L’ottantenne Nino si ritrova a fare i conti con la morte dell’amatissima Caterina con la quale è stato felicemente sposato per 65 anni. Nella speranza di aiutare il padre, la figlia Elisabetta lo fa incontrare con un editor che ha velleità da romanziere ed è incaricato di scrivere un libro mettendo ordine fra i numerosi ricordi che Nino conserva di sua moglie che ancora sente accanto e con la quale ha trovato un modo tutto suo di comunicare. Inizialmente fra i due uomini c’è diffidenza, anche perché sono molto diversi, poi però imparano a fidarsi l’uno dell’altro e a propiziare la nascita di una sincera complicità.
Oggi la parola eternità risulta essere per più surreale, una parola che rimanda al passato; eppure i protagonisti di “Lei mi parla ancora” di Pupi Avati si sono promessi “amore eterno” e dopo 65 anni stanno ancora insieme, avendo ogni giorno combattuto perché quella parola avesse ancora un senso. Film Sky Original – prodotto da Bartlebyfilm e Vision Distribution in collaborazione con Duea – dall’8 febbraio in prima assoluta su Sky Cinema e in streaming su Now Tv, disponibile anche on demand. Liberamente tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi – papà di Elisabetta (La nave di Teseo) e del critico d’arte Vittorio – il film racconta appunto la lunga storia d’amore tra Giuseppe (Lino Musella, da giovane, e un Renato Pozzetto da Oscar da anziano), e Rina (Isabella Ragonese e Stefania Sandrelli).
«Può essere considerata una storia d’amore anacronistica oggi per la sua durata – ha dichiarato Pupi Avati -, ma quello che m’interessava approfondire era non tanto il contenuto del libro, quanto il rapporto tra lo scrittore, con un matrimonio alle spalle di tre anni e una figlia che vive con l’ex moglie, e il vecchio vedovo. Il fatto è che allora ci volevi credere a “un amore per sempre” come anche a “un’amicizia per sempre”. È vero, ora “per sempre” non c’è più, ma riproporlo era un mio dovere». “L’uomo mortale, Leucò, non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia. Nomi e parole sono questo. Davanti al ricordo sorridono anche loro, rassegnati”: con questa frase cult del film che è quella di Cesare Pavese si accompagnano vicendevolmente il ricordo e l’eternità.