Il pensiero dell’artista sull’amore: “La più grande forma di intrattenimento e distrazione che l’uomo abbia a disposizione”
“Luoghi Sacri” è il nuovo singolo dell’artista romano Svevo Susa, uscito in esclusiva su Spotify da fine giugno per Rivoluzione Dischi/Pirames International. Il brano, prodotto da Alessandro Forte (Aiello, Galeffi, Mameli, Scrima, Valucre) negli studi Pepperpotdi Roma, è un’anteprima di un concept EP in uscita durante l’autunno 2020. “Luoghi Sacri” è la storia di una scoperta, la descrizione di un incontro che colpisce come una folgore. Lo spazio fisico ed emotivo è una di quelle serate normali che iniziano come tante altre, senza aspettative o rivoluzioni, una notte copia di altre cento. Ed in quel contesto sacro, di divertimento puro senza complicazioni, si incrociano due occhi diversi: un corpo speciale ed ecco che lo spazio da paradiso diventa inferno e tutto quello che credevi di conoscere diventa piccolo come un granello di sabbia. Ne abbiamo parlato proprio con Svevo Susa.
Svevo, come nasce “Luoghi Sacri”?
“Ero ad un concerto a Portonaccio e tra la folla ho visto il viso più bello di Roma. Nel giro di qualche minuto avevo già il ritornello in testa”.
Perché hai deciso di dare proprio questo titolo?
“Il filo conduttore delle canzoni del nuovo EP è la sacralità della devozione nei confronti della persona che si ama. Mi sembrava giusto partire dai luoghi”.
Cosa sono per te i “Luoghi Sacri”?
“Qualsiasi spazio fisico ed emotivo in cui ci si dimentica della quotidianità aberrante della vita. In un romanzo di Muriel Barbery si parlava di “sempre nel mai”. Ecco, quella è la sensazione: dimenticarsi di esistere”.
Tu ne hai?
“Certamente, come tutti noi: qualche locale romano durante congiunzioni astrali particolari, alcuni tratti di Lungotevere, le ville, alcune terrazze di case di amici e amanti”.
In questo singolo racconti della nascita di un amore, sei d’accordo?
“Racconto le dinamiche di uno schianto tra due persone che non sanno niente l’una dell’altra, di quella folgore bianca che è un incontro fatto bene. Racconto l’euforia e la frenesia e l’eccitazione: l’amore è un’altra cosa, per me almeno”.
Cosa rappresenta per te l’amore?
“La più grande forma di intrattenimento e distrazione che l’uomo abbia a disposizione”.
E la musica?
“La musica è parte integrante della mia anatomia, al pari dello scheletro e del sistema circolatorio. Non saprei come altro definirla”.
Quando hai deciso di intraprendere il percorso artistico musicale?
“Ho sempre scritto, fin da quando ero molto piccolo. Ho cominciato con le canzoni verso i dodici, tredici anni ma non saprei risponderti in realtà. La prima volta che sono entrato in studio per registrare qualche demo avevo diciassette anni. Forse è stato quello il momento in cui ho realizzato che scrivere e cantare sarebbe stata una costante”.
Cosa speri arrivi con la tua musica?
“Ogni volta che vedo qualcuno empatizzare con ciò che scrivo, capire che un perfetto sconosciuto ha vissuto un evento come l’ho vissuto, percepito, assimilato, digerito io, mi sciolgo come un cono gelato lasciato lì al sole. Quello mi basta e quello voglio”.