Lo stiamo vedendo in queste settimane su Rai1 in “Don Matteo“, la fiction campione d’incassi giunta alla sua dodicesima edizione al fianco di Terence Hill e Nino Frassica. Maurizio Lastrico è il pm Marco Nardi e quest’anno sembrerebbe aver trovato la stabilità sentimentale nell’amatissima serie tv. Alle prese con i preparativi delle nozze con Anna Olivieri, il personaggio della fiction vivrà però degli alti e bassi emotivi. Il noto attore, oramai entrato nel cuore del pubblico per la sua innata sensibilità e la grandissima capacità di riuscire a toccare sfere emotive forti e molto diverse le une dalle altre, non rinuncia al teatro.
E’ infatti in tournée nei migliori teatri italiani con “Nel mezzo del casin di nostra vita”, lo spettacolo con ironia di incidenti quotidiani, di una sfortuna che incombe, di un caos che gode nel distruggere i rari momenti di tranquillità della vita. Propone inoltre le sue storie condensate, in cui la sintesi e l’omissione generano un gioco comico di grande impatto. Del suo percorso artistico, dei suoi inizi e dei suoi arrivi ne abbiamo parlato con lui, un attore con “A” maiuscola capace di intrattenere con un risata e con lacrime di commozione.
Maurizio, ti stiamo vedendo in “Don Matteo 12”, perché hai deciso di continuare questa avventura?
“Il ritorno che ha avuto la prima stagione è stato fortissimo e ha avuto una ricaduta non di poco conto per le presenze a teatro e il numero di date. Inoltre mi è stata data la possibilità di avere un ruolo ancora più interessante. Non potevo proprio dire di no, anzi ben venga”.
Come sei arrivato a questa fiction?
“Quando ho ricevuto la chiamata a partecipare a questa serie tv avevo un po’ di dubbi perché non conoscevo molto bene “Don Matteo”, inoltre il mio personaggio sarebbe stato sempre tra i protagonisti. Dopo aver fatto il provino con Maria Chiara, alla fine sono stato preso io e, insieme, abbiamo creato una coppia bella matta.
Vesti i panni di Marco Nardi, come ti sei preparato?
“Onestamente non penso che richiedesse una preparazione particolare, ma ritengo si dovesse individuare bene il legame tra i vari personaggi. In “Don Matteo” non c’è solo la classica recitazione bensì anche la meta recitazione; richiede abilità nell’improvvisazione, la capacità di fare da spalla sul set con una discreta velocità. Più che preparazione credo che si tratti di interpretare il linguaggio espresso in maniera piuttosto intrigante”.
Come ritroviamo il tuo pm?
“Con un’umanità più profonda e con la capacità di riuscire a salvarsi da tutto ciò che combina, oltre che interagire con moltissime persone”.
Quest’anno sono ben 20 anni di vita di questa amatissima serie tv, perché, secondo te è nel cuore del grande pubblico?
“Ha un mix che funziona benissimo perché ha qualcosa della fiaba, del crime, dell’Italia di provincia e ha qualcosa in cui ognuno di noi si riconosce. I protagonisti indiscussi sono due pilastri quali Terence Hill e Nino Frassica”.
Ti abbiamo visto anche interpretare Elia in “Tutto può succedere”, un personaggio che si discosta molto da quello in onda in queste settimane su Rai1. Elia che uomo era?
“Posso dirti innanzitutto che per me è stato uno svezzamento perché ho avuto la fortuna di lavorare con Maya Sansa che è stata una nuova insegnante ma sul campo. Elia è una persona molto incasinata, che fa dei disastri di continuo, che sbaglia, che non ce la fa ma che di fatto ha un cuore buono. Quel set per me è stato magico”.
Sei stato anche tra i protagonisti del film “Io sono mia”. In questo caso il tuo personaggio e quello di Serena Rossi sono vittime di un amore straziante. Cosa ti ha lasciato quel ruolo?
“Un grande amore verso Serena e la sensazione che quando si racconta qualcosa di veramente poetico si prova un qualcosa di veramente unico. Su quel set regnavano la musica, la poesia e una magia a dir poco straordinari”.
Sei in tournée con “Nel mezzo del casin di nostra vita” in cui reciti i tuoi celebri endecasillabi “danteschi”. Ci racconti un po’ di questo spettacolo?
“Oltre al riferimento a Dante nel titolo, è un modo di raccontare me, le sfortune e la bellezza che accade nell’umanità. Emergono momenti più drammatici e momenti più comici, oltre a tanto coinvolgimento da parte mia e, a quanto pare, anche dal pubblico, quest’ultimo grazie anche alla tv”.
Il teatro per te cosa rappresenta?
“Non ne ho una visione lineare. Credo che sia la forma di emotiva ed efficace tra esseri umani di raccontarsi il mondo. Per me è anche molto istintivo, oltre a contenere molta magia”.
Hai la straordinaria capacità di far sorridere ma anche di far commuovere, come riesci ad unire le due cose?
“Devo molto allo Stabile di Genova che mi ha insegnato che non esistono solo tempi comici ma anche tempi drammatici. Posso dirti che quando cerchi di raccontare il vero – o comunque una sempre adesione al vero – l’assurdità o l’umanità delle azioni portano emozioni”.
Perché hai scelto questo mestiere?
“Era un qualcosa dentro di me con la quale ho dovuto fare i conti e dinnanzi alla quale non ho saputo sottrarmi. L ‘ho scelto perché era il mestiere che mi rendeva più felice”.
La parola emozione quale significato ha per te?
“E’ quel qualcosa che arriva e accade, anche in maniera del tutto inaspettata; non va a tutti i costi cercata o esibita”.
Sei di Genova, cosa porti con te della tua città?
“La voglia di tornarci sicuramente, appena posso. Ho uno spirito critico nei confronti di ciò che non funziona. Ho un legame viscerale con la mia Genova, mi porto la possibilità di poter girare nei vicoli più belli e suggestivi, la sua mentalità a volte un po’ chiusa, la schiettezza delle persone e l’affetto che questa città ha nei miei confronti”.