Geppi Cucciari: “La vita è un percorso naturalmente imperfetto“

Perfetta” – che andrà in scena  nei migliori teatri –  è l’ultimo monologo teatrale scritto da Mattia Torre, uno dei drammaturghi più influenti e attivi nella scena televisiva e teatrale italiana recentemente scomparso, nel quale si racconta un mese della vita di una donna, scandito dalle quattro fasi del ciclo femminile. Il racconto analizza i martedì di quattro settimane differenti, giornate identiche nei ritmi ma diverse nella percezione: a causa delle variazioni delle quattro fasi del ciclo, cambiano i gli stati d’animo, le reazioni, le emozioni e gli umori della protagonista. E la protagonista indiscussa è Geppi Cucciari – volto molto noto del piccolo schermo – che per la prima volta è alle prese con toni che non prediligono unicamente la comicità, ma si avventurano con profondità in sfumature anche più malinconiche e drammatiche. Ne abbiamo parlato proprio con lei.

Nella pièce, racconta un mese di vita di una donna, scandito nella quattro fasi del ciclo femminile, ci spiega meglio?

“Attraverso un mese della sua vita, usando il pretesto del ciclo per dare voce a tutti i nostri cambi di colore, umore, energia, alle diverse reazioni che possono variare con l’alternarsi delle fasi che stiamo attraversando. Questo monologo non mina la nostra autostima, ma crea un’occasione di conoscenza. Io stessa ho imparato molto”.

Il titolo dello spettacolo richiama la perfezione, ma cosa rappresenta per il suo personaggio?

“La donna del testo non sono io, ma forse è una donna che somiglia a tutte le donne che quotidianamente si trovano ad avere a che fare con numerose incombenze, tra cui lavoro e famiglia, che spesso si sovrappongono”.

E per lei?

“La protagonista ha una vita molto diversa dalla mia: ha impegni, pensieri che io non ho. Però so che la perfezione non esiste. La vita è un percorso naturalmente imperfetto”.

Non solo tanta comicità ma anche molto dramma in questo spettacolo, è d’accordo? Perché?

“Il monologo è un modo unico di stare sul palco, è più faticoso ma crea anche un rapporto più intimo, speciale con chi viene in teatro a vederti. Questo spettacolo tocca molte temperature, non solo quella comica, infatti il testo non è nato con questo scopo, ma cerca di affrontare a 360 gradi la vita di una persona, con tutti i cambi di umore”.

Nel 2020 cosa significa essere donna?

“Essere donna significa certamente gestire molte cose della propria quotidianità con sinergie complesse. Il progresso offre molte opportunità e anche molte responsabilità”.

Teatro, radio e tanta televisione, ma come si è avvicinata al mondo dell’arte?

“Ho scelto e voluto fortemente questo mestiere sin da quando ero bambina. Volevo un mestiere che avesse a che fare con l’umorismo e con la leggerezza. A volte questi aspetti si riflettono nei contenuti, mentre altre volte nel linguaggio. In questo modo si possono dire tante cose, anche serie”.

Come definirebbe il suo mestiere?

“Dipende da che mestiere considero. Ho fatto e faccio tuttora cose diverse. Ciò mi rende poliedrica e anche confusa, chi può dirlo? Tra l’altro il mestiere, la comica, che è anche un aggettivo, è un mestiere rischioso”.

È cresciuta a Macomer, nel nuorese, ma cosa porta sempre con sé della sua Sardegna?

“Sono nata a Cagliari, ho fatto la scuola a Macomer. L’università l’ho cominciata a Cagliari e poi l’ho conclusa a Milano. Della Sardegna porto tutto con me, ovunque io sia. Credo che le proprie radici siano un qualcosa di molto profondo e chi ne ha di solide può andare ovunque”.

I suoi prossimi progetti?

“Ricomincia per un pugno di libri, a seguire Raipipol, il programma in seconda serata su Rai 3, poi la radio tutti i giorni, “Un giorno da pecora” su Radio 1 con Giorgio Lauro. Ora, questa ripresa teatrale con lo spettacolo di Mattia,da quando Mattia non c’è più, per me è una responsabilità emotiva importante”.