Un grande talento e una lunga carriera davanti a sé, nonostante la giovane età. Luigi Fedele ha esordito infatti a soli tredici anni ne “La pecora nera” di Ascanio Celestini, presentato nel 2010 alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Da lì il suo percorso è stato in ascesa e non si è più fermato. Lo ricordiamo in “Piuma” di Roan Johnson, per citare un suo ruolo molto amato dal pubblico. Ora, in queste settimane, lo vediamo su Rai1 nei panni di Ettore Frediani fiction in quattro puntate “Io ti cercherò” per la regia di Gianluca Tavarelli (una coproduzione Rai Fiction e Publispei).
Luigi, come sei stato coinvolto in questo progetto?
“In maniera piuttosto classica. Ho fatto il provino con il regista e fortunatamente ne è bastato solo uno. La cosa è stata sorprendente. Tavarelli è stato molto deciso a riguardo. L’empatia tra noi è stata immediata”.
Perché hai detto sì? Cosa ti ha affascinato di questa fiction?
“Ne sono contentissimo e ne sono molto orgoglioso. Questa fiction prende posizioni importanti. La storia che raccontiamo è molto forte. Raccontiamo la mia generazione in maniera molto autentica: giovani che combattono per degli ideali, il rapporto con il potere, con il diverso, padre – figlio”.
Come ci descriveresti Ettore?
“E’ uno spirito libero, ribelle nell’accezione positiva, non conformista, combatte per quello in cui crede. Oggi ce ne vorrebbero di ragazzi come lui”.
Quanto hai messo di te in questo personaggio?
“Cerco di mettere un po’ di me nei personaggi che interpreto. In Ettore c’è molto di me, a cominciare dal rapporto padre – figlio: la continua ricerca del padre di un figlio che non c’è più, le emozioni e il profondo legame tra i due, oltre che il conflitto. Entrambi abbiamo interessi per il sociale e anche il modo di vestire, oltre che per lo street art. Devo ammettere che ho imparato molto da lui: soprattutto il suo concetto utopico di felicità, oltre che la sua attenzione e sensibilità nei confronti degli ultimi”.
In questa fiction ci si sofferma sul rapporto padre – figlio. Quale relazione affettiva c’è di fatto tra Ettore e suo padre?
“Il loro è un legame profondo, nonostante la conflittualità sia molto accesa. Non sono riusciti ad accettarsi, ognuno era fermo nella propria divisa. Non si sono ascoltati”.
Si parla anche del lutto e dell’elaborazione di quest’ultimo. Tu come ti poni a riguardo?
“Sono giovane ma ho riflettuto molto su questo. Credo di poter dire che un padre che sopravvive al figlio non sia naturale e di conseguenza immagino anche l’enorme sofferenza che si possa provare. Ritengo che loro due si cerchino ancora, nonostante tutto, anche se su dimensioni diverse. Entrambi diventeranno persone migliori”.
Hai recitato con Alessandro Gassmann, che effetto fa?
“Sono contentissimo di aver lavorato con lui: umanità eccezionale, esattamente come la professionalità e l’empatia. E’ stato un grande capitano”.
Il tuo Ettore, sempre in voiceover afferma: «Nella vita bisogna avere coraggio, che non vuol dire non avere paura, ma combatterla». E’ così anche per te?
“Credo di sì. La paura è umana e, come tutti i sentimenti, è difficile da inquadrare. Il coraggio consiste nel cercare di combatterla ma con consapevolezza”.
Essere attore cosa significa per te?
“Avere un rapporto con il pubblico. E’ divertimento e gioco. Vivere più vite ed essere aperti al diverso”.
Nuovi progetti?
“Riparto con il teatro e poi si vedrà”.