L’IPM (Istituto di Pena Minorile) di Napoli ospita i ragazzi che sbagliano. C’è chi sbaglia senza volerlo, chi sbaglia con premeditazione e chi pensa che lo sbaglio sia farsi arrestare e non quello di commettere il crimine. Quando si è adolescenti, il confine tra bene e male è spesso labile, un sottile filo su cui si vuole camminare per mettersi alla prova e soddisfare i propri desideri, senza paura, o senza mostrare di averla. L’Istituto Minorile è a picco sul mare e ospita 70 detenuti: 50 ragazzi e 20 ragazze. Quando entrano, hanno sempre meno di 18 anni. La nuova serie tv “Mare fuori”, una coproduzione Rai Fiction e Picomedia, prodotta da Roberto Sessa con la regia di Carmine Elia, racconta le loro storie. Sei prime serate in onda su Rai2 da mercoledì 23 settembre: tra minacce, amori, fughe, esami di scuola, partite di pallone, risse, cadute all’inferno e inaspettate resurrezioni si scoprirà che l’IPM ha le sue regole, le sue alleanze, le sue leggi. Quando vivi in una cella che si affaccia sul mare e quel mare ogni giorno ti regala il vento e i suoi profumi, è molto più difficile dire addio alla libertà. Tra i protagonisti troviamo Matteo Paolillo (foto nell’articolo di Fabrizio Stefan), classe 1995, che oltre a recitare canta la sigla della fiction targata Rai2. Ne abbiamo parlato con lui.
Matteo per quali motivi hai deciso di dire sì a questo progetto televisivo?
“Non me lo sono neanche chiesto in quanto è un progetto molto importante. Mi interessava interpretare un personaggio molto lontano da me, mi interessava raccontare il mare che di fatto è presente in parte in tutti noi”.
Ci pieghi perché chiamare questa fiction “Mare fuori”?
“La fiction è ambientata a Nisida, un isolotto vicino Napoli dove c’è l’istituto penitenziario minorile. I ragazzi vedono il mare dal carcere in cui sono rinchiusi. Al di fuori, c’è la vita, l’amore e la libertà”.
I ragazzi che tu e i tuoi colleghi portate sul piccolo schermo sono giovani che sbagliano. Cosa significa sbagliare per loro?
“Non hanno consapevolezza degli sbagli che compiono, soprattutto quando vengono dall’ambiente criminale camorristico. Hanno fatto scelte sbagliate e non hanno capito che si trovavano dinnanzi ad una scelta”.
Loro hanno un mare dentro?
“Assolutamente sì ed è condizionato dal mare fuori. Dentro hanno un vero e proprio oceano: questo lo si evince dagli occhi e dalla mancata infanzia spensierata che non hanno vissuto. Sono cresciuti, chi più chi meno, troppo in fretta”.
Tu interpreti Edoardo Conte. Ci racconti un po’ di lui?
“E’ un ragazzo che vive a Forcella, precisamente nella via dei tribunali di Napoli. E’ un affiliato della Camorra, molto legato a Ciro con il quale sono cresciuti insieme. Sta per diventare padre. Cerca sempre di ragionare con la propria testa, pur restando dentro i codici criminali. E’ un folle, un impulsivo, e con una vena creativa. Quello che vuole se lo va a prendere”.
Ci mostri un giovane che deve prendersi le sue responsabilità e far fronte a diversi problemi. Un riscatto per lui c’è? In che modo?
“In realtà non si capisce bene, non si sa se troverà la salvezza. Sicuramente grazie all’arte riuscirà ad avere una visione più ampia”.
Nella serie tv ti vediamo anche nelle vesti di musicista della sigla. Per te la musica cosa rappresenta?
“E’ un’altra forma d’arte per raccontare Edoardo e quello che ho vissuto con lui. Per la prima volta, studiando un personaggio, è uscita fuori anche la musica”.
Cosa ti piacerebbe arrivasse al pubblico di “Mare fuori”?
“Vorrei facesse riflettere su quanto l’esterno condizioni le scelte che facciamo e quanto sia sottile il confine tra il giusto e lo sbagliato”.