Quest’anno, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, il Premio Afrodite e il festival Afrodite Shorts si svolgeranno insieme il 29, 30 e 31 marzo online sulla piattaforma My Movies. Oltre a Tosca e Paola Minaccioni, in veste di giuria del festival troviamo Ema Stokholma. Si tratta di un nome e un volto che il pubblico conosce già da diverso tempo: una donna, una modella che ha seguito il richiamo della musica diventando una nota DJ, una conduttrice radiofonica, una presentatrice televisiva, una pittrice e una persona vera. Con lei abbiamo parlato del suo “ultimo” impegno lavorativo in veste di giudice, ma non solo. Abbiamo cercato di far emergere la vera Ema, quella lontana dai riflettori della notorietà, ripercorrendo la bambina che era fino ad arrivare ad essere la donna che è diventata. E’ un volto dalle mille sfumature.
Ema, partiamo dal festival Afrodite Shorts, come stai trovando i corti?
“Sta andando tutto splendidamente: alcuni sono molto interessanti, altri meno. Amo il cinema d’effetto, motivo per cui il mio giudizio sui corti potrebbe essere un pochino “disturbato”. Mi diverte tantissimo quello che sto facendo, vorrei farlo tutto l’anno”.
Il premio Afrodite è un premio di donne per le donne. Quanto è importante essere donna?
“Non ho mai dato troppa importanza al genere. Non è importante essere uomo o donna, quello che conta veramente è il rispetto dell’essere umano. Molto spesso vengono fatte discriminazioni sul lavoro a seconda del genere: è sbagliato secondo me. Qualcosa sta cambiando, ma la strada è ancora lunga”.
Speaker, pittrice, conduttrice, scrittrice…come gestisci tutti questi ruoli?
“Posso dirti che in realtà sono molto pigra, amo il dolce far nulla, il dormire. Mi sento bene anche senza fare nulla. Mi piace perdere tempo, eppure non mi fermo mai, lavoro di continuo e non me ne accorgo”.
Recentemente hai compiuto un viaggio molto importante per te stessa. Mi riferisco al tuo libro. Perché hai deciso di intraprenderlo?
“Non nascondo il fatto che sia stato un viaggio complesso per me, ma l’ho reputato doveroso non tanto per me stessa, quanto per le persone che, come me, si sono trovate in situazioni e frammenti di vita poco piacevoli. La prima persona con cui mi sono confidata è stata Andrea Delogu, poi con mio fratello”.
Il titolo è “Per il mio bene”. Per quali motivi hai deciso di intitolarlo così?
“In questo sono stata aiutata dal mio editore. Emotivamente ero molto presa e non sono mai stata una grande lettrice – anche se adesso sto recuperando – non sarei stata in grado di pensare ad un bel titolo. Ho deciso così di scrivere questo libro perché non volevo più star male”.
Sei nata nel Sud della Francia. Com’era Ema, o meglio Morwenn Moguerou, bambina?
“Era una bimba molto triste, sulle sue, molto attenta ad ogni singola cosa che accadeva. Ero apatica e non gioiosa”.
Amore, protezione e violenza: queste tre parole come le rapporti alla tua vita fino ad ora vissuta?
“Non posso fare una distinzione tra le tre, bensì sono legate l’una all’altra. L’amore per me è stato violenza, esattamente come protezione. Oggi lo sento molto più forte rispetto a prima, ma la violenza è da gestire, per cercare cioè di non fare gli stessi errori”.
A 15 anni hai scelto di andare via di casa per raggiungere Roma. Cosa ti ha portato a prendere questa decisione e cosa ti aspettavi dalla Capitale?
“E’ stata una decisione piuttosto istintiva a dire la verità, non ci ho pensato più di tanto. Parte del mio sangue è italiano e ho ritenuto opportuno raggiungere Roma per fuggire dalla mia realtà, chiedendo asilo a mio padre. La Capitale mi ha fatto rinascere, mi ha dato ciò che mi aspettavo: ora sono davvero libera”.
Dalla moda alla conduzione in radio. Com’è avvenuto questo passaggio?
“Ho vissuto cinque vite nel mezzo. La moda mi ha sempre accompagnato, esattamente come l’arte. E’ stata Andrea Delogu a permetterlo: lei già lavorava in radio e mi ha permesso di fare conoscere la mia voce facendomi entrare in via Asiago a Radio2, da quel momento non mi sono più fermata. E’ avvenuto grazie ad Andrea Delogu”.
La radio per te cosa rappresenta?
“Un cambio di volta. E’ un impegno quotidiano, fatto di studio, di orari normali, di intrattenimento, di compagnia. Non potrei farne a meno”.
E la musica? Può essere una medicina per guarire l’anima?
“Certamente ma non solo. Può educare, può far capire quanto sia importante ascoltare gli altri per capire poi anche meglio noi stessi. Può essere sofferenza, divertimento e uno sfogo di emozioni”.
Se oggi ti guardi allo specchio, cosa vedi riflesso?
“Vado allo specchio solo per truccarmi, ma senza guardarmi davvero. Non mi piace essere incentrata su me stessa”.
Questo è sicuramente uno dei periodi più difficili della storia. Tu come l’hai vissuto e come lo stai vivendo?
“Oltre alla forte preoccupazione per quanto stava accadendo al mondo intero, l’ho vissuto abbastanza bene. Amo stare a casa a dipingere, inoltre ero tutti i giorni in radio e questo sicuramente è stata una boa di salvataggio. Il sano cinismo francese mi ha aiutato a capire ancora di più chi era in difficoltà, essendo anche noi in una situazione difficile”.
Il lieto fine può esistere?
“Dipende dove sei nato. In Europa c’è più possibilità, essendo noi molto spesso il rifugio di tanti altri”.
I tuoi prossimi progetti?
“Sto scrivendo un nuovo libro”.