Sei persone sono esauste e sfiancate dalla loro vita grigia, aspirano a diventare dei comici. Dopo aver completato un corso serale sulla stand-up comedy, i sei personaggi devono affrontare la prova finale: salire sul palco. Mentre loro cercano di far ridere il pubblico nella sala del club, tra gli spettatori siede un esaminatore, incaricato di scegliere soltanto uno tra loro, il migliore, per inserirlo in un programma TV. Per i sei, che sognano di guadagnare facendo ridere, è una grande opportunità e per qualcuno è anche l’ultima possibilità per mettersi in gioco e provarci.
Arriva la gran sera, quella che potrebbe cambiare la vita a uno di loro. Uno dietro l’altro i sei comici salgono sul palco per esibirsi, tutti con lo stesso dubbio sulla propria esibizione. Sono incerti, infatti, su che schema seguire, se rispettare i dettami del loro insegnante, che opta per un umorismo sagace e pungente, o andare incontro al gusto dell’esaminatore, propenso verso una comicità più bassa e meno raffinata della precedente. Ma non sono queste le uniche due strade percorribili, perché vi è una terza, un terzo dilemma, che si insinua nella loro mente, ovvero discostarsi dalle due scelte precedenti e percorre una via più originale e personale. Cosa sceglieranno di fare i sei comici in cerca di un esaminatore? Di questo racconta “Comedians”, il nuovo film diretto da Gabriele Salvatores che uscirà in sala a partire dal 10 giugno. Tra i protagonisti traviamo anche il bravo Vincenzo Zampa, attore di cinema e teatro che anche questa volta non delude.
Vincenzo, partiamo proprio da Comedians. Chi sono i comici protagonisti del film?
“Portiamo sul grande schermo persone normali, stanche della loro vita ordinaria e che aspirano a qualcosa di più. Vedono, nel corso di comicità in cui in una serata verranno giudicati, un’opportunità”.
Per quali motivi hai accettato questo progetto cinematografico?
“Avevo già avuto il piacere di essere diretto da Gabriele Salvatores. Mi stimolava l’idea di vestire i panni che negli anni ’80 erano stati di Silvio Orlando; ho cercato di riadattare il personaggio“.
Tu chi interpreti nel film?
“Sono Michele Cacace, un muratore che vuole cambiare vita; vorrebbe la sua esistenza meno ripetitiva, meno faticosa e con un guadagno maggiore. Comprenderà che fare il comico non sarà così semplice come pensava ma che gli costerà molto sudore”.
Come ti sei preparato?
“Ho partecipato a gare di poetry slam nei locali per poter essere giudicato da una platea la sera stessa; cercavo di far ridere. Nel film parlo un pugliese piuttosto generico perché non volevo risultare essere una macchietta caricando troppo. Il grosso lavoro è stato fatto a Trieste con tutto il cast, due settimane prima di iniziare a girare. Inoltre ho visto stand-up comedians”.
“Chi non sa ridere non è una persona seria. Buffone è chi non ride mai”, affermava Chopin. E’ davvero così?
“Assolutamente sì. Bisogna saper ridere di sé stessi, a volte anche delle proprie disgrazie. Ridere illumina gli occhi, le persone e le situazioni; è una fonte ecologica unica”.
Cosa ha significato per te essere diretti da Gabriele Salvatores?
“Scoprire la persona sempre di più, imparare e crescere”.
Tu perché hai scelto di fare l’attore?
“All’inizio volevo fare il cuoco, ho fatto il liceo classico e, dopo aver assistito al laboratorio teatrale di alcuni compagni, ho capito che quella sarebbe stata la mia strada perché in quel preciso momento in cui si esibivano sul palco avrei voluto esserci”.
Quale scopo ha, secondo te l’attore nei confronti della vita?
“Uno scopo politico. Vuol dire farsi portavoce di quello che non va bene, dei pregi e dei difetti della società, vuol permettere alle persone di identificarsi e di rivedere sé stessi”.
E il comico nei confronti dello spettatore?
“Aiutarlo a riflettere e sorridere delle proprie sciagure, riflettere con il sorriso su ciò che va e non va della società”.
I tuoi prossimi progetti?
“Ho progetti teatrali con Marco Bonadei, compagno di vita, di arte e di film, oltre che portare sul palco Moby Dick di Elio De Capitani”.