Il suo settore, quello dello spettacolo, è sicuramente uno tra i più colpiti da quest’emergenza Covid-19 che ha messo in ginocchio il mondo intero. Intervistare Gianni Rosato, volto che in queste settimane ci sta accompagnando nel piccolo schermo con lo spot Carapelli, è sempre un piacere, vista la sua bravura e la sua grande umanità. Con lui abbiamo naturalmente parlato della situazione paralizzante in cui il coronavirus ci ha costretti, ma abbiamo anche discusso di arte, di fiction, del difficile ma affascinante mestiere dell’attore.
Gianni, ti stiamo vedendo in queste settimane nello spot Carapelli, ci racconti un po’ come mai hai deciso di far parte di uno spot che profuma di casa?
“In realtà non ho deciso di fare lo spot, ho semplicemente fatto un provino e fortunatamente sono stato scelto per il ruolo del protagonista. Sapessi quanto ne vado fiero. Devo dire che amo la storia che viene raccontata in questo spot: un artista che ha un modo diverso di comunicare, di esprimersi. La sua passione per la buona tavola fa di lui un vero e proprio artista. Lasciandosi ispirare da una bottiglia di Olio Carapelli, la sua cucina diventa una bottega d’arte e gli ingredienti, invece, una tavolozza di colori con i quali andrà a creare il suo capolavoro, un piatto che offre ai suoi ospiti, che come i casting director nel cinema e i critici d’arte, sanciscono con i loro sguardi il successo della sua opera culinaria. Mi sento di dire anche che lavorare con un regista come Paolo Monico è stato oltre che professionale, molto divertente. Nella vita credo che sia un artista chiunque sappia fare una determinata cosa, anche cucinare per esempio. Bisogna sempre valorizzare l’equilibrio dei contrasti, in cucina e nella vita. Mi piace pensare che il cibo trova sempre chi ama cucinare e se smetti di sognare, smetterai anche di cucinare. Cucinare è un altro mio modo di comunicare, un altro strumento di creatività, il mescolare sapori incredibili con odori semplici, ma a volte sorprendenti. È continuamente una sfida, come nel cinema”.
Entrare nelle case degli italiani in questo periodo non è così semplice, tu come stai vivendo l’emergenza Covid – 19?
“Devo dire che all’inizio, essendo uno spirito libero, ho sofferto per questa reclusione forzata. Ma il segreto per capovolgere la situazione è pensare sempre che “il bicchiere è mezzo pieno!” Quindi tanto ottimismo. Ho scoperto il piacere nelle piccole cose che prima per mancanza di tempo non facevo proprio, oltre a dedicarmi nel mio piccolo a chi nella vita è più sfortunato, quindi aiutare chi ha bisogno di fare la spesa, a chi servono i farmaci e non ha soldi per comprarli, sono gesti che ti fanno stare bene e ti rendi conto di quanto sia importante viverla questa vita e non essere intrappolati solo in ciò che facciamo abitualmente tutti i giorni. La sera poi guardo le mie serie tv preferite, leggo, gioco con i miei due cani. Sicuramente quando tutto questo sarà passato, non sarà mai più come prima. Quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sarà chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out o non lo farà mai. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui”.
Finirà tutto questo? #andràtuttobene?
“Mi verrebbe da rispondere come se mi trovassi al bar a fare colazione: Per me un “andrà tutto bene” in tazza grande! Grazie. La gente è in cerca di questo, di essere presa per mano. Di rassicurazione. Di qualcuno che le prometta che andrà tutto bene. E’ bello vedere mentre fai la fila al supermercato, gli occhi di certe persone che sembrano volerti dire proprio questo, somigliano tanto a un “andrà tutto bene” e ti viene voglia di aprire la bocca e urlare: “continua a dirmelo, e finirò per crederci e se non andrà tutto bene, insieme, noi faremo che accada!” Ricordiamoci sempre che fuori dalla paura c’è un sole bellissimo”.
Il tuo settore, quello dello spettacolo appunto, è tra quelli più in difficoltà. Come si potrà ripartire, secondo te?
“Innanzitutto c’è da dire che il settore della cultura e dello spettacolo attraversava una profonda crisi economica e lavorativa, avvenute ben prima della totale chiusura delle attività necessaria a contenere il contagio dal virus Covid 19. Secondo me c’è bisogno che venga immediatamente istituito un reddito di quarantena prima, e di emergenza poi, che vada a sostenere economicamente, fino alla ripresa delle attività, tutte le persone che sono impossibilitate a lavorare, in tutte le categorie. Nessuno è più importante di un altro, tutti hanno diritto ad essere tutelati. Lo Stato dovrebbe tornare ad essere l’attore principale nella gestione del patrimonio artistico-culturale. Vorrei che venissero accolte le richieste delle differenti categorie di lavoratrici e lavoratori del settore per un riconoscimento giuridico delle figure professionali. In conclusione mi auguro che da questa emergenza non si torni alla normalità, perché la normalità era il problema, ma si colga l’occasione per riformare definitivamente il sistema culturale italiano e renderlo effettivamente un bene pubblico, essenziale, utile ed indispensabile”.
Ti abbiamo visto in diversi ruoli in tv ma perché hai scelto la recitazione come mestiere?
