Dopo le soddisfazioni raccolte sul palco del ProSceniUm – Festival della Canzone d’Autore di Assisi proponendo “Oggi è Un Altro Giorno” con un’orchestra di 35 elementi, e con l’uscita della versione spagnola del brano, “Hoy Es Otro Dia”, di recente remixato dalla dj spagnola Blondex, Joe Balluzzo pubblica il nuovo singolo “Scusami Ma Sono Felice”. Si tratta di una traccia in cui traspare la miscela di atmosfere frutto di un percorso musicale vario: dal soul al funk, dal pop al rock, e delle influenze di collaborazioni spontanee con artisti di altri paesi. Il brano, di cui era stata rinviata l’uscita a causa della pandemia, è disponibile in radio, negli store digitali e su tutte le piattaforme di streaming dal 23 ottobre. Ne abbiamo parlato proprio con lui.
Joe, come nasce “Scusami Ma Sono Felice”?
“Nasce dopo un pomeriggio intero passato ad ascoltare musica, in particolar modo musica soul, genere che ascolto sempre quando voglio staccare la spina e riconnettermi con me stesso. Alla fine di questa giornata mi sono messo al piano ed in pochi minuti è nata la melodia di “Scusami ma Sono Felice”. La melodia mi aveva convinto subito, mentre per il testo non riuscivo a trovare la chiave giusta. Inizialmente l’avevo intitolata “Chi l’ha detto” ma il testo non funzionava, era finto, vuoto, frasi belle ma che non parlavano di me. Poi, d’improvviso, ho pensato a “Scusami ma sono felice” e da quel momento il testo è uscito in pochi secondi. Potrei affermare che con questa canzone mi sono concesso la possibilità di raccontare un lato di me diverso, nuovo. Il mio primo disco, “Tra i Miei Colori”, raccontava rabbia, delusione, dolore, tutte emozioni che vivevo nel periodo in cui l’ho scritto. Con il nuovo progetto discografico, a partire da “Oggi è Un Altro Giorno”, passando per “Stella Cadente”, sento sempre più forte il desiderio di raccontare invece tutta una serie di emozioni nuove con cui mi sono trovato a confrontarmi, tra cui la più bella è proprio la possibilità di credere che tutti noi possiamo essere felici”.
Perché proprio chiamare questa canzone così?
“Il titolo vuole essere provocatorio in un certo senso. Spesso ho la sensazione che quando uno vive un momento di felicità e lo esterna la gente trovi subito un modo per aggredirla, sminuirla o addirittura distruggerla, fino ad arrivare al punto di sentirsi di dover chiedere scusa se uno sta vivendo un momento felice. Addirittura, mi capita che quando racconto che le cose vanno bene mi si risponda “non dirlo ad alta voce che porta sfortuna!”. Insomma, oggi affermare di essere felici sembra essere diventato un atto di coraggio, e io ho voluto tirare fuori il mio, certe del fatto che ammettere di essere felici non porta sfortuna, anzi!”.
Cos’è per te la felicità?
“La felicità è un bicchiere di vino con i tuoi migliori amici, è un pomeriggio passato con i tuoi nipoti, è un concerto con le persone che cantano a memoria le tue canzoni, è il messaggio del buongiorno della persona che ami, è un viaggio verso una meta che non conosci, è un piatto di pasta fatto in casa da tua nonna”.
In questa canzone ci parli d’amore ma in che modo?
“Parlo d’amore in modo molto semplice. Ho voluto raccontare i piccoli gesti di una coppia innamorata, le parole sussurrate all’orecchio, il desiderio che il tempo insieme non finisca mai, la loro canzone che passa alla radio senza riuscire a contenersi dal cantarla a squarciagola. Parla di un amore libero “dalla logica dell’uomo moderno che inganna la realtà dai filtri di chi è in cerca d’attenzione ma si nasconde se di fronte ha un cuore”, un amore di pancia, di quelli che non ti sai spiegare e che sai solo vivere”.
