A 16 anni dalla scomparsa del Pirata, un film porta sul grande schermo la sua storia: “Il Caso Pantani – L’omicidio di un Campione”, diretto da Domenico Ciolfi e distribuito da Koch Media in oltre 300 sale il 12, 13 e 14 ottobre. Quello che il pubblico vedrà sarà un noir contemporaneo, un thriller, ma anche un film d’inchiesta, un biopic, un film drammatico, una ricostruzione  della vita del campione romagnolo. “Il caso Pantani” è la storia di un atleta che è diventato un mito. Sul grande schermo finiscono la vita e i successi dello sportivo più amato, soprannominato “Il Pirata”o “Panta” che ottenne ben 46 vittorie, ma si sofferma anche sulla tragica sera del 24 febbraio del 2004. La tesi del film è che il ciclista sia stato ucciso per ben due volte: a Madonna di Campiglio, vittima di una provetta manipolata e dalla criminalità organizzata a Rimini, cinque anni dopo, dove verrà trovato solo, disteso a terra, a petto nudo, il giorno di San Valentino. Ne abbiamo parlato con Monica Camporesi, attrice e produttrice del film.

Monica, perché portare in scena proprio la storia di Marco Pantani?

“Abbiamo deciso insieme alla nostra casa di Produzione Mr. Arkadin film e al regista Domenico Ciolfi di portare sul grande schermo Marco Pantani perché la sua storia merita di essere raccontata. Perché ancora oggi a 16 anni dalla sua scomparsa, Marco Pantani è vivo più che mai. Perché le sue imprese muovono ancora il cuore e fanno brillare gli occhi, anche di tanti giovani. E soprattutto Perché l’Italia ha abbandonato a se stesso uno dei suoi più grandi sportivi”.

Nel film, sei attrice. Chi interpreti e come ti sei preparata?

“Christina, la compagna di Marco, il suo grande amore. E rivesto anche il ruolo di una escort a pagamento. È stato un lavoro lungo, di ricerca e studio degli atti dei processi e di grande ascolto delle persone che conoscevano Marco. Assieme al regista ho cercato di restituire la Christina più vera, una ragazza nordica indipendente, che sicuramente è stata innamorata di Marco ma che ha deciso ad un certo punto, nel periodo di più grande fragilità del campione, di troncare il loro rapporto. Sicuramente questo abbandono ha segnato fortemente Marco. Ho conosciuto un Marco profondamente solo, con un grande bisogno di amore e calore, un amore che dopo la fine del rapporto con Christina, Marco ha continuato a cercare anche nei rapporti a pagamento. Da qui l’idea del regista di farmi interpretare un doppio ruolo nel film. Io vengo dal teatro, e per me è stata una bellissima sfida di attrice poter lavorare contemporaneamente su due ruoli nel film. Interpretare più ruoli è una cosa che a teatro si fa spesso. Ma al cinema si vede ancora poco. Per un attore è un’opportunità meravigliosa per crescere. E credo che sia interessante anche per lo spettatore”.

Già dal titolo, emerge la tesi che sostieni, ovvero che si tratti di omicidio (contraria quindi alle sentenze giudiziarie), perché?

“Perché dalla lettura degli atti e dall’accurato studio della scena del crimine emerge un’altra verità che ancora non è stata presa in considerazione”.

Porti sul grande schermo tre fasi della sua breve vita con tre interpreti diversi, quali  sono queste tre fasi?

“Il regista ha deciso di differenziare fortemente questi 3 momenti psicologici degli ultimi 5 anni di vita di Marco. C’è la fase del Campione Assoluto, prima del 5 giugno 1999, quando Marco era il Dio delle folle, poi quella del Leone ferito, con Marco che si rifugia nella sua Cesenatico, sentendosi tradito da tutti e prima di tutto dal mondo del Ciclismo, e infine un Marco solo, quasi in fuga dal mondo, che verrà trovato morto in un residence a Rimini”.

Come definiresti l’esistenza di Marco Pantani?

“La definirei un’esistenza grandiosa, ma anche segnata da un immenso dolore e una grande solitudine interiore – una torrida tristezza, come l’ha definita lui – data prima di tutto dal perdere l’unica sua ragione di vita che era il Ciclismo”.

A vestire i panni del Pirata sono Brenno Placido, Fabrizio Rongione e Marco Palvetti. Per quali motivi avete scelto proprio loro?

“Sono 3 attori diversi ma di grande talento, e ognuno con le sue caratteristiche ha saputo restituire benissimo i 3 momenti psicologici di vita di Marco”.

Cosa rappresenta Marco Pantani per te e per il mondo dello sport e non solo?

“Per il mondo dello sport rimane ancora, e lo sarà per sempre, un mito assoluto. Quasi Un eroe epico. Marco donava tutto se stesso quando era sulla bici, andava oltre la fatica, ci metteva l’anima. è per questo che la gente lo ha amato e lo ama ancora oggi in modo così profondo. Per me era un ragazzo dalle capacità fisiche rare, un talento puro, un ragazzo dal cuore pulito, si vede dai suoi sorrisi e dai suoi occhi pieni di vita. Un ragazzo che negli ultimi anni ha portato con sé una grande solitudine”.

Ti troviamo nelle vesti coraggiose di produttrice del film, in un periodo tra i più difficili della storia. Cosa ti ha spinto a produrlo per poi portarlo al cinema?

“Abbiamo deciso che questa storia meritava di essere raccontata. Quasi per una sorta di responsabilità etica e impegno civile, prima di tutto per ridare dignità e pace a questo ragazzo che alla fine voleva solo continuare a stare su una bici. Abbiamo quindi deciso di andare avanti, nonostante tutto, nonostante anche il periodo Covid. Il film uscirà in oltre 300 sale in Italia.
Un numero davvero imponente che testimonia l’attenzione per questo film. La fatica è stata tanta ed è una grande soddisfazione per noi e per la nostra casa di produzione romagnola. Siamo Molto felici”.