Lo scrittore Maurizio De Giovanni è autore, per la prima volta, di un’inedita commedia in due atti, diretta da Alessandro Gassmann. In scena viene portata la complessità dei rapporti familiari, del tempo che scorre, nel luogo dove le nostre vite mutano negli anni: la casa. Attraverso momenti drammatici, ma anche risate, sorprese e misteri, “Il silenzio grande”, questo il titolo dello spettacolo, racconta di noi tutti, di come siamo o di quello che avremmo potuto essere, alla continua ricerca della verità. In scena accanto a Massimiliano Gallo – che gentilmente ha risposto ad alcune nostre domande -, volto noto del piccolo schermo ma anche del mondo teatrale, Stefania Rocca, Monica Nappo, Paola Senatore e Jacopo Sorbini. Gallo, dopo essere anche stato sul grande schermo con “Pinocchio” di Matteo Garrone, dal 30 gennaio tornerà al cinema con “Villetta con ospiti” di Ivano De Matteo con Marco Giallini, raccontando una realtà, quella di chi nella disperazione è disposto a tutto, quella di chi è pronto a compiere gesti che mai si sarebbe sognato di fare.
Gallo, è in scena con “Il silenzio grande”, perché dire sì a questo progetto?
“E’ un progetto molto importante, a cominciare dalla produzione che è tra le più conosciute; inoltre alla regia c’è Alessandro Gassmann e il testo è di Maurizio De Giovanni . E’ un progetto che è nato durante la seconda stagione de “I Bastardi di Pizzo Falcone” di Rai1: questo era un testo che Maurizio aveva scritto per Alessandro, ma quest’ultimo è già da diverso tempo che non vuole andare in scena, motivo per cui è stato dietro le quinte. Ho accettato per la grande stima reciproca che c’è e per la voglia di lavorare insieme ancora”.
Perché il silenzio è grande?
“Piccoli silenzi formano un grandissimo silenzio. Molto spesso, nella vita di tutti giorni riteniamo che non dire sia la cosa più giusta. Ma sbagliamo, perché questo non fa altro che amplificare una parola mancata che invece doveva essere proferita. Molto spesso il silenzio è una mancata verità”.
Ritiene che nell’epoca in cui viviamo ci sia troppo silenzio o troppo rumore?
“Direi entrambi. A volte c’è troppo rumore perché sono troppe le distrazioni che ci distolgono dalla nostra esistenza e che ci portano ad alzare troppo la voce non facendoci ascoltare, mentre altre volte c’è troppo silenzio perché le cose importanti non le dice più nessuno, dandole molto spesso per scontate”.
Lei di chi veste i panni in questo spettacolo?
“Io sono Valerio Primic, uno scrittore di grande successo che ha deciso di dedicare tutta la sua vita alla carriera credendo che quello potesse bastare, dato che ha portato gloria e benessere. Non è così però perché quest’uomo nei confronti della sua famiglia ha avuto moltissime mancanze, sia come padre sia come marito”.
Cosa significa essere diretto da Alessandro Gassmann?
“E’ uno dei registi più bravi in assoluto per me, ma è anche un attore, motivo cui cura nei dettagli il percorso di un interprete. E’ un regista che lavora per il pubblico, esattamente come cerco di fare anch’io”.
Dal 30 gennaio invece ti vedremo al cinema ad affiancare Marco Giallini in “Villetta con ospiti”, il nuovo film di Ivano De Matteo. Potremmo definirlo un noir familiare?
“Esattamente. Un po’ come tutti i suoi film, fa arrivare uno schiaffo al pubblico nel senso che fa riflettere molto sulla realtà che ci circonda. E’ una grande riflessione sull’Italia di oggi. Esplora molto l’animo umano ponendo la domanda: cosa avrei fatto io fossi stato al suo posto?”
Raccontate vizi e virtù nella nostra società, quasi un apparire e un esserci, la nostra società è davvero così?
“Direi purtroppo di sì. Raccontiamo un’alta borghesia di facciata, tutta di beneficenza: quando accade il dramma la situazione cambierà”.
«Certe cose è meglio non dirle, non dirle mai», questo dice uno dei personaggi del film ma cosa secondo lei è meglio non dire mai?
“E’ difficilissimo rispondere. In generale, si dovrebbe sempre dire al verità, a volte è più comodo dirla e a volte meno ma questa probabilmente verrà sempre a galla”.
L’abbiamo vista di recente in “Pinocchio” di Matteo Garrone, ma cosa c’è di intramontabile in questa favola?
“E’ un messaggio per tutti, anche se per i più piccini è un messaggio piuttosto duro, ovvero che le bugie non vanno mai dette e che andare a scuola è un arricchimento per migliorarsi. E’ una favola che non finisce mai di stupire”.
Cosa vuol dire avere Matteo Garrone come regista?
“Innanzitutto c’è da dire che è stato fedelissimo alla favola di Collodi. Fare questo film per me è stato un bel viaggio. E’ un regista che non segue le regole classiche ma che va molto d’istinto, con sempre la macchina da presa”.
E’ la storia di un burattino che ha imparato a vivere, ma vivere cosa dovrebbe significare?
“Rispettare il senso del dovere e assaporando ogni attimo del nostro percorso, facendo anche errori”.
Lei perché ha scelto il mestiere di attore?
“Provengo da una famiglia in cui l’arte era la protagonista, l’ho sempre respirata da quando sono nato. Sono stato agevolato perché non avevo altri sogni se non questo”.
Quale significato ha per lei la parola emozione?
“Quella e l’entusiasmo non vanno mai persi, mi è sempre stato insegnato questo. Ogni nuovo progetto è come un primo giorno di scuola: bisogna sempre dare il massimo”.
E’ figlio di Nunzio Gallo, noto attore e cantante napoletano. Quale tra i suoi insegnamenti ne ha fatto tesoro?
“Esattamente questo: ovvero non perdere mai l’emozione e la voglia di fare. Un attore è un artigiano di emozioni, è un lavoro privilegiato che non deve mai essere perso. Un interprete fa mille rinunce ma ha anche mille vantaggi”.