Benedetta, ragazza sedicenne è la figlia del sindaco di un paese dell’entroterra di Rimini. Un giorno un edificio, che si voleva destinare ad altri utilizzi, viene adibito a casa famiglia. Ne arrivano a far parte un papà, una mamma, un extracomunitario appena sbarcato, una ex-prostituta, un carcerato, due ragazzi con gravi disabilità, un bimbo in affido e un figlio naturale. Gli autoctoni non reagiscono bene. Questo racconta “Solo Cose Belle”, il film ispirato alle case famiglia di don Oreste Benzi, che sarà disponibile su Sky e NowTV dal 4 Aprile (prima visione: Sky Cinema 2, sabato 4 aprile alle 21,15). La programmazione tv di questo periodo, in cui si è costretti a rimanere a casa per proteggere noi stessi e gli altri, offre una commedia che con leggerezza racconta la storia di una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, dove persone fragili trovano l’accoglienza, l’amore e la protezione di una famiglia. Storie difficili ma aperte alla speranza del cambiamento. Ne abbiamo parlato con lo sceneggiatore Andrea Valagussa.
Andrea, com’è nata l’idea di scrivere questa storia?
“Il film nasce in occasione del decennale della morte di don Oreste Benzi, un “semplice” sacerdote di campagna capace di valorizzare talenti nascosti o dimenticati, smuovere montagne, compiere rivoluzioni. L’associazione Papa Giovanni XXIII, sua creatura, voleva celebrarlo con un film e il regista e vero padre di questo progetto, Kristian Gianfreda, ha avuto l’intuizione di raccontare non la sua biografia, ma i suoi frutti. Si è deciso così di raccontare la realtà delle case famiglia per come le intendeva don Oreste: un padre e una madre che aprono le porte di casa accogliendo chi ha bisogno, orfani, bimbi portatori di gravi handicap, ex tossicodipendenti, prostitute recuperate dalla strada, carcerati, senzatetto, anziani rimasti soli. Non strutture assistenziali, ma nuclei famigliari in cui ognuno faccia la sua parte”.
Ci spieghi il titolo?
“E’ un paradosso. Quando ho accettato di collaborare al film, ho chiesto di poter conoscere queste case famiglia dal vero. Ho vissuto tre giorni con loro. La sera in cui sono arrivato mi hanno spiegato chi avrei trovato varcata la soglia: una ragazza autistica, un’ex prostituta con la sua bambina, un anziano non autosufficiente, un paraplegico. Pensavo di trovare l’inferno e invece… dentro casa regnava una pace innaturale, un miracolo a cui è difficile credere se non lo si tocca con mano. Nei tre giorni che sono rimasto lì ho conosciuto molte altre famiglie speciali, cambiavano le persone e le casistiche, ma non il sorriso. Non perché le difficoltà non esistessero, anzi, ma perché quell’esperienza era una sorta di “messa a terra” naturale, un setaccio attraverso cui leggere le difficoltà in cui ogni giorno ci sembra di affogare e rendersi conto che invece siamo circondati da tante cose belle”.
Benedetta è la protagonista di questa storia, ma che giovane donna è?
“Benedetta sono io. Prima di incontrare Kristian non conoscevo la Papa Giovanni, non conoscevo le case famiglie. Ci sono entrato come Alice nel paese delle meraviglie, come un antropologo che scopre un nuovo popolo. Pensavo di studiarli da fuori e invece ne sono stato cambiato, interrogato, smosso. Benedetta è così. E’ una ragazza normale, cresciuta da due genitori normali che vogliono il meglio per lei, ma senza ascoltarla. Si adegua agli altri, cerca di compiacerli, finché non incontra qualcuno che la interroga nel profondo e non tira fuori un carattere e una grinta che persino lei ignorava di avere. E’ così che parte la sua rivoluzione”.
Per quali motivi ambientare questa storia proprio in terra romagnola?
“Don Oreste era di Rimini, la sede centrale della Papa Giovanni è a Rimini, anche se ormai ha distaccamenti in tutti e cinque i continenti. E poi la Romagna è terra di cinema, terra che permette di coniugare perfettamente poesia, vita, fiaba, verità. Questo era il tono che volevamo dare al film, una commedia delicata, poetica che facesse pensare”.
Affronti tematiche molto delicate, come l’amore, l’affetto e l’accoglienza, in che modo le ritroviamo nel film?
“Nei tre giorni passati in casa famiglia mi sono sentito come in un luna park per sceneggiatori. Ho incontrato e conosciuto un mare di storie interessanti e vere. Per la prima volta insomma non avevo bisogno di inventare, ma l’esigenza opposta: selezionare senza tradire la verità. E proprio la verità è stata la mia bussola e anche la sfida più ardua che ho lanciato a Kristian e agli altri collaboratori, la lista degli sceneggiatori è lunga e voglio citare in particolare Susanna Ciucci e Andrea Calaresi, due giovani sceneggiatori esordienti, ma davvero validi. Oltre a loro ci sono Marco Brambini, Filippo Brambilla e Matteo Lolletti, ognuno capace di portare il suo importante contributo. Dovevamo raccontare le case famiglie, ma senza farne un racconto agiografico. Dovevamo dire il bello, senza nascondere le difficoltà, le sconfitte, gli errori. Come dici tu ne è nato un racconto sull’accoglienza, ma sincero. Il più grande carisma di don Oreste, almeno questo è quello che ho capito parlando con chi l’ha conosciuto e ne ha avuto la vita rivoluzionata, era quello di darti fiducia. Ti leggeva nell’anima, capiva il tuo talento e ti sfidava a farlo fruttare. Questo è vero amore, affetto, accoglienza. Sentirsi capiti e chiamati a qualcosa di grande. Qualcosa che capita raramente, ma che libera energie davvero inattese”.
Questi sono giorni molto difficili per tutti noi, per quali motivi dovremmo vedere questo film?
“Questo film è un inno alla speranza, alla vita e non perché la banalizzi o la semplifichi. Alle prime coppie che hanno accetto di diventare case famiglia don Oreste faceva come regalo di nozze un neonato con gravi handicap, bambini abbandonati e che nessuno voleva adottare. Una sfida: come a dire voi ce la farete. In giorni così complessi credo che questo messaggio sia davvero appropriato: ce la faremo. Non perché sia facile. Ma perché dentro di noi ci sono talenti che neanche sappiamo di avere e che aspettano solo di essere messi a frutto”.
Potremo mai dire “Solo cose belle”?
“Questo è un film “no” budget, come lo ha ribattezzato Kristian. Meno di 500mila euro in cassa, solo 3 settimane per girarlo, attori professionisti insieme a veri ragazzi di case famiglia, un regista esordiente eppure… eppure il film, senza un vero distributore e senza pubblicità, ha esordito di fronte al presidente Mattarella e 7000 spettatori, è stato presentato in Senato, è uscito nei cinema e con il solo passaparola è stato per due settimane tra i 20 film più visti in Italia, ha vinto concorsi internazionali, ha girato per le scuole, ha ricevuto critiche ultra positive, in ogni sala ha ottenuto consensi, applausi, complimenti e ora esordisce in prima serata su Sky e Now Tv… insomma sì, i sogni si avverano. Usciremo da questo incubo, ne sono certo e se saremo intelligenti rovesceremo il nostro modo di guardare il mondo, concentrandoci di più sulle cose importanti, le tante cose belle che già ci sono e che prima di questo virus davamo per scontate”.