Hai girato il video interamente a Milano, città molto colpita sia nella prima sia nella seconda ondata di pandemia. Cosa rappresenta questa città?
“Per me rappresenta l’inizio di un sogno, in quanto il mio primo, e attuale, contratto discografico lo firmai con la Ultratempo, un’etichetta discografica di Milano, che mi scoprì dopo la vittoria al Cantagiro con il mio primo brano, “Scivola”. Essendo il primo video girato fuori dal Lazio ho pensato fosse un bell’omaggio ambientarlo nella città che in un certo senso mi ha veramente permesso di essere felice. Inoltre Milano è una città che ho sempre amato particolarmente: organizzata, moderna ma al tempo stesso a misura d’uomo. Oggi mi fa uno strano effetto rivedere quelle immagini registrate prima della pandemia, con le persone che camminano in tranquillità, senza distanze, senza mascherine, e voglio leggerlo come un messaggio di speranza che torneremo presto a camminare liberi tra di noi”.
Come stai vivendo questo difficile periodo?
“Tendenzialmente sono uno che cerca sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno. In questo periodo mi sto dedicando alla scrittura e alla composizione di nuove canzoni, alla promozione della mia musica, che credo che sia uno dei pochi strumenti che al momento ci rimane per tenerci uniti in qualche modo e all’organizzazione di tutto il materiale già pronto che deve solo essere pianificato. Mantengo però forte la speranza di tornare presto a suonare dal vivo, di cantare insieme. Inoltre questa situazione di chiusura mi ha dato la possibilità di tirare fuori dal cassetto una serie di progetti paralleli alla musica che avevo sempre desiderato realizzare e che stanno prendendo forma, che hanno a che fare con la scrittura, la radio e tanto altro. Spero di poterne presto condividere i dettagli”.
La musica può essere salvifica?
“Per me lo è sempre stata. Mi ha salvato quando ero un bambino introverso che non aveva amici, quando ero un adolescente e non sapevo chi volessi essere e dove volessi andare, mi ha fatto ballare fino allo sfinimento, mi ha fatto cantare a squarciagola, mi ha fatto ridere, mi ha fatto piangere. La musica è l’amica che sa tutto di me, a cui non posso nascondere niente. È il motore che muove le emozioni, come tutta l’arte in generale. Un mondo senza musica è un mondo senza vita”.
Cosa vorresti far arrivare con la tua musica?
“Tendenzialmente, quando scrivo una canzone non penso mai al messaggio che potrebbe o non potrebbe arrivare, cerco di sfruttare il momento creativo come strumento di espressione di un mio vissuto, poiché sono certo che se la canzone parla veramente di te, chi la ascolta non può far altro che emozionarsi, anche quando non ha vissuto le stesse cose che hai vissuto tu. Perché la musica è bella sia se quando la senti ti riporta esattamente a quei momenti in cui hai vissuto le stesse cose di chi canta, sia se quando la senti ti porta a delle riflessioni o ti fa pensare a scenari che non avevi mai considerato. La musica deve essere esente dal piano razionale, deve arrivare e farti vibrare le vene, senza starci troppo a pensare”.
I tuoi prossimi progetti?
“Al momento sto concludendo il mio secondo album in studio che spero di poter far uscire il prossimo anno. Sicuramente sarà un anno ricco di nuova musica, molti brani sono già pronti e non vedo l’ora di condividerli con chi mi segue, stiamo solo pianificando tutto al meglio. Inoltre, stiamo lavorando a varie opzioni per quanto riguarda i concerti dal vivo, ovviamente considerando l’alternativa di fare dei live in streaming vista la situazione attuale. Sia io che il mio team siamo convinti che, anche in una situazione come questa, sia possibile trovare un modo per portare avanti qualcosa di bello come la musica, quindi stiamo cercando di valutare tutte le possibili opzioni sicure per poter condividere momenti insieme”.