Compagne di ‘gravidanza’ in una clinica di Madrid, Janis e Ana diventano madri lo stesso giorno. Janis è una fotografa affermata, Ana un’adolescente anonima.
La nascita di due bambine crea un legame forte che evolve in maniera simmetrica. Janis ha deciso di crescere da sola la figlia che l’amante, un antropologo forense, non ‘riconosce’ come sua, Ana, ‘abbandonata’ dai genitori sempre altrove, fa altrettanto.
Ma il destino è dietro l’angolo e finirà per incontrarle di nuovo dentro una Spagna che fa i conti col passato e il DNA nazionale.
“MADRES PARALELAS” – dal 28 ottobre al cinema – vede protagoniste Penelope Cruz, Julieta Serrano e Rossy de Palma nel nuovo film tutto al femminile di Pedro Almodovar.
Con La voce umana, monologo di una donna respinta trasformato in una performance pop ed esplosiva, Pedro Almodóvar sperimentava il vuoto e svuotava la sua cassetta degli attrezzi.
Un gesto liberatorio che gli permette oggi di ‘costruire’ altre cose, conservando tuttavia il suo universo, i suoi colori accesi, la pop art, gli affetti speciali.
Si muove qui lungo la sutura di una transizione (politica) ambigua e di un Paese mai davvero ricomposto.
Senza rinunciare all’empatia prodigata ai suoi personaggi, a interessargli visibilmente è la nativa Spagna, a cui torna come da un esilio e che filma non più come territorio mentale, un sogno che impasta coi colori materia proustiana, ma come terra da scavare (letteralmente), riesumando i fantasmi della Guerra Civile.
Ritratto genetico di una nazione, Madres Paralelas è quello che Hollywood definisce, e mai definizione fu più luminosa, un movie motion pictures, immagini (emozionanti) in movimento.
Una formula, magica e chimica, che Almodóvar applica per realizzare i suoi film più belli. Nel suo cinema tutto è movimento, a cominciare dalle emozioni, un’azione ‘di dentro’.