Bassi, la stiamo vedendo in giro per i teatri con “L’attimo fuggente”, come è nato questo spettacolo?
“E’ nato per due strade separate che viaggiavano su un binario parallelo senza saperlo. Ho avuto l’intuizione di questo titolo l’anno scorso mentre ero alla ricerca di uno spettacolo che avrei avuto voglia di portare in scena. Pensando all’intramontabile film capitanato da Robin Williams, ho scoperto che la produzione di Novara aveva appena acquistato i diritti d’autore ma mancava ancora l’attore che avrebbe dovuto vestire i panni del professor Keating e così mi sono subito candidato”.
cosa ricorda del noto film uscito nel 1989?
“Ho sempre avuto una forte suggestione per questo film; ricordo ancora la forte emozione che mi aveva lasciato. Ero stato letteralmente travolto da speranza, entusiasmo e forza giovanile”.
Lei veste i panni del professor Keating, ma come si è preparato?
“Innanzitutto ho fatto mio l’importantissimo messaggio che questo personaggio porta. Robin Williams ha tracciato una strada indelebile nel ricordo di tutti noi. La direzione dello spettatore va un po’ nel ritrovare quel carattere, motivo per cui non ho cercato di imitarlo ma di onorarlo nella sua malinconica vitalità, andando anche a recuperare sfere emotive mie”.
Qual è stata la forza di quel professore cinematografico?
“Il messaggio che porta è potentissimo e riguarda ciascun essere umano, dal più grande al più piccolo, ovvero trovare la propria autenticità, la propria essenza, la propria strada per vivere nel mondo, oltre che individuare il proprio destino e inseguirlo per raggiungerlo e avere la forza di tenere alto il proprio sogno proteggendolo. E’ l’attualità del classico che mai tramonterà, oltre che la grande capacità comunicativa. Lui è esempio di quello che dice”.
Lei interpreta un personaggio che è stato impersonato da Robin Williams, un attore che ha lasciato il segno nella storia del cinema, a lei cosa ha lasciato? Cosa rimarrà indelebile?
“Aveva quella forza che molto spesso hanno i comici ma che tendono a nascondere. E’ stato il suo primo ruolo drammatico ma quella sua dolcezza malinconica non ci lascerà mai più. Ha sempre avuto questa lieve triste sfumatura che lo contraddistingueva da chiunque e che “trasferiva” nei suoi personaggi”.
John Keating dice con i suoi studenti: «Carpe diem… Cogliete l’attimo, ragazzi… Rendete straordinaria la vostra vita». Ritiene che oggi questa frase debba ancora essere pronunciata verso i giovani? Perché?
“Oggi è tragicamente molto più urgente di prima. E’ una frase indispensabile di cui purtroppo ormai se ne fa abuso, quasi fosse un tormentone. Il ripeterla costantemente su un palcoscenico cerca di fare in modo che non rimanga vuota e fine a sé stessa. Le nuove generazioni hanno l’urgenza di spingere i propri sogni in avanti e di non lasciarseli schiacciare”.
Lei nel corso della sua carriera ha mai avuto docenti come il professor Keating?
“Credo sia il sogno di tutti noi, perché siamo sempre alla ricerca di qualcuno che ci indichi la strada, di una guida. Ne abbiamo bisogno quando siamo piccoli, poi adolescenti, giovani, adulti e qualche volta anche da vecchi. Lo cerchiamo, a volte lo troviamo e a volte no. Io ho trovato pezzettini di Keating sparsi qua è là, anche se ritengo che questo professore sia gelosamente custodito in ognuno di noi”.
Se le dico la parola magia, cosa le viene in mente?
“Ricordi giovanili: il sogno da bambino di trovare la propria autenticità. La magia è stata la compagna perfetta di slanci che mi ha permesso di capire al meglio quale poteva essere la mia strada. Mi ha permesso di slanciarmi in mezzo alla fantasia, all’emozione e alla scoperta di me stesso”.
Per quali motivi ha scelto di essere un attore?
“Non lo so a dire il vero, continuo a chiedermelo costantemente. Credo che sia per il fatto di essere partecipe del destino degli altri, in maniera però reciproca. La tua esistenza può incidere su quella degli altri, esattamente come la vita di qualcuno può incidere sulla tua”.
Cosa significa esserlo oggi?
“Cercare di fare delle scelte anche rispettandosi. Oggi si tende ad appiattire questa professione, dinnanzi al successo, ai soldi e alla popolarità ed è sbagliato. E’ necessario trovare il senso reale di quello che di fatto si fa. Essere attore vuol dire avere una forte responsabilità, anche nei confronti di una sola persona che possiamo essere noi stessi perché i riflettori accesi possono anche deformare la propria immagine”.
L’abbiamo vista in tantissimi ruoli, ma il teatro per lei cosa rappresenta?
“E’ un luogo sacro dove c’è uno scambio diretto e sincero di emozioni. E’ il luogo in cui la verità non ha maschere”.
Ha vestito i panni di buoni e cattivi ma come riesce a calarsi così bene in entrambi?
“Non si può fare una vera e propria distinzione perché entrambi hanno gli stessi elementi; quello che invece è importante è comprendere al meglio le motivazioni che hanno portato quel personaggio ad essere in quel mondo piuttosto che in un altro”.
L’abbiamo vista anche partecipare a “Ballando con le Stelle” in veste di ballerino, ma dopo il post programma cosa ha portato con sé?
“Mi ha insegnato moltissimo, soprattutto che non si finisce mai di imparare. Ho capito che se serve posso anche ballare, anche se non è il mio mestiere. Mi ha portato una maggiore consapevolezza, maggiore affetto dal pubblico e la possibilità di crescere ulteriormente”.
Ettore Bassi sul finire del 2019 e l’inizio del 2020 chi è?
“Una persona che ama quello che fa, che è ancora in divenire e che ne è alla ricerca per farlo ancora meglio”.