“Che bell’idea fare l’attore, ti prendi la storia che vuoi, i personaggi che conquisti. Ti fai amare, ti puoi far baciare e lasciare, puoi nascere e morire mille volte, ridere e piangere e poi torni a casa. Considero che la cosa più importante, per fare bene il lavoro dell’attore o di attrice, sia l’atteggiamento verso il regista. Con lui penso che debba esistere una specie di “transfert” cioè, l’attore deve capire quello che il regista si aspetta e a questo punto gli basterà seguire quella prima intuizione, una specie di impulso. Il segreto è nel lasciarsi andare. Mi viene sempre in mente una frase del grande Lee Strasberg: “L’attore crea con la sua carne e il suo sangue tutte quelle cose che le altre arti, in qualche modo, tentano di descrivere…” ma a chi mi chiede cosa voglia dire esattamente essere un attore, mi sento di rispondere che io sono me stesso solo quando sono qualcun altro. Durante la preparazione del film c’è una fase iniziale in cui si conosce il personaggio, poi il personaggio diventa una parte di te, non sono io che divento il personaggio, ma è lui che diventa una parte di me. C’è da dire anche che con gli attori è anche una questione di fortuna. Non si può sapere come reagiranno al personaggio a loro affidato. A volte non scatta la scintilla con il grande attore e capita invece che uno di minor statura spicchi in volo. Per concludere mi sento di dire che l’attore è un bugiardo al quale si chiede la massima sincerità”.
James Dean affermava: «Capire il completo significato della vita è compito dell’attore; interpretarla il suo problema; ed esprimerla la sua missione. Essere un attore è la cosa più solitaria del mondo. Sei completamente da solo con la tua concentrazione e con la tua immaginazione, e quello è tutto ciò che hai. Essere un buon attore non è facile. Essere un uomo è ancora più difficile. Voglio essere entrambi prima di morire». Tu cosa ne pensi?
“Ho una grande stima per James Dean. Ci fu un periodo nella sua vita, in cui egli modellava creta e cera, aiutandosi con un cucchiaio e uno spazzolino da denti. Finita la scultura, la buttava nella pattumiera. Di tutte le sue opere, circa seicento, se ne sono salvate cinque. Ho un ricordo particolare che sicuramente mi porterò per tutto il resto della mia vita. Durante le ore di disegno, alle medie, spesso pur avendo ricevuto i complimenti del mio insegnante, se non ero soddisfatto di ciò che avevo realizzato, buttavo tutto nel cestino. Secondo me tutto ciò sta a significare che un artista, nell’ambizione di piacere agli altri, deve primo di tutto soddisfare se stesso, se non si è soddisfatti in prima persona di ciò che abbiamo creato, realizzato, perché dovrebbero esserlo gli altri? Essere un attore bravo, non è affatto facile, ma non è neanche impossibile. Bisogna crederci e lavorare tanto per far sì che che la nostra passione possa diventare la professione per la vita”.
Chi è Gianni Rosato oggi?
“Un sognatore e lo è sempre stato. E’ uno molto altruista, solare e passionale, è del Sud, non potrebbe essere diversamente. E’ convinto che nella vita niente gli sia dovuto, anzi, che sia necessario lavorare duramente, anche se non sempre purtroppo si riesce subito a portare a casa un risultato. Per un lungo periodo, infatti, ha fatto provini su provini, ma non lo richiamava nessuno. Non si è mai buttato giù però, ha sempre lavorato, facendo il cameriere per pagarsi gli studi e spesso, per affrontare queste spese, non riusciva ad arrivare a fine mese, ma era felice perché inseguiva un sogno, il suo sogno e si è ripromesso che non avrebbe mai permesso a nessuno di calpestarlo, perché era il suo e soltanto il suo. Siate sempre voi stessi, abbiate degli ideali e lavorate per raggiungere i vostri obiettivi”.
Recentemente ti abbiamo visto in “Don Matteo”, cosa rimarrà indelebile per te?
“Bellissima esperienza, ho avuto modo di conoscere due attori straordinari, Terence Hill e Nino Frassica. Entrambi sono due persone molto solari e di grande umiltà. Il ricordo più bello me lo ha lasciato proprio Terence Hill. Arrivo sul set, tanta gente che lavorava, i tempi sono stretti; nonostante tutto, il protagonista della serie alla quale stavamo lavorando, era sempre sorridente e salutava per primo chiunque si avvicinasse al set. Non esistono ruoli, ma solo persone che lavorano in un grande progetto e nel farlo, si diventa una famiglia”.
Parliamo di Max Von Sydow, indimenticabile attore svedese, scomparso lo scorso marzo 2020, protagonista de “L’esorcista” e candidato due volte al premio Oscar. Tu hai lavorato con lui nella mini serie “L’Inchiesta”.
“Innanzitutto devo dire grazie a questo progetto che mi ha permesso di iniziare a muovere i primi passi. Ho avuto il piacere di lavorare con lui nella pellicola diretta da Giulio Base e con un cast eccezionale. Tanti nomi importanti, tra cui Daniele Liotti, Doplh Lundgren, Monica Cruz, Ornella Muti, Franco Nero, Giuliano Gemma. Lavoravo come cameriere in un ristorante di Roma per quadrare il bilancio e poter arrivare a fine mese. Fui notato da Giulio Base che si trovava lì come cliente. Mi disse che mi avrebbe fatto contattare e alcuni giorni dopo, mi chiamò l’Italian International Film invitandomi a recarmi da loro per un provino. Venni scelto e partì con il cast verso la Tunisia per le riprese del film. Non riuscivo a crederci, stava accadendo veramente! Una volta iniziate le riprese ho avuto modo durante le pause, di parlare e fare due chiacchiere con il grande Max Von Sydow: ricordo il sorriso costante e il modo di affrontare il set che solo i grandi hanno, con sacrificio e rispetto anche per chi iniziava come me a fare questo mestiere. Ecco, voglio ricordarlo così, sorridente”.
I tuoi prossimi progetti?
“Intanto ho letto due sceneggiature molto belle e avvincenti, ma per adesso sogno di poter ricominciare da dove tutto si è purtroppo interrotto”.