Sono state migliaia di serate passate fuori casa, in teatri belli e meno belli, importanti o di provincia, barocchi o essenziali, ma comunque sia sempre pieni. A riempirli era Gigi Proietti, uno dei più grandi del teatro, della tv e del cinema italiano. Aveva sempre ironizzato sulla sua data di nascita: “Che dobbiamo fa’? La data è quella che è, il 2 novembre”. Gigi Proietti ci ha lasciato per gravi problemi cardiaci, dopo essere stato ricoverato in terapia intensiva in una clinica romana già da una quindicina di giorni. La sua è stata una carriera ricca, lunghissima, più di mezzo secolo in scena e sul set, talento unico, autoironia, cinismo romano stemperato nella battuta. «I miei ci tenevano alla laurea; io studiavo, si fa per dire, Giurisprudenza ma la sera mi esibivo. Poi il mio amico Lello, che suonava nella nostra band, una sera viene a vedermi e mi dice: ‘Devi fare questo’. Ho capito che recitare mi piaceva tantissimo, è diventata la mia vita. Ma per papà non era la scelta giusta, era preoccupato e mi ripeteva: ‘Prendi un pezzo di carta, se piove o tira vento è una sicurezza’». E’ stato un vero artista che è passato dalla musica alle macchiette di Petrolini per arrivare a Shakespeare. I primi successi sono arrivati in una cantina in Prati in cui recita Brecht e poi con lo Stabile dell’Aquila diretto da Antonio Calenda che lo guida in testi di Gombrowicz e di Moravia. La grande occasione arriva nel 1970 quando sostituisce Domenico Modugno, accanto a Renato Rascel nel musical “Alleluja brava gente” di Garinei e Giovannini. Da allora è interprete e autore di grandi successi teatrali senza mai fermarsi. Ha girato film e serie tv. Nel 1996 è protagonista della serie dei record d’ascolto “Il maresciallo Rocca” nel ruolo di un carabiniere padre di quattro figli che tutti gli italiani vorrebbero incontrare, ma prima c’erano stati “Un figlio a metà” e “ Italian restaurant”. In tv ha fatto il varietà da “Fatti e fattacci” a “Fantastico” ma il teatro è la sua vita e la sua passione: ha fatto rivivere Shakespeare al Globe Theatre, incoraggiando i giovani attori come faceva nella sua scuola. Era innamorato di Roma, la sua città, e Roma era innamorata di lui. Il grande attore negli ultimi mesi era rimasto molto colpito dalla vicenda della pandemia che ha investito il mondo intero, aveva così ironizzato sulla “nuova normalità” a cui siamo stati “costretti”. «Quando sento dire ‘non bisogna allarmarsi’, è il momento in cui mi preoccupo. E poi insistono, si lamentano: ‘Vi rendete conto? i cinema e i teatri chiusi!’. Ma di cosa si scandalizzano? La gente dell’establishment è difficile vederla seduta in platea. E per quanto riguarda i cinema, a Roma, negli ultimi anni ne hanno serrati 46 e nessuno di loro si è scandalizzato». Aveva prestato la sua voce anche a uno spot Rai dedicato agli anziani, nonni come lui: «Restiamo a casa. Prima finisce tutto, prima andremo ‘ndo ce pare”». E oggi Gigi Proietti potrà andare davvero dove gli pare, ma l’unica certezza è che rimarrà scolpito nel cuore di molti, di tutti.