E’ protagonista del film “Il mio corpo vi seppellirà” per la regia di Giovanni La Pàrola, prodotto da Ascent e Rai cinema, disponibile in piattaforma dal 12 marzo. Rita Abela è protagonista di un film che affronta la condizione femminile pre unità d’Italia, periodo in cui le donne erano brigantesse e affrontavano la loro identità con tanto coraggio. Oggi si può dire che i mezzi sono cambiati però è innegabile che viviamo in un sistema ancora legato al patriarcato. Siciliana, classe 1984, scopre la vocazione per la recitazione entrando a teatro, oltre ad essere diretta da Pupi Avati nella serie “Le nozze di Laura” prodotta da Raifiction.
Rita, per quali motivi hai detto sì a questo progetto?
“Quando ho ricevuto la convocazione per il provino di Ciccilla sono rimasta molto colpita dall’aver trovato in allegato anche la sceneggiatura completa, è una cosa che non succede spesso, perlomeno non al primo provino. E invece credo sia stato determinante perché leggere il progetto nella sua interezza ti dà la possibilità di avere un’idea generale del percorso del personaggio all’interno del film e ti permette di prepararti meglio. Poi naturalmente sono stati decisivi i provini con il gruppo di Drude, diretti dall’eccellente Valeria Miranda, alla quale sono molto grata. Era presente anche Giovanni La Parola ed ho sperato sin da subito di ottenere il ruolo perché mi piaceva moltissimo il suo modo di lavorare sulle scene. La trama era avvincente, scritta benissimo, era un punto di vista diverso della storia, con delle donne che vestono panni diversi da quelli canonici… non c’erano davvero motivi per non accettare, anzi, è stato un onore”.
Ci racconti del tuo personaggio nel film?
“Ciccilla è una donna estrema e terribile perché terribile è la violenza che ha subito e che l’ha segnata dentro. Ad un certo punto della sua vita è riuscita a non soccombere più ed ha trovato un modo di reagire che, in mancanza di strumenti per elaborare quello che le accadeva, l’ha trasformata in un’assassina sadica e seriale. È animalesca, diffidente, sempre sulle difensive, tuttavia c’è umanità in lei, c’è un momento in cui riesce a sentirsi a casa al sicuro ed è quando si trova nella grotta della Vulva insieme alle altre Drude”.
Hai qualche affinità e qualche differenza con il tuo personaggio?
“Certamente. La prima tra le affinità è senza dubbio l’ironia che per me è un po’ uno stile di vita, ma anche la caparbietà, la determinazione della guerriera e, infine, il sentimento di sorellanza nel quale credo moltissimo. Anche le differenze con Ciccilla sono moltissime, la più evidente è ovviamente la violenza che detesto in ogni sua declinazione, ma anche il suo essere vendicativa non mi appartiene affatto: se subisco un torto imperdonabile preferisco semplicemente lasciare andare anziché spendere energie nella ricerca di un riscatto”.
Vendetta e libertà sembrano essere l’uno accanto all’altra in questo film: sei d’accordo? Perché?
“Assolutamente si, è stata questa la chiave di lettura sin dall’inizio nello studio del personaggio proprio perché etimologicamente vendicare significava recuperare un diritto negato, senza con questo voler trovare una giustificazione all’efferatezza di certe azioni; anticamente il vindice era colui che si faceva garante delle rivendicazioni e dal mio punto di vista quando ci si riappropria di un diritto negato, si fa un passo verso la propria libertà”.
Come possiamo rapportarli ai giorni nostri?
“Temo che oggi ci sia molta solitudine da questo punto di vista. Spesso la sensazione è che bisogna lottare tanto per la rivendicazione di certi diritti inalienabili dell’essere umano e devo constatare con dispiacere che ci sono ancora oggi molte disparità, come se esistessero categorie più prioritarie di altre che, oltre a non aver voce, vengono continuamente discriminate. Penso che se le istituzioni si facessero davvero garanti dei diritti di tutti i cittadini la nostra società sarebbe migliore”.
Per quali motivi hai scelto questo mestiere?
“Perché mi fa sentire viva. È un’urgenza, un istinto. Fare esperienza della Mimesis, mettersi nei panni dell’altro è sempre un bell’esercizio di empatia. L’ho scoperto da bambina, avevo 12 anni quando ho fatto la mia prima esperienza teatrale a scuola. Recitare e studiare i classici mi ha sempre aiutato a capire meglio la vita, è un grande gioco di specchi in cui, mettendoti al servizio di un testo, della regia, delle colleghe e dei colleghi, sperimenti ogni volta aspetti diversi di te. È faticoso, a volte può essere anche doloroso, ma in fondo è un bel gioco, quello che in assoluto mi appassiona di più e mi fa venire le farfalle nello stomaco, come quando ci si innamora”.
Sei siciliana: come definiresti la tua terra?
“Terra di fiori e di spine. La Sicilia è la culla del Mediterraneo, la terra delle radici, l’emblema di come la diversità sia fonte di ricchezza. Nella mia terra si respira la storia di tutte le dominazioni che del loro passaggio hanno lasciato traccia. C’è arte, cultura, natura, civiltà, umanità. C’è anche tanto disincanto e tanta malinconia. Amo profondamente la mia terra, sento di essere un po’ isola anch’io come lei”.
I tuoi prossimi progetti?
“Aspetto con gioia la messa in onda della terza stagione del “Cacciatore”, una serie tv che ho amato moltissimo in cui interpreto Giusy Vitale, la prima donna che, anche se per un breve periodo, è stata alla guida di un mandamento mafioso. Per la prossima estate, poi, è prevista l’uscita di Big, un corto struggente e poetico di Daniele Pini nel quale interpreto Matilde, una ragazza piena di fragilità. Sto progettando con alcuni colleghi anche qualcosa in teatro, con l’augurio che si possa presto tornare dal vivo. E poi chissà”.