E’ stato un grandissimo successo la prima stagione de “L’amica geniale” e anche le prime due puntate della seconda trasmesse in prima serata su Rai1 non sono state da meno. La fiction è tratta dall’opera oramai nota a tutto il mondo di Elena Ferrante. Elena e Lila, le due protagoniste della storia, dopo aver affascinato milioni di lettori, hanno conquistato altrettanti telespettatori perché parlano la loro lingua, preservando l’autenticità dei toni e delle parole napoletane. Elena e Lila sono cresciute e un importante cambiamento le coinvolgerà nella seconda stagione, “Storia del nuovo cognome”. Margherita Mazzucco e Gaia Girace tornano nei panni delle due giovanissime protagoniste. A firmare la sceneggiatura é Laura Paolucci, nata a Pesaro ma sempre vissuta a Rimini. Dell’amatissima serie tv, de suo percorso lavorativo e anche della città romagnola abbiamo parlato con lei.
Paolucci, per quali motivi ha continuato a scrivere la sceneggiatura de “L’amica geniale” per questa seconda stagione televisiva?
“I quattro libri di Elena Ferrante per me sono un unico grande romanzo; la stessa fiction la potremmo vedere come un grande film. Era assolutamente naturale proseguire con questa storia che sta appassionando sempre di più gli spettatori”.
Come ritroviamo le due protagoniste?
“Lila si è sposata e un destino da donna adulta l’attende mentre Elena si nasconde ancora dietro i grandi occhiali nell’ammirazione, quasi devozione, nei confronti dell’amica. Le due bambine sono cresciute, sono adolescenti e insieme a loro sta cambiando anche il quartiere che le circonda, un quartiere che diventa personaggio ingombrante del racconto simbolo anche di un Paese in trasformazione. Elena è la voce narrante ed è una giovane con forti ambizioni, motivo per cui si sente spesso in colpa. Lila è una ragazza moderna, molto spesso a disagio e con un grandissimo talento. Sono complementari l’una all’altra”.
Sia la prima sia la seconda stagione sono accompagnate dai sottotitoli, in quanto le fiction sono recitate in dialetto napoletano. Ritiene che questo abbia causato disagio agli spettatori?
“Direi proprio di no, anzi è una sfida vinta. La lingua viva è portatrice di emozioni e contenitore di pensieri; questo il pubblico l’ha colto”.
Oggi ci dovrebbero essere maggiormente prodotti televisivi e cinematografici in lingua originale?
“Assolutamente sì. Pensiamo che film e fiction abbiano un italiano corretto ma non è sempre così, è piuttosto una lingua finta. Dovrebbe invece emergere un patto di verità tra chi racconta e chi ascolta la storia con i toni e le tonalità della lingua di tutti i giorni; in questo modo si creerebbe più verità. Nel caso de “L’amica geniale”, negli anni ’50 si parlava proprio come le due protagoniste e questo portare nel piccolo schermo le verità di quegli anni ha fatto sì che si mantenessero le origini e le radici”.
Cosa c’è di moderno in questa fiction?
“Il punto di vista. La genialità è normalmente in riferimento al genere maschile ma non è sempre così. Abbiamo raccontato questa storia dal punto di vista femminile”.
Qual è il successo de “L’amica geniale”?
“La qualità di un racconto che potremmo definire cinematografico. Saverio Costanzo ha interpretato perfettamente i romanzi. Gli attori sono strepitosi. Le tematiche che vengono affrontate attraversano tutte le generazioni. Il rione dove è ambientata la storia è di fatto la periferia di ogni nostra città”.
Lei ha vissuto per molti anni a Rimini, ma cosa rappresenta questa città?
“Sono le mie origini e le mie radici. Ho amato e continuo ad amare questa città; mi accoglie ogni volta che vi faccio ritorno, è sempre difficile andarsene. Dopo aver preso la laurea a Bologna ed essermi iscritta ad una scuola di scrittura a Torino, ho fatto uno stage di sceneggiatura che mi ha portato alla Fandango. Da lì non me ne sono più andata, ma Rimini resta la mia casa”.
La Fandango che valore ha per lei?
“E’ la mia nuova famiglia; è il posto che mi ha permesso di imparare e di crescere per diventare quella che sono oggi. Scrivo e sviluppo progetti editoriali”.
Tra i tanti progetti che a cui ah preso parte c’è anche il film “Diaz”.
“La fandango di questo progetto ne va fiera. Abbiamo fatto un lungo lavoro di documentazione e di studio al la soddisfazione più grande è quella che il film è stato visto da moltissimi giovani, anche chi non ha vissuto quel periodo storico”.
E’ difficile essere sceneggiatrice in Italia?
“No, anzi questo è un Paese che permette bene di svolgere questo mestiere e che dà, in tal senso, anche molte soddisfazioni”.
I suoi prossimi progetti
“Stiamo girando “L’alligatore” di Daniele Vicari, tratto dai libri di Massimo Carlotto”.