«Avevo 6 anni quando ho iniziato a disegnare il mio primo storyboard di Pinocchio come regista , era difficile resistere alla tentazione: ho avuto dei compagni di viaggio straordinari, attori e collaboratori che hanno dato tutto. Questo film mi appartiene in ogni fotogramma, ma volevo che fosse un film popolare per tutti, come lo era il capolavoro di Collodi, per tutte le classi e per tutte le età. Volevamo far riscoprire un grande classico così vivo nella memoria collettiva, ma la nostra sfida era sorprendere e incantare il pubblico. Aspettiamo con ansia cosa dirà il pubblico, saranno gli spettatori a dirci se abbiamo vinto scommessa». Sono queste le parole di Matteo Garrone, colui che ha dato vita a “Pinocchio”, il capolavoro di Carlo Collodi del 1883 che è dal 19 dicembre al cinema in un nuovo adattamento, un vero e proprio kolossal fantasy con  Roberto Benigni, Federico Ielapi, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherini, Marine Vacth e Gigi Proietti.
Il premio Oscar
Roberto Benigni aveva diretto e interpretato “Pinocchio” nell’omonimo film del 2002; ora invece, sotto la regia di Matteo Garrone, ha rivissuto questa fiaba nei panni di Geppetto: «batte il cuore quando si vede un film di tale bellezza e singolarità – racconta l’attore – non ricordo chi è stato l’ultimo a raccontarlo al cinema (ride ndr), ma questo è il più bello in assoluto. “Pinocchio” è universale, appartiene a tutti come il sole, non serve alcuna attualizzazione, è una storia piena di insegnamenti. Il libro di Collodi sembra essere stato scritto apposta per uscire a Natale e il Natale sembra una festa creata apposta per aspettare Pinocchio. Poi, per la prima volta, in un film di Matteo Garrone, dopo “L’Imbalsamatore”, “Gomorra” e “Dogman”, c’è un lieto fine. Questo è un film che fa bene alla salute: più lo si vede, meglio si sta». Non ci resta che correre al cinema, soprattutto in questo periodo dell’anno, perché di finali lieti ne abbiamo proprio bisogno.