima.
Invece a Makari Saverio ritrova il più sincero e impagabile degli amici, Peppe Piccionello, incontra una stupenda ragazza, Suleima, con la quale inizia la relazione più autentica e importante che gli sia capitata da chissà quanti anni, e scopre per sé la possibilità di un nuovo destino, quello di scrittore. Insomma, a Makari per lui comincia una nuova vita.
Come abbiamo lasciato gli amati protagonisti?
Abbiamo lasciato Saverio e Suleima con la consapevolezza che la loro relazione non era soltanto un amore passeggero, una parentesi estiva, ma qualcosa di più serio.
Sul loro rapporto, però, si allungava l’ombra della separazione, perché alla fine Suleima parte per Milano, dove la attende un nuovo lavoro. Che ne sarà di loro?
Questo l’interrogativo con cui si concludeva fondamentalmente la prima stagione. A cui se ne aggiungeva un altro, non minore: Suleima è o non è incinta?
Come li ritroviamo?
Li ritroviamo dopo vari mesi, pronti a vivere un nuovo e sorprendente capitolo della loro storia. Dire di più sarebbe un increscioso spoiler.
Ancora una volta il protagonista indiscusso sarà Claudio Gioè. Per quali motivi avete scelto proprio lui nel ruolo di Lamanna?
Gioè è stata una scelta assolutamente perfetta. Ha interpretato il personaggio di Saverio in maniera straordinaria, sia per la sua notoria bravura attoriale, sia per istinto e sensibilità umana.
Saverio Lamanna è un personaggio difficilissimo, perché è un uomo contraddittorio, irrisolto, carico di sfumature: è un uomo colto, intelligente, navigato, eppure la realtà lo coglie sempre alla sprovvista, come se a tratti non potesse fare a meno di guardarla con gli stessi occhi che aveva da bambino.
Consapevole fino al cinismo, eppure allo stesso tempo immaturo e fragile. Si nasconde con consumata destrezza dietro la maschera dell’ironia e del disincanto, come se la sua più grande paura fosse manifestare senza schermi i suoi sentimenti, la sua verità.
Una maschera che di colpo però sa andare in pezzi, e allora viene fuori il vero Lamanna, col suo coraggio, il suo slancio, la sua generosità. A questo personaggio Claudio Gioè ha dato vita in maniera davvero superlativa, e di questo gli sono infinitamente grato.
Vengono affrontate molte tematiche: dal rimettersi in gioco all’avere una seconda chance, dall’amore per la propria terra all’amicizia sincera. In che modo siete riusciti a coniugare momento drammatici a momenti con il sorriso è il principale componente?
In un certo senso ci ha aiutato molto il personaggio di Saverio, tutti questi ingredienti sono intimamente parte della sua personalità e del suo vissuto. Riguardo all’alternanza di dramma e commedia, direi che tale commistione è alla radice stessa dell’atto di inventare e scrivere storie.
C’è una bella frase di Aldo Busi: “Gratta appena un po’ sulla commedia e viene fuori il dramma, e viceversa. Tutto starebbe nel sapersi fermare in tempo”.
Tra i protagonisti, ritroviamo la Sicilia: cos’ha (e non ha) questa terra?
La Sicilia ha tutto. Non è semplicemente una regione o un territorio. È un mondo. Un mondo che sento mio. Io sono nato a Firenze, ma ho scritto molto di più sulla Sicilia che sulla mia terra. Ormai mi sento quasi più siciliano che toscano.
Fra l’altro anche nel mio personale pantheon di scrittori italiani dominano i siciliani: Verga, De Roberto, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Brancati, Sciascia, D’Arrigo, Camilleri…
Cosa ti piacerebbe arrivasse al grande pubblico di questa seconda stagione?
In generale mi piacerebbe che il pubblico si divertisse quanto ci siamo divertiti noi a scriverla. In termini ideali o emotivi mi piacerebbe che arrivasse quel che abbiamo cercato di esprimere sull’idea di cambiamento.
Tutta questa stagione ruota attorno a qualcosa che sta cambiando fra i nostri personaggi. Il cambiamento fa paura, può essere doloroso o spiazzante, ma è inevitabile, va affrontato, anche per chi, come il nostro Saverio, non riesce a essere né ottimista (ci mancherebbe!), né particolarmente ragionevole.
Tu sei uno sceneggiatore che ha firmato alcuni dei più grandi successi Rai. Cosa significa essere sceneggiatore?
Un grande sceneggiatore un giorno mi disse che il requisito più importante della scrittura cinematografica è essere precisi e che quindi la sola e vera definizione di “sceneggiatore” è “uno che scrive sceneggiature”. Tant’è. Volendo sbottonarsi un po’ di più, direi che secondo me il mestiere di sceneggiatore ha in fondo qualcosa di paradossale, in quanto si tratta dell’autore di un film prima che esista il film.
Esattamente come uno scrittore, lo sceneggiatore spreme quel po’ di anima che ha sulla pagina, ma non piazza il proprio ego bene in vista in copertina. In questo senso è un mestiere che si traduce in una sorta di monachesimo light e di casereccia autoanalisi.
Come nasce una storia?
Nel mio caso all’inizio si tratta sempre di un’intuizione, una sorta di lampo, può essere un’immagine, una semplice frase.
A volte è quasi una divinazione, come se qualcuno mi avesse suggerito uno spunto nel sonno. Se l’interesse e la vaga euforia che provo per questa primaria intuizione riescono a sopravvivere ad almeno una settimana di dubbi e rimuginazioni, allora comincio a lavorarci.
Per chi svolge il tuo mestiere qual è il significato della parola emozione?
È tutto. L’emozione è il vero ossigeno di cui vive un film o una serie. Tutto quello che vuoi dire, che vuoi esprimere, deve arrivare attraverso l’emozione, piuttosto che attraverso concetti o informazioni. Altrimenti meglio scrivere un saggio e chi s’è visto s’è visto.
I tuoi prossimi progetti?
Una serie, ambientata in Sicilia. E dove sennò?