Esplosiva, frizzante e vera: Paola Lavini (foto di Alessija Spagna), emiliana d’origine – di Modena precisamente -, è esattamente così. E’ una donna piena di energia e positività, nonostante il periodo così difficile per i lavoratori dello spettacolo e in generale per l’esistenza di ognuno. L’abbiamo vista recentemente al cinema dal 19 agosto (dopo il blocco dovuto al lockdown per la pandemia ancora in corso) con “Volevo Nascondermi” di Giorgio Diritti nel ruolo di Pina, un film che ha visto premiato Elio Germano con l’Orso d’Argento alla Berlinale 2020, oltre al Nastro dell’anno dal Direttivo dei giornalisti cinematografici e diverse candidature (miglior film, regia, attore, sceneggiatura) ai Globi D’Oro, premio cinematografico assegnato dai giornalisti della stampa estera accreditata in Italia, tra le quali anche quella di miglior attrice per Paola. La nota artista, inoltre, ha lavorato con alcuni dei più importanti registi italiani tra cui Francesco Munzi in “Anime nere“, Alice Rohrwacher in “Corpo celeste“, Marco Pontecorvo in “Tempo instabile con probabili schiarite“, con John Turturro, Marco Tullio Giordana in “Sanguepazzo“, Pupi Avati, Marco Bellocchio e Michael Radford e nella commedia con Vincenzo Salemme, Maurizio Casagrande e Paolo Cevoli. Delle sue fatiche lavorative, delle sue origini, dei pro e dei contro del mestiere dell’attore ne abbiamo parlato proprio con lei.
Paola, il 2020 è un anno molto complicato e che sicuramente non dimenticheremo. Per te, in particolare, soprattutto per l’uscita di “Volevo Nascondermi” di Giorgio Diritti per il quale sei candidata come Migliore Attrice ai Globi D’Oro. Come ti sei sentita per questa candidatura?
“Sono rimasta stupita ma in maniera del tutto positiva. Non sono molto presente nel film, in quanto ho solo tre scene. Il mio non è un ruolo da protagonista. Ho avuto la possibilità di interpretare ruoli molto diversi tra loro ma non avrei mai pensato di ricevere riconoscimenti in questa pellicola cinematografica proprio per la mia non duratura presenza nelle scene. “Volevo nascondermi” mi ha dato tuttavia molta visibilità, vista la qualità e i professionisti con cui ho diviso il set. La pandemia che di fatto ha investito, purtroppo, il mondo ha fatto sì che crescesse l’attesa del suo ritorno in sala e così per fortuna è stato”.
Com’era la tua Pina, il personaggio da te interpretato?
“E’ una donna avvenente, di facili costumi. E’ colei che cerca l’opportunità, che usa il corpo per sedurre. Cerca la fama e i soldi, tuttavia non è spudorata. Prova anche una certa tenerezza nei confronti di Ligabue. In questo film sono la donna che Ligabue sogna ma che non avrà”.
Per Antonio Ligabue, l’arte era la sua voce, ma in cosa consiste la sua grandezza?
“Attraverso la sua arte, è riuscito a far emergere chi era e si tratta di un’arte dai colori accesi che gli ha permesso di liberare quello che aveva dentro. Era un uomo che era stato rifiutato per la sua bruttezza e per i suoi problemi psichici. Il suo è stato sicuramente un vissuto molto complesso”.
Quella che avete portato sul grande schermo è una storia molto attuale, sulla diversità e sul pregiudizio. Cosa ti ha lasciato?
“Un grande amore verso gli artisti e verso l’arte. Ammetto che prima di questo film non conoscevo molto Antonio Ligabue. Sui libri di scuola non si è mai studiata la sua arte. So cosa vuol dire vivere di arte, ovvero offrire la bellezza e donarla ma questo non è mai scontato”.
Una delle protagoniste del film è sicuramente l’Emilia che il regista è riuscito a fotografare benissimo, una terra che non ti è nuova, vero?
“Assolutamente sì. Mia madre è campana ma mio padre è di Modena e io sono totalmente innamorata dell’Emilia Romagna. E’ una terra genuina, vera, ruspante, divertente, di gente che ama lo stare insieme. E’ una terra accogliente e ospitale, è il Sud del Nord, è una terra lavoratrice, portatrice di valori sani”.
Tu per quali motivi hai deciso di fare l’attrice?
“L’ho scelta come terapia di vita. Ho cominciato cantando nella mia parrocchia, poi in piccole band, al piano bar, fino ad arrivare alle recite. Ero molto timida un tempo e sentivo il bisogno di andarmene per ritrovare me stessa pienamente. I miei genitori, preoccupati per il mio avvenire, mi hanno spesso ostacolata. Ho fatto l’interprete in un ufficio estero legato all’industria della ceramica, ma sentivo il bisogno di comunicare sempre più con gli altri. La mia fortuna è stata quella di essere indipendente, motivo che mi ha permesso di lasciare la casa dov’ero cresciuta per inseguire i miei sogni ed essere quello che sono ora, dopo aver studiato molto”.
Quali fini ha un’interprete nei confronti della vita secondo te?
“Raccontarsi. Ogni personaggio ha un po’ di me. Cerco sempre di avere successo in quello che faccio per avere poi la possibilità di avere ruoli che mi permettano di crescere sempre di più. Il mio non è certamente un mestiere semplice, ma gli artisti hanno la voglia di esprimersi dando anche voce a chi non può permetterselo”.
Stai avendo anche ottimi consensi per la commedia musicale “Schocking Marriage” di Demetrio Casile con l’indimenticato Giacomo Battaglia nella sua ultima interpretazione (l’artista è scomparso mentre la pellicola era in fase di montaggio). In questo film la musica è l’assoluta protagonista, ma per te il canto e l’arte delle note cosa rappresenta?
“La musica può salvare una giornata iniziata male o addirittura il mondo intero. E’ un viaggio che mi dà la possibilità di comunicare, di divertirmi e di essere anche più leggera. Ti coinvolge e ti avvolge, facendoti anche cambiare umore”.
Il 25 novembre è stata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e tu hai realizzato un libro fotografico con Giusy Versace. Cosa puoi raccontarci di questo progetto?
“Sono amica di Giusy da diverso tempo e l’ho sempre ammirata per la sua forza di aver fatto della sua difficoltà un vantaggio. Mi ha chiesto di partecipare a questo progetto e ho accettato. Molto spesso accade che quando c’è violenza vige anche purtroppo l’omertà e quest’ultima uccide due volte. C’è ancora tanta strada da fare per noi donne, ma la battaglia può essere vinta. La mail di riferimento è info@imuridelsilenzio.it”
Essere donna cosa significata per te?
“Ero contenta di esserlo quando ero piccola, ma ora mi rendo conto che è molto complesso. Sono la frontwoman di me stessa. Credo nelle donne che sono tali senza assumere atteggiamenti maschili. Accade molto spesso che per la nostra femminilità siamo sottoposte a sguardi da parte degli uomini, questo da una parte a me piace, ma non si deve mai abbassare la guardia su quanto potrebbe accadere”.